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Parlamento on line? Garantiamo la possibilità di violare il regolamento. Il commento del prof. Sbailò

Di Ciro Sbailò

La pandemia cambierà la politica tra gli Stati e all’interno degli Stati. Nessuna grande pandemia del passato ha spinto le nazioni a cooperare maggiormente tra loro, a cominciare dall’influenza Spagnola, del 1918-19, che fu seguita da ondate di nazionalismi e autoritarismi. Non ci si può aspettare che, passata l’emergenza del virus, il mondo ritorni, almeno in tempi brevi, alla globalizzazione così come questa sembrava essersi stabilizzata al principio del XXI secolo. Questo provocherà profondi mutamenti politici in ciascun Paese: la probabilità di un certo ridimensionamento dei partiti e dei movimenti percepiti come favorevoli alla globalizzazione, e del conseguente rafforzamento delle tendenze sovraniste e autoritarie, è molto alta. In questo genere di temperie sociali e culturali, come insegnano la storia dell’Italia e della Germania tra le due guerre, le prime vittime sono le assemblee parlamentari, percepite come inutili  e arroccate nei loro privilegi di casta. Per scongiurare questo rischio, c’è una sola via: porre il Parlamento al centro della crisi.

La proposta di far lavorare i parlamentari da remoto va nella direzione opposta.

Nessuno che svolga un ruolo essenziale – un medico, un infermiere, un vigile del fuoco – può operare on line. Il Parlamento, nella maggior parte degli ordinamenti, compreso quello italiano, delibera sullo stato di guerra, vale a dire sulla questione “estrema” della politica, nella quale la posta in gioco è l’esistenza stessa della nazione e la salute della popolazione. È semplicemente inconcepibile che una tale decisione possa essere presa da remoto, senza un confronto diretto tra i parlamentari, ovvero senza che la drammatizzazione determinata dalla fisicità del confronto abbia potuto adeguatamente dispiegarsi, a garanzia proprio del primato del Parlamento.

Non è escluso che la discussione su una questione “vitale” possa degenerare e porti alcuni parlamentari a usare mezzi estremi, come l’occupazione dell’Aula o l’abuso del diritto di parola, ovvero l’aperta e reiterata – e ovviamente, legittima – violazione del regolamento. Ma se al parlamentare fosse preclusa la possibilità – come accadrebbe con lo svolgimento dei lavori on line – di essere indisciplinato, di disobbedire al Presidente dell’Aula e di resistere ai questori e ai commessi, ovvero di essere sanzionato e di opporsi a tali sanzioni, mettendo se stesso, fisicamente, al centro dello scontro politico, ne uscirebbe snaturata la funzione parlamentare. Certo, si tratta di possibilità estreme: tutti si augurano che prevalga sempre la ragionevolezza, ma questa non può essere imposta al parlamentare. La giuridicizzazione dell’attività parlamentare fa scadere il Legislativo da potere dello Stato a mera funzione.

In generale, ne esce indebolita l’idea che la selezione della classe politica debba essere affidata al libero confronto tra le parti e non, invece, come da secoli si fa in Cina, a una dura selezione effettuata da caste di esperti.


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