“Fino al 2018 l’Italia ha speso più per ripagare gli interessi sul debito pubblico che in istruzione. Dal 2019 la situazione è cambiata, ma solo perché i tassi di interesse sono calati”. Carlo Cottarelli, direttore dell’Osservatorio sui conti pubblici dell’Università Cattolica di Milano, sintetizza così l’attenzione posta dal nostro Paese alle politiche per l’istruzione e per i più giovani.
L’occasione per riflettere sui bisogni e le necessità delle generazioni più giovani è la presentazione del libro “Ci pensiamo noi. Dieci proposte per far spazio ai giovani in Italia”, edito da Egea scritto da Tortuga, think tank di studenti e giovani professionisti, e presentato a Roma alla presenza di Cottarelli, del viceministro all’economia Antonio Misiani e della giornalista Myrta Merlino.
Il testo è articolato in dieci capitoli ognuno dei quali è dedicato a uno dei dieci principali problemi degli under 30 italiani: povertà giovanile, natalità, istruzione, accesso alla cultura, mercato del lavoro, precarietà e salari inadeguati, fuga dei cervelli e nuova cittadinanza, e a ognuno di essi è dedicato un capitolo del libro. Al termine della presentazione Formiche.net ha approfondito i temi affrontati nel libro insieme al viceministro Misiani.
In Italia assistiamo a una sproporzione nella spesa pubblica per le pensioni e per l’istruzione. Sembra la storia di Crono che mangia i suoi figli. Come si può fare a invertire la rotta?
Si identificano temi, si costruisce mobilitazione ed egemonia nella opinione pubblica. In passato tante scelte del nostro Paese sono state condizionate anche dalla debolezza della voce dei ragazzi nel dibattito pubblico e dalla forza organizzata delle generazioni più mature. Però questo non è un destino ineluttabile. Pensiamo al cambiamento climatico e a come si sia imposto nell’agenda politica, non è merito solo degli scienziati ma anche di tantissimi ragazzi che sono scesi in piazza in tutto il mondo. Quindi non è inevitabile che prevalgano gli interessi e i temi delle generazioni più mature, è un terreno contendibile di conflitto politico e bisogna organizzarsi.
Chi detiene oggi posizioni che, di fatto, sono diventate di privilegio potrebbe avere da ridire e scatenare i sindacati.
Non bisogna vedere le scelte di bilancio come un gioco a somma zero, tolgo a qualcuno per dare a qualcun altro, perché spesso non è così. Quando si ragiona su risorse aggiuntive, ad esempio, c’è la possibilità di fare scelte di segno diverso senza provocare la rivolta di chi non ottiene ciò che vuole. Nei prossimi mesi nel Paese ci sarà un dibattito sul welfare quando, speriamo presto, usciremo dall’emergenza del coronavirus. Già con l’ultima legge di bilancio si è aperto un dibattito sulla scuola e l’università. Questi sono grandi temi di politica economica e sociale sui quali tutti saremo chiamati a decidere.
Qual è lo stato di salute dell’ascensore sociale in Italia?
Non funziona, era già malandato prima della crisi, ha smesso di funzionare negli ultimi 10 anni. A dircelo non sono solo i dati dell’Ocse ma anche l’esperienza di tanti ragazzi che sono costretti ad andare all’estero perché non trovano in Italia le opportunità che meritano. Ripararlo è il tema numero uno della riforma del welfare nel nostro Paese.
Oggi spesso i ragazzi fanno fatica ad affrancarsi dalla propria famiglia.
Il problema in Italia è che i ragazzi restano imprigionati nella classe sociale dei propri genitori e questo è un tema che penalizza soprattutto i ragazzi delle classi più povere che non possono studiare, non riescono ad andare all’università e restano fermi nelle condizioni dei propri genitori. Il compito di una democrazia come la nostra dovrebbe essere quello di garantire l’uguaglianza nei punti di partenza, andando a compensare laddove necessario, per permettere a ognuno di far valere i propri talenti.
Quali sono le tre priorità di una politica per i più giovani?
Prima di tutto un grande investimento sulla conoscenza, il sapere, la scuola e l’università. Poi dobbiamo intervenire sul mercato del lavoro per renderlo più accogliente per le nuove generazioni. Infine dobbiamo occuparci di più dell’emergenza emigrazione, di tutti quei ragazzi che sono costretti a lasciare il nostro Paese, ed essere meno ossessionati dall’immigrazione che spesso è più propaganda che realtà dei fatti.