Nel pieno dell’emergenza coronavirus, il gradimento degli americani per l’operato del presidente schizza in su di cinque punti al 49%, il livello più alto da quando Donald Trump è alla Casa Bianca. Lo indica l’ultimo sondaggio Gallup, nel giorno in cui il magnate afferma: “Stiamo già cominciando a vedere la luce in fondo al tunnel”.
L’epidemia negli Usa ha ieri superato i 52 mila casi, con oltre 600 morti. La mappa dell’Unione è un ‘patchwork’ di misure diverse Stato per Stato. A New York, i numeri sono “astronomici”, dice Andrew M. Cuomo, il governatore: il contagio investe oltre 25 mila persone, raddoppia ogni tre giorni e il picco salirà più in alto del previsto e più in fretta del previsto. Chiunque lasci la città deve sottoporsi a quarantena volontaria per 14 giorni.
L’atteggiamento degli americani sull’emergenza appare labile come quello del presidente che, giorno dopo giorno, oscilla tra preoccupazione e ottimismo, sottovalutazioni e drammatizzazioni. Trump ha fretta di riaprire gli Stati Uniti ‘for business’: vuole i motori dell’economia accesi e ruggenti “per Pasqua”, perché – sostiene – la recessione “può fare più vittime” del contagio e perché il coronavirus fa meno morti “di un’influenza stagionale”.
Ieri, era il giorno dell’ottimismo a oltranza: bisogna riaprire – “Se lasci fare ai medici loro chiudono tutto” – e bisogna fare ripartire l’economia, altrimenti – questo il presidente lo sa, ma lo tiene per sé – la rielezione a novembre diventa una chimera. Mentre oggi torna ad apparire quasi una certezza: il magnate profitta dell’enorme visibilità portatagli dall’emergenza e dai suoi brieginfquotidiani e dell’eclissi mediatica dei suoi rivali.
Trump minimizza anche i contrasti con Anthony Fauci, massima autorità sulle malattie infettive negli Usa, spesso al suo fianco nelle ormai quotidiane e torrenziali conferenze stampa sull’emergenza e sempre pronto a correggerlo, quando non a smentirlo. Il presidente sarebbe insofferente del ‘virologo in capo’, ma ieri era tutto latte e miele: “E’ una persona straordinaria”.
Con analoga volatilità della Casa Bianca e dell’opinione pubblica, si comportano le borse, che volano rassicurate dall’intervento della Fed e dall’impegno del G7 a fare tutto il necessario per sostenere l’economia. Gioca pure l’intesa raggiunta nel Congresso Usa per uno stimolo da quasi 2.000 miliardi di dollari a lavoratori ed aziende, il più grande nella storia dell’Unione.
Eppure le previsioni a medio termine restano negative, anzi peggiorano. Un rapporto di Moody’s, intitolato ‘COVID-19: Global Economic Tsunami’, indica che il Pil degli Usa calerà quest’anno di mezzo punto e quello dell’Eurozona del 2,7%, con crolli del 5,7% nel primo e del 7,4% nel secondo trimestre – a gennaio, prima dell’insorgere della pandemia, le stime erano invece positive. Anche S&P vede più nero di una settimana fa per il primo e il secondo trimestre, sia negli Usa che nell’Ue.