In queste settimane in rete vi è un video commovente, pubblicato da Mehmet Algan, ex deputato della regione di Hatay, ma triste in cui in Siria un padre si inventa un gioco per non far spaventare la piccola figlia durante i bombardamenti sulla loro città di Idlib. Ogni volta che una bomba esplode il padre sorride, ma gli occhi tradiscono altro, insieme alla piccola per esorcizzare i tragici momenti che vivono insieme a tutta la popolazione ormai da anni. Proprio per il controllo di Idlib le forze armate del governo di Bashar Al-Assad, hanno annunciato di avere riconquistato più di 650 chilometri quadrati di territorio.
L’esercito di Damasco ha affermato che il governo ha conquistato decine di città e villaggi nella provincia di Idlib, le forze di Assad controllano anche la città strategica di Saraqeb dopo averla svuotata dagli ultimi ribelli. La televisione di stato lo scorso 8 febbraio ha riferito che “le unità dell’esercito ora hanno il pieno controllo della città, mostrando le riprese delle strade di Saraqeb distrutte da settimane di bombardamenti. Secondo il servizio, le truppe siriane stavano ripulendo l’area dalle mine anti-uomo e dagli esplosivi lasciati dai ribelli e dai jihadisti che controllavano la zona”.
Saraqeb è la seconda città chiave riconquistata dalle forze governative nelle ultime settimane, dopo che i ribelli sono stati cacciati da Maaret al Numn.
Secondo l’Oshr (Osservatorio Siriano per i Diritti Umani) l’esercito di Assad ha preso possesso di un tratto di una strada principale nella regione di Idlib. “Le forze del regime hanno sequestrato l’intera sezione dell’autostrada Damasco-Aleppo che attraversa la provincia di Idlib”, ha affermato il capo dell’Osservatorio, Rami Abdel Rahman. Questo è sempre stato un obiettivo sensibile da conquistare per l’esercito del regime perché utilizzarla avrebbe permesso nuovamente i trasporti e il commercio dalla capitale ad Aleppo, che è appunto, la seconda città del Paese, ancorché un ex hub industriale.
Ma l’avanzata di Assad verso Idlib preoccupa e non poco la comunità internazionale. Il 6 febbraio, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha tenuto un incontro straordinario, in cui è stata evidenziata la necessità impellente di porre fine ai combattimenti e agli attacchi sia terrestri sia aerei a Idlib, i quali continuano a causare un gran numero di vittime civili ed enormi quantità di sfollati. In particolare, Geir Otto Pedersen, inviato speciale dell’Onu, ha affermato che non può esservi una “soluzione magica” al conflitto da parte dell’Onu, ma che tutte le parti coinvolte devono porre una tregua nella regione. È stato altresì evidenziato come Idlib rappresenti un paradiso, ovvero un rifugio, per milioni di siriani e, pertanto, un approccio militare aggrava ulteriormente la situazione.
È ormai in corso nel Nord della Siria una escalation insostenibile. Le aree verso cui i civili fuggono sono sovraffollate e incapaci di accogliere ancora più rifugiati, inoltre a Idlib quasi tutte le infrastrutture civili continuano ad essere distrutte dagli attacchi e nell’ultimo periodo si è registrata la distruzione di 3 centri medici nella periferia e ben 53 strutture mediche hanno smesso di funzionare. Tutto questo, è chiaro, significa l’aumento esponenziale dei rischi di diffusione di malattie, tra cui quindi anche il coronavirus. Per bloccare questa escalation diventa quindi più che mai necessario un dialogo efficace tra tutte le parti coinvolte, al il fine di addivenire ad una soluzione giusta ai sensi appunto della risoluzione ONU 2254.
La guerra civile in Siria è scoppiata nel 2011 ed è tuttora in corso. I quasi nove anni di guerra hanno causato la morte di più di 370 mila persone e lo sfollamento di milioni di siriani. Lo scorso anno, le vittime totali hanno raggiunto quota 11.215, tra cui più di 1.100 bambini, secondo i dati dell’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani, il quale, tuttavia, ha classificato il 2019 come l’anno, immaginate, meno “mortale” dall’inizio del conflitto. I ribelli, dissidenti del regime, sono sostenuti dalla Turchia. Il 9 gennaio, Russia e Turchia avevano raggiunto un accordo per il cessate il fuoco nella regione di Idlib, con l’obiettivo di consentire, in particolare, l’invio di aiuti umanitari. Questo avrebbe dovuto avere inizio il 12 gennaio. Tuttavia, solo pochi giorni dopo, il 14 e 15 gennaio, la fragile tregua si è vergognosamente spezzata e colpi di artiglieria e raid aerei sono ritornati a colpire soprattutto villaggi e città del distretto di Maarat al-Nu’man, e stanno continuando in questi giorni.
La situazione in Siria al confine con la Turchia è quindi peggiorata. Per il New York Times la situazione dei profughi bloccati al confine è diventata sempre più complessa e per loro è molto difficile trovare un qualsiasi tipo di sistemazione, anche temporanea come una tenda, oltre la mancanza totale di cibo e lavoro. Stiamo quindi assistendo in Siria il più grande esodo dall’inizio della guerra civile. Da dicembre a oggi, più di 900 mila persone sono state costrette a lasciare le loro case nella provincia nordoccidentale di Idlib.
La stragrande maggioranza dei profughi sta andando verso nord, verso la Turchia, che però ha chiuso da tempo il suo confine con la Siria per evitare una nuova ondata di migranti. La situazione peggiora di settimana in settimana e al momento non si sa come e se verrà risolta. Non riflettere su quello che sta per succedere è assurdo, altro che barconi! Invece di incedere nel bieco razzismo, facile e comodo per impaurire le popolazioni, si deve riuscire a comprendere che le nostre generazioni stanno vivendo una svolta epocale, masse di profughi dall’Africa settentrionale e sub-sahariana si stanno muovendo in cerca di aiuto, fuggendo il più delle volte da guerre e miseria, in contemporanea con profughi provenienti da est come appunto dalla Siria, devono indurre a trovare soluzioni realizzabili, possibili, serie, competenti, mature, andare oltre il quotidiano, vuoto ..bla bla bla!
L’Europa sembra presa solo da puerili scontri tra alcuni Paesi appartenenti, dalla Brexit e dal budget come se fosse una semplice azienda che deve decidere come dividersi i costi e i proventi, ma della tensione morale e del vigore etico e programmatico che hanno contribuito a farla nascere 70 anni fa non vi è alcuna traccia. Il cosiddetto “nuovo Umanesimo” è semplicemente ancora una volta il nuovo egoismo individualista di massa che pervade ormai tutte le società europee e non solo.
E non è colpa solo dei populisti che in questo “deserto” proliferano con facile espansione , ma appunto del “deserto” di idee e progetti della cosiddetta classe dirigente civile e illuminata che vivacchia nel contrastare a parole il cattivo di turno senza dare risposte concrete e lasciando orba tutta quella stragrande maggioranza di persone e cittadini perbene, normali direi, che pur non condividendo la facile propaganda populista non trova una seria e valida alternativa che, come in questo caso, abbia un colpo di reni, un sussulto di dignità per far sì che la piccola Selva di Idlib, 4 anni, sorrida per un pasto decente, per un gioco vero o per la serenità di una famiglia normale e non per un triste gioco al quale il padre, un grande padre, la induce per allontanarle il tremore della paura e il gelo della fine.