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Nel sentimento imprevedibile della storia

Dal virus al progetto, il pensiero si problematizza. Oggi discuto un passaggio di Mauro Ceruti e Gianluca Bocchi (in Origini di storie, Feltrinelli, Milano 2006, p. 12): La nostra età non ha soltanto vissuto l’esperienza della relatività di ogni punto di vista. Ha fatto soprattutto l’esperienza dell’incompiutezza di ogni punto di vista. La contingenza, la singolarità e l’irripetibilità di ogni punto di vista sono condizioni indispensabili per avere accesso al mondo, per dialogare con altri punti di vista, per creare nuovi mondi.

Tutto-parte, essere-pensiero, immunitas-communitas, ritorna la necessità di riflessioni fondamentali. In un momento storico nel quale la planetarizzazione dei processi storici ci porta il mondo in casa, virus compresi, siamo chiamati a nuove responsabilità, a cogliere e ad accogliere il dato della (im)possibilità di ogni nostro particolare e di ogni nostra azione locale. La cultura del progetto parte proprio da qui, dalle potenzialità insite nella relatività e nella incompiutezza di ogni nostro punto di vista. La (im)possibilità è nel potenziale che diventa possibile.

Non raggiungiamo mai la realtà perché essa, comunque ci sforziamo, ci sfugge sempre. Inutile provarci, vale la metafora panikkariana della rete e del mare. E poi, qualora riflettessimo realisticamente, prenderemmo atto che il voler comprendere il mare, la realtà nella sua misteriosa totalità, sarebbe un atto “banalmente” totalitario.

E’ attraente la prospettiva di Ceruti e Bocchi sulla irripetibilità di ogni punto di vista per dialogare e per creare nuovi mondi. Al tempo del virus, come di ogni altra pandemia alla quale dovremo abituarci (pensiamo a quella finanziaria del 2007/2008), il problema non è solo di immaginare i futuri ma anche i controfuturi che ci troveremo a vivere.

Nulla è lineare. Ennio Di Nolfo, in Storia delle relazioni internazionali. Dalla fine della guerra fredda a oggi (2016, p. 8), scrive, a proposito del post-guerra fredda, che tale periodo avrebbe potuto essere considerato come un periodo di transizione dall’ambiguità verso una convivenza le cui caratteristiche possono essere solo il frutto di un pronostico.

Nulla è lineare e il conflitto ci appartiene. Ciò che viene da dire, considerando la complessità nell’incertezza, è che dobbiamo abituarci a non essere la Verità. Una sana cultura del dubbio può aiutare a ritrovarci liberi nel sentimento imprevedibile della storia.

(Professore di Istituzioni negli Stati e tra gli Stati, Link Campus University)

 



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