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Un nuovo piano per una nuova Europa. La ricetta di Mattia Mor (Italia Viva)

Di Mattia Mor

Il coronavirus lo si combatte anche con il coraggio degli italiani. I cittadini consapevoli e responsabili sono di gran lunga la maggioranza, rispetto ai pochi che non si rendono conto della situazione di emergenza che stiamo vivendo.

È vero, il Covid-19 sta paralizzando le nostre vite, mettendo a rischio i nostri cari e i nostri posti di lavoro, facendo traballare aziende, limitando la nostra libertà di movimento, che davamo ormai per scontata e immancabile. Pone enormi interrogativi e quando ci guardiamo allo specchio dobbiamo affrontarli: la gestione delle città e del Sistema Paese, la solidità dell’Unione europea e non ultimo la globalizzazione.

Ma se è vero che nei momenti difficili si forma l’identità di un popolo, se è vero che davanti alle difficoltà emerge l’indole e il temperamento delle persone e delle Nazioni, allora questo potrebbe essere un passo importante verso la consapevolezza di un unico popolo europeo. Adesso, che siamo legati a questa nuova condizione di vita, e ringraziamo ogni ora e ogni giorno il lavoro di tutti coloro che sono in corsia per evitare il diffondersi del virus, è tempo di rispondere, di guardare in faccia la realtà, di affrontare il futuro, di battersi e non temporeggiare.

Tutta l’Italia sta dando grande prova di forza. L’immagine degli italiani che si sottraggono alle proprie responsabilità è stata sostituita da un vibrante ruggito dai balconi delle nostre città, una dolce rinascita del senso civico che ha visto aprire cuori e portafogli di donatori privati, ha visto un tessuto sociale di donne e uomini che riscoprono l’importanza della comunità e sono fieramente patriottici, al di là di ogni preferenza partitica.

Il senso di comunità vive e rinasce in ognuno di noi quando siamo tutti nei panni degli altri.
L’Italia si riscopre una nazione calorosa e solidale e i suoi cittadini rivelano un grande senso di altruismo. Nei momenti peggiori della storia del nostro Paese, noi Italiani ci siamo rimboccati le maniche e nelle emergenze abbiamo messo in gioco anche la nostra stessa vita. Dal Dopoguerra ad oggi, eventi calamitosi come i terremoti hanno visto una nazione “stringersi a coorte”.

Le Sanità Lombarda, Veneta, Emiliano-Romagnola, stoicamente resistono e gli operatori sanitari combattono in prima linea. Stringono il cuore le infermiere e i medici, con i segni della mascherina stampata in volto, immagini di estenuante lavoro e passione che esortano gli Italiani a restare a casa. Il Paese che resiste nelle proprie abitazioni, davanti a un laptop a lavorare con tenacia, mentre gli insegnanti continuano a costruire da remoto il futuro dei nostri figli.

L’Italia dei ricercatori, troppe volte precari, veri genieri di un esercito che non uccide ma salva vite.
L’Italia dal volto umano visto allo Spallanzani, con le nostre migliori menti pronte a mostrarci la fotografia del nemico. Andrà tutto bene, perché l’Italia non si piega e reagisce con veemenza, senza indietreggiare di un millimetro, nonostante il consueto bollettino di guerra della sera. Dopo questa cruenta battaglia, pagata sul campo a caro prezzo, ci sarà però un Paese da ricostruire, da far ripartire, da consolidare.

Verrebbe quasi da dire, prendendo spunto dalla celeberrima citazione di D’Azeglio: gli Italiani hanno fatto gli Italiani, adesso bisogna rifare l’Italia e l’Europa. Questa è prerogativa di una classe politica autorevole. In un momento così delicato “Il modello Italia” è stato preso ad esempio ormai dalla maggior parte degli Stati, anche dal Regno Unito che sembrava convinto di sacrificare sull’altare dell’economia la vita dei suoi cittadini.

L’Italia ha insegnato al mondo l’imprescindibile valore di un Sistema Sanitario Nazionale all’avanguardia con lo Spallanzani a Roma, Il Sacco a Milano, il Cotugno a Napoli, il Papa Giovanni XXIII a Bergamo e gli altri ospedali ormai allo stremo da settimane. Ma l’Italia intera dovrà affrontare le ripercussioni di una crisi gigantesca, forse mai vista. Ora come non mai tocca alla politica difendere le famiglie, i lavoratori, le imprese e i professionisti da una crisi durissima che colpisce tutti.

