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Che cosa ha fatto Taiwan per sconfiggere il coronavirus

Di Stefano Pelaggi

Il governo di Taiwan, dopo l’esperienza Sars del 2003, ha istituito un meccanismo istituzionale per consentire una efficace risposta alle crisi sanitarie globali. Il National Health Command Center (Nhcc) ha gestito sino ad ora in maniera impeccabile l’epidemia coronavirus, dimostrando come una democrazia sia in grado di attivare complessi meccanismi di ingegneria sociale senza intaccare le libertà personali.

Taiwan si trova ad appena 140 km dalla costa della Repubblica Popolare cinese e, nonostante le continue tensioni diplomatiche tra Taipei e Pechino, i rapporti economici e commerciali tra i due Paesi sono intensissimi. Le stime ufficiali riportano 500mila taiwanesi come residenti in Cina ma almeno un milione e mezzo di taiwanesi lavorano stabilmente nell’altro lato dello stretto. Solo nello scorso anno più di tre milioni di cittadini cinesi hanno viaggiato a Taiwan. Non appena gli impressionanti dati sui contagi cinesi iniziarono a diffondersi, Taiwan si è trovata in prima linea nella lotta contro il coronavirus. Finora nell’isola sono stati registrati solo 42 casi e un decesso, numeri estremamente ridotti rispetto alla Cina, con oltre 80mila casi e oltre 2.900 decessi. Ma Taiwan è anche molto indietro rispetto agli altri Paesi della regione nonostante gli intensi scambi tra le due sponde dello stretto.

Secondo Jason Wang, professore associato di pediatria presso la Stanford Medicine ed esperto delle politiche di contenimento delle epidemie, la capacità di Taiwan di contenere il coronavirus è principalmente dovuta a una strategia di prevenzione ideato durante lo scoppio della Sars nel 2003.

Con le parole di Wang “il governo di Taiwan ha istituito il National Health Command Center (Nhcc) dopo la Sars ed è diventato parte di un centro di gestione delle catastrofi che si concentra sulle risposte a grandi epidemie e funge da punto di comando operativo per le comunicazioni dirette”. Un centro operativo permanente, collegato con le strutture sanitarie del Paese e capace sia di coordinare azioni di prevenzione e contenimento sia di stabilire una chiara gerarchia di comando in caso di emergenza.

Il professor Wang in un articolo recentemente pubblicato sul Journal of the American Medical Association spiega le azioni taiwanesi per contrastare il coronavirus e cita le 124 misure che il governo ha adottato per contenere il contagio sin dalla fine di gennaio. Le persone contagiate sono state sottoposte a una quarantena in strutture ospedaliere e tutte le persone che hanno avuto contatti con i positivi al test sono state sottoposte a controlli accurati. Il controllo delle frontiere non è stato considerato un livello adeguato di sicurezza, mentre grande attenzione è stata riservata alle linee guida per le scuole, le università e i luoghi di lavoro.

Soprattutto Taiwan, sulla base delle esperienza degli anni passati dalla Sars all’influenza aviaria, ha lavorato su un sistema integrato per l’analisi di big data combinando i dati del database dell’immigrazione e dogana con l’archivio nazionale del sistema sanitario. L’identificazione dei singoli casi è avvenuta in tempo reale, comparando i sintomi clinici con la raccolta dati dei viaggi del paziente e dei suoi familiari. Il governo taiwanese ha anche adottato la scansione del codice Quick Response (QR) combinandolo con lo storico dei viaggi del paziente nelle ultime due settimane e i sintomi per classificare i rischi infettivi dei viaggiatori. Quindi un doppio sistema che da un lato ha favorito l’identificazione delle casistiche di viaggio a rischio ma ha anche contribuito a sviluppare in brevissimo tempo un database specifico per l’analisi del coronavirus. Tutti coloro che si erano recati in aree a rischio sono stati contattati personalmente per verificare il loro stato sanitario. Ogni città ha attivato un numero verde gratuito per fornire informazioni, dare indicazione e talvolta rassicurare i cittadini. Sin dai primissimi giorni della diffusione del coronavirus, quando ancora nessuno aveva compreso la reale dimensione dell’epidemia, tutti i passeggeri nei voli diretti da Wuhan per Taiwan sono stati monitorati dal personale taiwanese prima di decollare dalla Cina.

Tutte queste decisioni sono state prese dal National Health Command Center (Nhcc) che ha deciso in piena autonoma le misure da adottare, come detto si tratta di una struttura ideata per facilitare decisioni in situazioni di emergenza. Il Nhcc dispone di fondi governativi, personale militare e civile ed è capace di operare a livello nazionale sia a livello sanitario sia dell’ordine pubblico. Quindi il Centro non ha solo gestito la fase di contenimento del virus ma contestualmente ha organizzato il rifornimento di materiale sanitario per gli ospedali, garantendo la disponibilità di 1.110 camere di isolamento e due milioni di maschere chirurgiche N95, e strumenti di prevenzione, con 44 milioni di maschere chirurgiche.

