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Quando si dice metamorfosi

Verso un progetto di civiltà, cominciamo a lavorare nella metamorfosi:

  • non lasciamo ciò che siamo stati ma lo caliamo nell’oltre;
  • metamorfosi nel tempo della tempiternità e nello spazio della globalità;
  • metamorfosi come (ri)generazione della totalità (trinitaria) di/in noi nella totalità (trinitaria) del/nel reale;
  • caliamo in metamorfosi il nostro pensiero. Per un pensiero profondo, consapevole di non poter comprendere, proprio per (com)prenderla, la totalità della realtà. Siamo limitati e, per quanto pensiamo, non c’è limite alla realtà (1).

L’immagine di Papa Francesco, solo nella piazza vuota, ci aiuta a cogliere il dramma e le potenzialità di ciascuno di noi in questa fase storica, cambio di era. Il virus “di turno” rappresenta solo l’ultima occasione per cercare di riflettere “nella” nostra condizione. Il Papa cercava il silenzio, generatore e istituente, ciò che attraversa la Parola e ciò che rende inutili le nostre parole quando le riduciamo a chiacchiericcio da spettacolo. La parola è essa stessa polisemica in quanto modalità di rivelare la realtà (2).  Ridurre la parola, come accade sempre più spesso, significa cancellarne il senso prima che il significato, svuotarla, renderla solo evidenza di sé stessa e di null’altro.

Metamorfosi è il ritorno, anzitutto, nel nostro interiore luogo del silenzio e nel luogo silenzioso del reale, in quel mistero istituente che è origine. Da quel luogo, dunque, metamorfosi è ritorno nell’oltre.

Metamorfosi riguarda la totalità di noi e del reale, l’esperienza della totalità (3) come pluralismo razionale e mitico (del logos e del mythos, della prosa e della poesia). Ciò che separiamo è inseparabile.

Guardare a un progetto di civiltà significa, per noi, porre attenzione profonda alla metamorfosi dell’esperienza della totalità: nell’uomo, tra gli uomini, tra gli uomini/la terra/il cosmo. Non faremo analisi ma lavoreremo criticamente operando continue sintesi, spunti di riflessione e di rilancio, sguardi e approcci nell’oltre.

La metamorfosi dell’esperienza della totalità, nel nostro percorso, riguarda: i principi/valori, la cultura, la politica e le istituzioni, l’economia, il diritto. Tutto questo considerato nella sua inter-in-dipendenza. Non operare così, nel senso della totalità, significa non avere colto che da una crisi, qualunque essa sia, mai usciremo come siamo entrati.

Non si tratta di trasporre una visione trinitaria di metamorfosi dal profondo dell’uomo al profondo di realtà bensì di (com)prendere il tutto in una visione complessiva: non separabile nei suoi elementi (complessa), ricca di antagonismi (conflittuale), non leggibile con la logica dell’o/o ma con quella dell’ e/e (a-duale, dialogica). Serve, à la Panikkar, un atteggiamento contemplativo (4).

L’uomo è parte della metamorfosi della totalità. Egli ne è (ri)generatore e de-generatore tanto quanto ne è (ri)generato e de-generato. Per questa ragione lavoriamo “in” sintesi; l’analisi è solo una fotografia, nulla di più. Il qui-e-ora e l’oltre si (co)appartengono, non vengono in un prima o in un dopo.

Riferimenti nel nostro lavoro, nella ricerca di un progetto di civiltà come nuova via, sono la de-dogmatizzazione delle certezze (relatività del punto di vista) e la (ri)legatura di ciò che è disperso (del religioso come “comune”).

In questo cambio di era, lavorando in un progetto di civiltà, vale l’insegnamento d’integrare mente e cuore, logos e mythos, teoria e prassi, ragione e fede, razionalità ed emotività, analisi razionale e intuizione mistica (5). Il che significa viaggiare nell’emergente dell’evidente, nell’ignoranza della conoscenza.

NOTE

(1) Si veda Giuseppe Jiso Forzani, La visione religiosa di Eihen Dogen in I mistici nelle grandi tradizioni. Omaggio a Raimon Panikkar, Jaca Book, Milano 2009, p. 68

(2) Si veda Young-chan Ro, Panikkar e Laozi: un approccio mistico in I mistici nelle grandi tradizioni. Omaggio a Raimon Panikkar, Jaca Book, Milano 2009, p. 84

(3) Giuseppe Jiso Forzani, op. cit., p. 69

(4) Young-chan Ro, op. cit., p. 85

(5) Young-chan Ro, op. cit., p. 85

(Professore di Istituzioni negli Stati e tra gli Stati e di History of International Politics, Link Campus University)

 


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