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Ecco come cinguetta la gioiosa macchina della propaganda cinese

Twitter

Se è vero che per rispondere a questa pandemia di coronavirus la Cina ha preso in prestito dalla Russia alcune tattiche della disinformazione, è altrettanto vero che una così poderosa macchina della propaganda non si può mettere in piedi in qualche settimana: serve premeditazione dicono i maligni, pianificazione per gli analisti. È quella che hanno scoperto i giornalisti investigativi dell’organizzazione non-profit statunitense ProPublica analizzando migliaia di account Twitter falsi e rubati per capire come la propaganda occulta cinese si diffonda in tutto il mondo e sia stata sguinzagliata proprio in occasione della pandemia per riabilitare il Partito comunista cinese nel Paese e a livello internazionale.

Due dettagli non di poco conto. Primo: in Cina Twitter è illegale. Secondo: tra agosto e settembre scorso la piattaforma statunitense ha annunciato di aver sospeso più di 5.000 account sospetti controllati dallo Stato cinese e di aver bannato circa 200.000 profili correlati.

ProPublica racconta di account Twitter rubati e utilizzati prima per attaccare i manifestanti pro democrazia di Hong Kong accusandoli (utilizzando perfino espressioni dialettali di Hong Kong) di essere al servizio di un complotto statunitense anticinese e per lodare la polizia che li manganellava e non solo; poi, con l’avvento del coronavirus, tutti i cinguettii su Hong Kong spariscono (vengono addirittura cancellati in alcuni casi) e inizia un’incessante attività a difesa della Cina sull’epidemia. Tra prima e dopo c’è una costante: l’allineamento alla propaganda del Partito comunista cinese.

Sono oltre 10.000 gli account Twitter tracciati da ProPublica coinvolti in “una campagna di influenza coordinata con legami con il governo cinese”. Ma “la nostra analisi”, spiegano, “suggerisce che gli account che abbiamo identificato comprendono solo una parte dell’operazione”: “la scala della campagna di influenza è probabilmente molto più ampia”. Tra gli account hackerati perfino quello di un professore nella Carolina del Nord, quello di un artista e di una mamma nel Massachusetts, quello di un web designer nel Regno Unito e quello di un analista economico in Australia. C’è una regia, scrivono i giornalisti di ProPublica che hanno scoperto scambi tra denaro e propaganda favorevole al regime di Pechino: “Sospetti agenti cinesi hanno intensificato i loro sforzi negli ultimi giorni, secondo i messaggi privati che sono stati condivisi con ProPublica, offrendo a utenti influenti di lingua cinese su Twitter denaro in cambio di post favorevoli”. Interessante notare come nonostante il divieto di Twitter il regime chiuda una occhio sugli account cinesi che rilanciano la sua propaganda.

Ma ProPublica ha anche scoperto che molti account sono legati a una società di Pechino, la OneSight Technology Ltd., che di recente ha stipulato un contratto per aumentare i seguaci su Twitter della China News Service, la seconda agenzia di stampa statale più grande del Paese, contigua al Partito comunista cinese. Il ceo di OneSight si chiama Li Lei e prima di fondare nell’ottobre 2017 la società lavorava al dipartimento della propaganda estera della città di Pechino. Tra i suoi clienti oggi ci sono colossi come Huawei, Alibaba e Baidu ma anche media del Partito come China Daily e CGTN e l’agenzia di Stato Xinhua.

Nella macchina della propaganda cinese scoperta da ProPublica è finita anche l’Italia: è il caso del profilo Twitter @RNA_Chinese – un account pensato per ingannare il lettore convincendolo si tratti di Radio Free Asia (@RFA_Chinese), finanziata dal governo degli Stati Uniti – che ha dato enorme visibilità agli “aiuti” cinesi al nostro Paese.

Secondo Matthew Schrader, analista dell’Alliance for Securing Democracy, le campagne promosse dal regime cinese per censurare il dissenso interno funzionano. Faticano ad avere successo, invece, quelle rivolte al di fuori dei suoi confini, ha spiegato a ProPublica, senza né piattaforme “amiche” né il potere coercitivo dello Stato. Ma ciò non sembra fermare gli sforzi del governo cinese, in particolare mentre il coronavirus si diffonde in tutto il mondo occidentale a giudicare dalle offerte di denaro a utenti su Twitter in cambio della pubblicità a un video della battaglia di Wuhan contro il coronavirus “per il bene di tutti”.



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