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Fontana sfida Conte. Il modello Lombardia (con la regia del Cav?) secondo Ocone

Sui giornali nei giorni scorsi si è parlato dei diversi modelli con cui i Paesi e i loro leader politici affrontano l’emergenza del Coronavirus. Se ne sono individuati quattro principali: il cinese, il coreano, quello del Regno Unito e quello trumpiano. Donald Trump, in particolare, si è detto, utilizzerà un sistema integrato pubblico-privato, coinvolgendo le grandi multinazionali nell’opera di contrasto al virus insieme alle ingenti risorse che comunque metterà in campo lo Stato federale. Il modello italiano (e ora sembra francese), fatto salvo il fatto certo non irrilevante che siamo in regime democratico e non in uno “stato di polizia”, segue in qualche modo la strada tracciata a Wuhan dalla Cina (la quale fral’altro si è anche proposta, certo non crediamo in modo disinteressato, di farci in qualche modo di da “consulente” nell’intera vicenda). Quindi: autoisolamento, quarantene, chiusura di quasi tutte le attività commerciali (eccetto le essenziali).

Dagli ultimi avvenimenti di cronaca, ci sembra però che la Lombardia si stia sganciando da questo modello provando sul campo, pur nella cornice della rigidità imposta da Roma (che anzi è stata da essa chiesta da subito), il modello trumpiano. Si sta cioè creando in quel territorio, che è quello più colpito e anche quello da cui è partito il ceppo italiano dell’epidemia, un modello integrato pubblico-privato ove però il pubblico è rappresentato direttamente dalla Regione, che si è avocata a sé una sorta di cabina di regia autonoma per fronteggiare la crisi. Dapprima, il governatore Fontana ha individuato un’area ove costruire in tempi “cinesi” (sembra 10 giorni) una sorta di hangar-ospedale. Poi ha affidato il compito di coordinare i lavori a Guido Bertolaso, la cui capacità tecnica e il cui piglio decisionistico contrastano con l’immagine e forse la realtà della classe dirigente centrale, la quale in sostanza in questa occasione lo ha completamente snobbato.

Fatto sta che non basta costruire in men che non si dica un ospedale: bisogna anche dotarlo di mezzi e risorse, dai ventilatori per la respirazione per i pazienti alle mascherine per i medici, dai macchinari per la terapia intensiva a tutto il resto. Come fare, visto che il governo centrale nicchiava e forse mal sopportava l’autonomia rivendicata e praticata dalla regione Lombardia? Ecco che all’improvviso, insieme a tanti più “piccole” sottoscrizioni, vengono fuori due megadonazioni fatte da due big dell’industria lombarda: Silvio Berlusconi e il patron di “Esselunga” Giuseppe Caprotti. Il fatto che quest’ultimo sia da sempre e di famiglia un industriale di area e che dietro la nomina di Bertolaso ci sia il Cavaliere che ha messo sul tavolo il suo ascendente per convincere l’ex capo della protezione Civile a lasciare le sue “faccende” africane, lascia immaginare che ci sia una regia dietro tutto questo.

Niente male, se servirà a salvare vite umane. Anche se il rischio è di tracciare ancora più forte il solco che divide in Italia il Nord dal resto del Paese e quindi anche la Destra dalla Sinistra.

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