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La taglia su Maduro e la narco-sinistra. L’analisi del prof. Pinto

Su Maduro ora c’è una taglia. Non è una misura da cowboy, o un disegno imperialista, come penseranno i nostalgici terzomondisti, sperando di ravvivare le giovanili passioni dell’anti-americanismo. Si tratta di una risposta politica e giudiziaria alla svolta repressiva del regime chavista e alla centralità venezuelana nel narco-traffico globale. Il governo Usa, sollecitato dell’opposizione e del governo colombiano, ha compreso che Maduro stava tentando il tutto per tutto. Con il virus cinese che ha spostato l’attenzione internazionale, il dittatore si è scatenato contro deputati, giornalisti, gruppi sociali dell’opposizione. Una occasione per eliminarli definitivamente, consolidando il regime, i legami con le autocrazie asiatiche e i castristi (veri decisori a Caracas).

Gli Usa hanno reagito. Dopo la conferma a segretario della Osa di Luis Almagro, liberale grande accusatore delle dittature di Venezuela, Cuba e Nicaragua, hanno l’appoggio della maggioranza degli stati latini. Di fronte all’emergenza che sta toccando il continente, nessuno può permettersi il processo di destabilizzazione permanente tentato dal castro-chavismo. E c’è qualcosa di più profondo. Si tratta dell’uso politico-economico del narcotraffico, di cui una parte della sinistra radicale latina si è appropriata dagli anni Ottanta. In quella stagione le Farc, i guerriglieri marxisti colombiani, iniziarono a trasformarsi in uno dei principali cartelli mondiali della cocaina.

I peruviani di Sendero Luminoso li seguirono, senza ottenere il loro successo. La questione dilagò. Furono scoperti (e fotografati) i rapporti operativi tra il leader del Cartel de Medellin, Pablo Escobar, e i sandinisti in Nicaragua. Infine il governo cubano fece fucilare il generale Arnaldo Ochoa, accusato di essere il responsabile di una rete di narcotraffico, ma non riuscì mai a dissipare ombre e accuse sulla questione. In questa lunga, complicata e perversa vicenda, che negli ultimi decenni aveva allungato le sue ombre su tutto il continente, compreso Messico e Argentina, entrò prepotentemente da protagonista il regime venezuelano.

Gli Usa hanno presentato un atto di accusa completo verso il Cártel de los Soles, come è conosciuta la versione narcotrafficante del regime, individuando i capi nei suoi uomini duri: Diosdado Cabello e Tareck El Assaimi (la mente), insieme a Maduro e altri esponenti. Alcuni sono già in carcere, a partire da Hugo Carvajal Barros, alias el Pollo, ex capo dei servizi segreti venezuelani, preso in Spagna. La realtà è profonda. Del Cártel de los Soles si parla dalla fine degli anni novanta, quando alcuni generali furono implicati in questioni di narcotraffico. Negli anni di Chavez il Venezuela diventò l’alleato organico delle Farc. Con l’uscita della Dea dal paese, era il centro più sicuro per le reti di trafficanti europei e messicani.

Iniziò a strutturarsi una organizzazione con militari bolivariani, funzionari di partito, guerriglieri colombiani, ma il segreto era impossibile. Quando fu ucciso la testa delle relazioni internazionali (e della droga) delle Farc, Raul Reyes, nei suoi computer furono trovate prove dei loro rapporti con lo stesso Chavez. Gli scandali si susseguirono, dalla droga caricata da funzionari della guardia nazionale bolivariana su aerei di Air France, fino all’arresto clamoroso dei nipoti di Maduro. Questi, dall’Honduras, aveva organizzato una rete in grande stile per il trasporto di cocaina a New York (e ora sono in carcere negli Usa).

La questione è esplosa. Oltre ai tradizionali gruppi criminali e terroristici, il Venezuela è la base dell’altro gruppo narco-terrorista colombiano (l’Eln filo-cubano). Il dirigente politico delle Farc, Jesus Santrich, deputato, viene filmato mentre gestisce narcotraffico: fugge e si scopre è al sicuro proprio in Venezuela. Ora Maduro pensava di mettere tutto in secondo piano, ma la taglia degli Usa è un pugno in faccia. Non è solo un problema venezuelano. Tutto il mondo è movimento, non si sa come usciremo da questo sconvolgimento epocale, ma gli Usa hanno dimostrato, almeno per ora, che non intendono rinunciare alla sfida globale. Come finirà, e se questo contribuirà a salvare il Venezuela dalla peggiore dittatura mai conosciuta, sarà parte di questa storia.

 


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