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Il contagio corre, il Pil va giù, ma Wall Street vola. I numeri Usa

Gli Stati Uniti sono diventati il primo Paese al mondo per casi di coronavirus: a tutto ieri, se ne censivano oltre 82mila, più di Cina e Italia, con oltre 2000 deceduti in tutta l’Unione, 237 solo nell’ultimo giorno, mai così tanti dall’inizio del contagio.

I dati vengono dalla John Hopkins University e dal New York Times, che monitorano l’avanzare dell’epidemia, a chiusura di una giornata zeppa di elementi contraddittori in prospettiva elettorale, sui fronti del contagio, della politica, dell’economia e della disoccupazione.
L’epidemia esplode in Louisiana, forse per colpa del Carnevale: il Mardi Gras è stato celebrato, anche quest’anno, a New Orleans come da tradizione, senza speciali precauzioni. La Louisiana è uno degli Stati che ha rinviato le sue primarie.

Donald Trump ha commentato con parole sprezzanti il sorpasso degli Usa sulla Cina: “E chi lo sa quali sono davvero i numeri in Cina … È un tributo alla nostra capacità di fare test”, mentre “nessuno può dire veramente quanti test fa la Cina”.

Tuttavia, poche ore dopo, dopo una telefonata con il presidente cinese Xi Jinping, Trump twittava: “Ottima conversazione. Abbiamo discusso in dettaglio il coronavirus che sta devastando gran parte del nostro pianeta”; “La Cina ha molta esperienza e ha sviluppato una forte conoscenza del virus. Stiamo lavorando a stretto contatto insieme. Molto rispetto!”.

Corre il contagio nell’Unione. Corre in Congresso il piano da 2000 miliardi di dollari per sostenere l’economia statunitense: sarà legge in settimana. Corre la popolarità del presidente Trump, mai così alta.

Fa un brusco tonfo, invece, il mercato del lavoro, dopo 113 mesi consecutivi di crescita ininterrotta. Le richieste di sussidi di disoccupazione aumentano di botto di circa tre milioni in una settimana, salgono da poche centinaia di migliaia a 3.328.000, un record battuto di quattro volte – 695mila nell’ottobre 1982 -. E furono 665mila nel marzo del 2009, al culmine della crisi finanziaria. Il tasso di disoccupazione, sceso al 3,5%, ai minimi dagli anni Sessanta, s’impenna.

La Casa Bianca minimizza, ma la Fed ammette che gli Usa potrebbero già essere in recessione. E Fitch calcola che il piano da 2000 miliardi farà salire il debito americano dal 100 al 115% del Pil nel 2020, stimando un deficit del bilancio federale in aumento dal 4,6 al 13% del Pil nel 2020. Fitch prevede una contrazione dell’economia del 3% negli Usa nel 2020, pur confermando il rating AAA degli Stati Uniti con outlook stabile.

Steven Mnuchin, segretario al Tesoro, trova “non rilevanti” i dati sulla disoccupazione: l’economia – dice – “è in salute e tornerà in salute”, citando la crescita del Pil del 2,1% nel quarto trimestre. E la Fed lancia un helicopter credit, ovvero un credito aperto all’economia: il piano da 2000 miliardi prevede 457 miliardi di dollari di rete di protezione per il credito erogato dalla Fed che di trasforma così, secondo alcuni analisti, da prestatore d’ultima istanza per le banche a banca commerciale d’ultima istanza per l’intera economia.

Wall Street ignora la gelata dell’occupazione e le previsioni sull’economia e vola, con il Dow Jones che chiude in rialzo del 6,24%, con un aumento del 20% nelle ultime tre sedute, uscendo dall’orso in tempi record. Vola anche il Nasdaq (+5,60%), mentre lo S&P 500 avanza del 6,13%, schizzando ai massimi delle ultime due settimane e chiudendo le sue migliore tre giornate dal 1933.

GpnewsUsa2020



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