Il professor Wang conclude così il suo articolo “Response to Covid-19 in Taiwan”: “Squadre di funzionari ben addestrate ed esperte hanno rapidamente riconosciuto la crisi e attivato strutture di gestione delle emergenze per affrontare l’epidemia emergente. In una crisi, i governi spesso prendono decisioni difficili con incertezza e vincoli temporali. Queste decisioni devono essere sia culturalmente appropriate sia sensibili alla popolazione. Attraverso il riconoscimento precoce della crisi, i briefing quotidiani per il pubblico e i semplici messaggi sulla salute, il governo è stato in grado di rassicurare il pubblico fornendo informazioni tempestive, accurate e trasparenti sull’epidemia in evoluzione. Taiwan è un esempio di come una società può rispondere rapidamente a una crisi e proteggere gli interessi dei suoi cittadini”.

Il paragone con il governo italiano, leggendo le conclusioni dell’articolo, appare impietoso dopo gli avvenimenti che hanno preceduto l’istituzione della quarantena per le regioni del nord. Le ridotte dimensioni di Taiwan possono apparire un elemento di semplificazione per la gestione delle emergenze ma non bisogna dimenticare che si tratta di un paese di 23 milioni di persone con una densità di popolazione tra le più alte al mondo nelle principali aree urbane. Soprattutto la comunicazione pubblica nel paese è stata gestita da subito in maniera univoca, la presidente Tsai Ing-wen e gli altri membri del governo sono apparsi in pubblico sempre con la mascherina. il messaggio era chiaro: rispettare le regole suggerite e applicare la massima precauzione senza allarmismi.

Il monitoraggio dei voli provenienti dai focolai dell’epidemie è stato il nodo cruciale della strategia taiwanese, mentre l’Italia, unico paese in Europa, decideva di bloccare i voli da e per la Repubblica Popolare cinese. In questa maniera le possibilità di rilevamento per gli italiani, o i cittadini cinesi residenti nel nostro paese, che tornavano in Italia sono venute meno. In quella stessa occasione il governo italiano ha anche deciso di bloccare lo spazio aereo con Taiwan, una scelta incomprensibile visto l’esiguo numero dei contagiati e le strategie messe in atto dalle istituzioni taiwanesi. Il blocco dei voli da e per Taiwan ha avuto anche delle serie ripercussioni sulle relazioni italo taiwanesi ampiamente descritte da Lorenzo Lamperti.

Una decisione che non è mai stata chiarita e che sarà uno dei punti che il governo italiano dovrà spiegare al termine dell’emergenza coronavirus. In particolare alla luce della dichiarazioni del ministro degli Esteri taiwanese.

Joseph Wu spiega come la regione del Sarawak abbia subito delle pressioni da parte di Pechino per ristabilire il blocco aereo nei confronti di Taiwan nell’ambito della prevenzione del coronavirus. Il Sarawak è uno dei tre territori della Malesia nell’isola del Borneo e ha piena autonomia da Kuala Lumpur nella gestione delle norme di immigrazione e regolamentazione del traffico aereo. Il Sarawak aveva revocato il divieto di volo da e per Taiwan qualche giorno fa ma l’amministrazione dello regione del Borneo ha dovuto ripristinare le restrizioni dopo le pressioni cinesi.

L’esclusione di Taiwan dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha probabilmente contribuito alla decisione di Taipei di ideare una struttura come il Nhcc. Anche la filosofia confuciana, che prevede l’esaltazione del gruppo e della comunità di fronte alle esigenze del singolo, ha costituito un importante elemento nella gestione fino ad ora vincente del coronavirus a Taiwan. In questi giorni l’opinione pubblica mondiale sta giustamente rendendo merito agli sforzi della Repubblica Popolare cinese per la gestione dell’emergenza coronavirus. Spesso è stato scritto come solo uno stato autocratico avrebbe potuto gestire un’emergenza epidemiologica di queste dimensione e come solo con una restrizione delle libertà personali possa garantire l’efficacia degli esperimenti di ingegneria sociale messi in atto in Cina. L’esempio di Singapore viene usualmente accostato proprio al percorso fin qui compiuto da Pechino.

Ma non bisogna dimenticare che la giovane ma solida democrazia taiwanese ha saputo contenere, e fino ad ora sconfiggere, una pandemia senza ricorrere a nessun tipo di restrizioni delle libertà civili.



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