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Netanyahu apre la caccia ai responsabili. Parla Glick

Non sono stati ancora scrutinati tutti i voti ma il premier israeliano uscente Benjamin Netanyahu sembra a un passo, dopo tre elezioni in meno di un anno, dall’obiettivo: dare al Paese un nuovo governo. Con il 90% delle schede, il blocco guidato dal Likud (primo partito con 36 deputati, quattro in più di Blu e bianco di Benny Gantz, che ha fallito il suo tentativo di allargarsi verso destra) è infatti a 58 seggi, tre in meno della maggioranza alla Knesset. E mentre dagli ambienti della destra religiosa filtra ottimismo (il presidente del partito Shas, Aryeh Deri, ha detto ai giornalisti di aver ricevuto dati che mostrano la coalizione raggiungere i 61 seggi), il presidente Reuven Rivlin ha annunciato che attenderà la pubblicazione dei risultati ufficiali, in agenda per martedì prossimo, prima di iniziare le consultazioni.

La coalizione del premier Netanyahu non ha chiuso del tutto la porta a Yisrael Beiteinu, che ha conquistato sette seggi. Ma il leader Avigdor Lieberman sembra non volersi spostare dalla sua posizione di non collaborazione con i partiti della destra religiosa. Quindi, quali sono gli scenari ora? Formiche.net l’ha chiesto a Caroline Glick, editorialista del Jerusalem Post e candidata alla Knesset nel 2019 per il partito HaYamin HeHadash (Nuova destra, formazione affiliata a Yamina, che oggi parla di “vittoria” con sei seggi conquistati).

Secondo Glick, però, “sia la Lista araba che Lieberman sono fuori dai giochi: 15 seggi i primi, sette i secondi. Ma ne rimangono altri 98”, continua nel ragionamento raggiunta telefonicamente. “Il Likud ne ha 58, è un passo. Penso in generale le possibilità di formare un nuovo governo siano maggiori rispetto allo stallo registrato dopo il voto di settembre”.

Ecco gli scenari secondo Haaretz. Primo: un governo di Netanyahu con il sostengo di alcuni transfughi, cioè quelli che in Italia spesso definiamo responsabili. Secondo: un esecutivo formato da Blu e Bianco e Yisrael Beiteinu assieme alla Lista araba – una possibilità esclusa prima del voto da Lieberman ma che a urne chiuse sembra rappresentare l’ultima possibilità per l’ex ministro della Difesa di tornare a contare. Terzo: un governo di unità nazionale. Quarto: nuove elezioni, che sarebbero le quarte in poco più di un anno.

Alla terza soluzione Glick non crede: “Non vedo alcuna possibilità che si formi un governo di minoranza”, dice sottolineando due elementi che certo non rappresentano un buon punto di partenza per i negoziati e un accordo tra Netanyahu e Gantz. Primo: nel suo discorso di ieri sera Gantz ha ricordato che il 17 marzo inizierà il processo contro Netanyahu. Secondo: il premier non ha citato lo sfidante nel suo discorso della vittoria. 

Un governo di unità nazionale, inoltre, contraddirebbe l’esito delle urne. Infatti, secondo Glick, quello di ieri è stato “un voto di fiducia verso Netanyahu” e allo stesso tempo “di sfiducia verso Gantz e i suoi continui tentativi di screditare il premier”. 

Ora che cosa può accadere quindi? “È possibile che la coalizione di Netanyahu tenti di ampliarsi cercando di convincere uno o due deputati di Blu e bianco o anche uno o due laburisti”, spiega Glick. E infatti continuano a rincorrersi voci di parlamentari, di Blu e bianco soprattutto, sondati in queste ore dal Likud. Ma una situazione così, una maggioranza risicata, può durare? “Penso che la prospettiva sia un allargamento del governo in un futuro neanche troppo lontano”, conclude Glick.



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