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Ecco perché (e come) il modello sanitario del Veneto batte quello lombardo

Emerge un differente funzionamento tra due modelli di sanità particolarmente “investiti” dall’emergenza: quello del Veneto rispetto a quello della Lombardia. In Lombardia i casi sono diventati sette volte tanti, in Veneto sono triplicati.
Un’analisi delle diverse governance sanitarie potrebbe permettere di capire come queste Regioni reagiscono all’emergenza.
Fermo restando il rispetto e la gratitudine per il lavoro di tutto il personale medico e paramedico, i numeri dei tristi bollettini quotidiani ci offrono una indicazione molto chiara. Sebbene i numeri crescano ovunque, in Veneto sembrano crescere di meno, a un tasso inferiore rispetto alla confinante Lombardia.

ESISTE UN “MODELLO VENETO” DA SEGUIRE?

Meno ospedalizzazioni e meno morti. Il problema non si rileva nella professionalità dei medici e degli operatori sanitari, ma nelle scelte strategiche dei decisori politici e probabilmente in aggiunta, nella organizzazione o meglio nella strutturazione della governance, ovvero nella modalità con cui gli amministratori pubblici gestiscono, coordinano e integrano gli “attori” che operano nel contesto. Ovviamente le diverse strategie decisionali prese dalle istituzioni regionali caratterizzano un proprio modus operandi nella gestione dell’emergenza per Covid-19.

In questo senso può apparire utile un confronto tra i due modelli, non per indicare i buoni o i cattivi ma perché questo straordinario e drammatico stress test della salute italiano può offrire spunti per capire come le diverse governance possono impattare in situazioni di emergenza, permettendo alle Regioni più virtuose di dimostrare la bontà delle loro scelte.

LO SCENARIO NAZIONALE

Negli ultimi vent’anni, lo scenario del Sistema sanitario nazionale è stato caratterizzato da profondi cambiamenti come la ristrutturazione delle Aziende Sanitarie. Lo scopo è stato quello di ottimizzare la gestione favorendo, nello stesso tempo, un contenimento dei costi della spesa sanitaria. Il 2015 è stato un anno decisivo per il percorso di organizzazione dei sistemi sanitari regionali perché, alcune tra le Regioni più virtuose in ambito servizi sanitari, hanno emanato riforme importanti.

IL MODELLO DI GOVERNANCE DEL VENETO

Il Veneto, con la Legge Regionale n.19/2016, ha creato un nuovo ente strumentale regionale denominato “Azienda Zero” in cui si accentrano la programmazione, il controllo e la gestione delle funzioni regionali oltre ad aver accorpato le 21 Ulss esistenti sul territorio in 9.

La decisione di istituire l’Azienda Zero è stata presa con l’obiettivo “centralizzare” in capo ad un solo Ente le funzioni di programmazione, di attuazione sanitaria e socio-sanitaria, nonché di coordinamento e governance del Sistema sanitario regionale (Ssr) per ottenere risparmio e velocità, lasciando le Aziende Ulss libere di occuparsi al meglio dell’organizzazione della erogazione delle prestazioni e dei servizi ai cittadini. Nella Legge era stato previsto anche l’aumento del 15% dell’attuale numero dei posti letto negli ospedali di comunità e l’aumento del 60% dei medici di medicina generale.

IL MODELLO DI GOVERNANCE DELLA LOMBARDIA

In Lombardia, la Legge Regionale n.23/2015, oltre ad avere accorpato le 15 Asl in 8 nuove Agenzie di tutela della salute (Ats), ha creato un sistema organizzativo su 3 livelli. Alla Regione centrale sono state affidate funzioni di programmazione, indirizzo e controllo; alle Ats (le nuove “Asl”) funzioni di programmazione, diventando bracci territoriali della Regione; alle 27 Aziende socio sanitarie territoriali “Asst” (l’evoluzione delle Aziende ospedaliere) è andata la gestione esclusiva dell’operativà includendo l’erogazione servizi ospedalieri e territoriali.

Mantenendo in vita le due tipologie di enti Ats e Asst, anche se può dirsi che la Lombardia si sia avvicinata ad un modello di governance “integrato” (nel quale un unico ente è al tempo stesso assicuratore/finanziatore e produttore di servizi), lo stesso di fatto non è stato realizzato.

I RISULTATI: IL VENETO È PRIMO IN CLASSIFICA

L’assetto strutturale delle diverse governance sanitarie influisce sulle performance regionali. Il Veneto è risultato essere ai primi posti della Griglia Lea che classifica le Regioni per capacità di garantire i livelli essenziali di assistenza. Anzi nel 2018 è stata la migliore di tutte, conquistando 222 punti sulla Griglia Lea e fermandosi solo a 3 punti dal punteggio massimo stabilito in 225 punti. Probabilmente, proprio il particolare sistema di governance descritto sopra, ha garantito in un momento di emergenza un minor assalto al sistema ospedaliero, favorendo una presa in carico di prima assistenza da parte della cosiddetta medicina di prossimità che in Veneto sembra funzionare bene avendola potenziata.

IL DIVERSO MODUS OPERANDI PER CONTENERE E LIMITARE IL CONTAGIO

In aggiunta, le diverse strategie decisionali prese a livello politico influenzano il decorso dell’emergenza Covid-19. Il Veneto, nel contrasto alla pandemia sembrava correre da solo, ora con l’avallo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità che fino a poco fa si dichiarava contrario all’estensione dei tamponi alla popolazione. È recente, infatti, la dichiarazione del direttore generale dell’Oms che chiede all’Italia un’inversione di rotta specificando che “per rompere le catene della trasmissione del contagio è necessario testare e isolare”. Una scelta, che anche se difforme a quanto deciso dal ministero della Salute e dalle linee guida della comunità scientifica, era stata già portata avanti dal governatore Luca Zaia, che non rivendica nessuna autonomia in questo momento ma che dichiara di continuare a farli in numero sempre maggiore. Il governatore, infatti, chiarisce che anche se si dovesse trovare un solo positivo significherà aver evitato il contagio ad altre 10 persone.

Dunque, ogni Regione ha una sanità a sé e il Veneto è stata l’unica Regione ad aver optato per una politica dei tamponi a tappeto anche per gli asintomatici. Se i tamponi dovessero mancare saranno prodotti in “casa con tecniche di laboratorio” ha osservato Zaia. Strategia che vede concorde anche l’ex ministro della Salute Giulia Grillo che chiede al ministro Speranza di adoperarsi affinché venga garantita, a tutti gli operatori sanitari nonché alle persone esposte maggiormente al rischio di contagio, l’esecuzione di tamponi; una misura che aiuterà a potenziare l’effetto di questa quarantena.

Questa situazione di emergenza riaprirà la questione dell’opportunità o meno di lasciare la scelta di agire in capo ai diversi 21 sistemi sanitari regionali o se sia meglio una guida centralizzata per fronteggiare a livello uniforme i pericoli di una epidemia che è diventata ormai questione mondiale, dunque una pandemia.

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