Confesso che ho sempre letto gli editoriali del prof. Angelo Panebianco con molto interesse e frequente condivisione della sua coerente posizione laico liberale, ma non posso esimermi dal contestare la caduta laicistica della sua ultima nota sul Corriere del 27 marzo scorso.
Ragionando sulle prospettive del “dopoguerra” della pandemia del coronavirus, Panebianco evidenzia nella “zavorra burocratica e nell’ideologia pauperista” le “magagne” che contrasteranno l’auspicata ripresa. Tra le zavorre dell’ideologia pauperista Panebianco, riproponendo una tesi cara a un vecchio liberalismo d’antan, colloca le “pulsioni di un certo cattolicesimo politico”.
È una tesi che ogni tanto ritorna, come ci insegnava il compianto Sandro Fontana, quella secondo cui i cattolici hanno rappresentato una sorta di incidente della storia, che avrebbe impedito il libero dispiegarsi delle idee liberali che, da Cavour e Minghetti, si infransero con la fine dell’età giolittiana e l’avvento del fascismo.
Mal sopportarono quei laicisti alla fine della seconda guerra mondiale: “L’avvento di De Gasperi” (titolo dell’ultimo saggio di Leo Valiani), ossia dell’assunzione da parte del partito espressione dell’unità politica dei cattolici democratici e dei cristiano sociali, della guida dell’Italia.
Lucio D’Ubaldo con un bell’articolo sul sito on line Formiche.net, ha replicato con molto equilibrio ed efficacia, rivendicando il ruolo che i cattolici democratici hanno esercitato con la DC negli oltre quarant’anni di egemonia politica in Italia.
Da parte mia, tra gli eredi della migliore tradizione cristiano sociale, quella che da Miglioli, Pastore, Labor e Donat Cattin, ha costituito la componente storica della sinistra sociale della Democrazia Cristiana, rivendico interamente il ruolo che abbiamo svolto nella difesa del lavoro e dei lavoratori in particolare, in conformità ai principi di solidarietà e sussidiarietà della dottrina sociale cristiana, cui abbiamo ispirato la nostra azione politica. Non a caso lo statuto dei lavoratori è frutto dell’impegno del socialista Brodolini prima e di Carlo Donat Cattin.
Vorrei chiedere al prof. Panebianco, anche alla luce di quanto stiamo verificando in questi giorni di drammatica pandemia, che ha mostrato tutti limiti e gli errori accumulati in molti anni della politica italiana, come pensa possa essere ricostruito un nuovo credibile assetto del sistema italiano, nell’attuale deserto delle culture politiche?
Nell’età della globalizzazione, quella in cui, come scrive il prof. Zamagni, è stato rovesciato il principio del NOMA ( Non Overlapping Magisteria) e la finanza è diventata il fine subordinando ad essa l’economia reale e la politica, ridotte al ruolo ancillare ed esecutivo della finanza che persegue un unico obiettivo: il profitto, quale pensa possa essere la risposta ai problemi drammatici che ci troveremo ad affrontare all’indomani di questa tragica guerra pandemica?
Fallita l’utopia di una cultura liberista che, nella realtà presente è sfociata nel trionfo del turbo capitalismo finanziario; distrutta l’antitesi utopica e profetica del comunismo, alla fine ridottosi nelle attuali formule dittatoriali cinesi e autoritarie delle oligarchie russe, la risposta più avanzata e credibile ancora una volta ai problemi della globalizzazione viene dalla dottrina sociale cristiana. Come per i nostri padri: Sturzo, De Gasperi, La Pira, Moro, Fanfani, Donat Cattin e Marcora e molti altri, furono la “Rerum Novarum” di Leone XIII e la “ Quadragesimo Anno” di Pio XI, le stelle polari della loro azione politica, così per la nostra generazione formata dal Concilio Vaticano II, dalle encicliche giovannee (Mater et Magistra e Pacem in Terris) e di San Paolo VI (Humanae Vitae e Populorum Progressio), così ancora per noi e per le nuove generazioni dei cattolici, viene ancora dalla dottrina sociale della Chiesa il supporto per inverare nella città dell’uomo gli orientamenti pastorali in essa indicati.
Nell’attuale deserto delle culture politiche, mentre altri navigano a vista senza orientamento, la nostra bussola che ci indica la strada, la troviamo negli insegnamenti degli ultimi pontefici. Dalla Centesimus Annus di San Papa Giovanni Paolo II, alla Caritas in veritate di Benedetto XVI, alle ultime: Evangelii Gaudium e Laudato Si di Papa Francesco.
Condivido la constatazione dell’assenza di un centro oggi in Italia e, come ripeto da qualche tempo, anche per noi eredi della sinistra sociale DC l’obiettivo è il come tradurre i principi della dottrina sociale cristiana nella realtà politica e istituzionale, al fine di realizzare quell’equilibrio tra interessi e valori, che è il compito primo della politica, “ la più alta forma di carità” secondo il Santo Padre Paolo VI.
Tanto nella Federazione Popolare dei DC, che tra gli amici raccolti attorno al Manifesto Zamagni; tra quelli di Costruire Insieme e quelli di Politica Insieme, oltre alle numerose associazioni, gruppi e movimenti della vasta galassia cattolico popolare, credo sia comune la volontà di concorrere alla costruzione di un nuovo soggetto politico di centro: laico, democratico, popolare, riformista, europeista, ispirato ai valori della dottrina sociale cristiana, inserita a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori DC e popolari: Adenauer, De Gasperi, Monnet e Schuman, alternativo alla deriva nazionalista e populista e alla sinistra senza identità. Massima disponibilità a collaborare con chi assuma come programma: la difesa e la completa attuazione della carta costituzionale, compresi quanti di area liberale e riformista si riconoscono crocianamente nei valori dell’umanesimo cristiano.
E questo è l’obiettivo che la mia generazione intende consegnare ai giovani dell’area cattolica, che intendano assumere il testimone della migliore tradizione politica e culturale del popolarismo italiano, offrendosi come nuova classe dirigente credibile al Paese per una nuova speranza.