Le cadute repentine delle Borse europee testimoniano questa situazione, in uno scenario che pochi si sarebbero aspettati o avrebbero previsto. All’Italia serve un Nuovo Piano Marshall del XXI Secolo e lo stesso servirà a tutti gli Stati Europei. Il decreto del governo, con lo stanziamento di 25 miliardi e garanzie movimentate per 350 miliardi per affrontare le emergenze, è solo il primo passo.
Serve un forte investimento pubblico sulle infrastrutture, investimenti sui territori, serve la riqualificazione delle aree urbane e degli impianti industriali obsoleti, serve più ricerca e innovazione, nuove fondamenta solide per quelle realtà economiche ora in ginocchio e che questo possa mobilitare a sua volta decine di miliardi di investimenti privati. Per una politica economica vigorosa e robusta abbiamo però bisogno dell’Europa e questo perché serve un impegno senza esitazioni e con persistenti e costanti acquisti di titoli di stato per sopperire alla mancanza di liquidità.

Un nuovo e più forte whatever it takes che salvi l’economia europea e l’euro, perché questa crisi sarà più profonda e trasversale di quella del 2008. Le parole miopi della Lagarde e di Holzmann non hanno inizialmente promesso nulla di buono. Francia e Germania interpretano spesso il loro ruolo in Europa in una concezione novecentesca, basata più sulle zone di influenza e meno sul principio di solidarietà. L’Europa, al tempo del coronavirus, si gioca la sua partita con la storia e la decisione del lancio di un quantitative easing da 750 miliardi per affrontare l’emergenza, va nella giusta direzione.

Al di là di questo intervento però, cosa davvero vuole essere l’Europa e dove vuole portare i suoi cittadini? O l’Europa decide di non essere più solo moneta, finanza, mercati e abbraccia il sogno di diventare Nazione, di fare politica nel senso più completo del termine, di dimostrarsi solidale, oppure galleggerà vittima della propria incompiutezza. Serve un nuovo piano che aiuti gli Stati a rialzarsi insieme ed a immaginare l’Europa come uno spazio universale, in cui ci si confronta come Stati, ma si stabiliscono le priorità per i cittadini di un unico grande Stato Federale e si prendono decisioni a tal proposito.

Diventa ancora più necessario il dare maggiori poteri alla Bce, una maggiore coesione ed integrazione tra gli Stati, maggiori strumenti per affrontare le situazioni di rischio, come gli Eurobond, fino anche all’helicopter money, come rilanciato da Nouriel Roubini. Sarà un percorso impervio per gli Stati dell’Unione, che dovranno mettere da parte i loro egoismi e cominciare a pensare ad una Europa dei diritti e dei popoli, in cui tutti i cittadini si debbano sentire rappresentati non solo dalla moneta, ma anche da un sistema legislativo omogeneo, partendo dal mondo del lavoro, dalla parità delle retribuzioni salariali, dal sistema fiscale, dalla pubblica amministrazione, dalla previdenza sociale.

Ragioniamo su una riforma universitaria e della pubblica istruzione che omologhi i percorsi di studio e rafforzi l’identità europea sin dai banchi di scuola e dalle aule degli atenei.
Il Coronavirus cambierà il mondo e l’Europa così come li conosciamo, non dimentichiamolo.
Guardiamoci, guardiamo nelle nostre case, guardiamo ciò di cui realmente abbiamo bisogno. Recuperiamo la forza dei nostri valori, dello stare insieme e la forza dell’unione.
Cancelliamo i vecchi schemi, le continue critiche e veniamoci incontro, aiutiamoci, non disperdiamo quello che questo tempo ci ha insegnato e ci ha fatto scoprire mettendoci a dura prova e che stiamo pagando a caro prezzo. Dobbiamo a noi stessi un cambiamento, lo dobbiamo per chi ora sta sacrificando tanto della sua vita.

L’emergenza attuale potrebbe essere un efficace propellente per i sovranismi e i populismi, realizzando il mondo che hanno sempre sognato, già permeanti e virulenti con la loro propaganda della paura, un mondo più chiuso, meno globalizzato, meno unito. O potrà invece essere il punto di partenza di nuovi valori, di maggior senso civico, di maggior attenzione alla scienza, alla conoscenza, all’informazione, di maggior Politica. Potrebbe essere l’inizio di una Nuova Europa.

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