Ancora una volta Nicolás Maduro sfrutta (o almeno ci prova) una drammatica situazione a proprio vantaggio. Di fronte alla minaccia della diffusione del coronavirus, il leader del regime venezuelano tenta di isolare ancora il Venezuela. Ieri, in un discorso alla nazione, ha annunciato la sospensione dei voli proveniente dell’Europa e dalla Colombia.
Sono vietati anche gli eventi e le concentrazioni pubbliche, il che significa che gli oppositori non potranno partecipare alle proteste organizzate dal presidente ad interim, Juan Guaidó. Maduro ha anche detto che probabilmente, in caso di necessità, saranno chiuse le frontiere con la Colombia e il Brasile e sospette le attività scolastiche.
Misure preventive attivate anche se in Venezuela non c’erano casi di coronavirus, fino ad oggi, quando il vicepresidente Delcy Rodriguez ha confermato che ci sono due contagiati a Caracas. Tuttavia, Maduro aveva spiegato che, visto l’annuncio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di considerare la pandemia per il Covid-19, “il virus potrebbe arrivare nel Paese in qualsiasi momento”.
Nelle ultime tre settimane, le autorità sanitarie venezuelane avevano analizzato 30 casi sospetti, tutti risultati negativi. Hanno acceso le polemiche alcune foto del sito La Patilla in cui si vede il personale del palazzo presidenziale Miraflores eseguire controlli per la prevenzione del Covid-19 senza guanti né mascherine.
Maduro ha anche dichiarato che il sistema sanitario venezuelano è in “emergenza permanente”, sostenendo che prenderà nuove misure in funzione di come si evolve la situazione. Ha anche approfittato dell’occasione per lanciare un appello agli Stati Uniti e chiedere la fine delle sanzioni internazionali.
Anche il presidente ad interim e presidente del Parlamento, Juan Guaidó, si è pronunciato ieri con un video postato su Twitter sulla crisi del coronavirus e la vulnerabilità del Venezuela, a causa dell’emergenza sanitaria del Paese negli ultimi anni.
“Siamo molto esposti – ha spiegato il leader dell’opposizione – e per questo dobbiamo prendere misure […] Sono a disposizione per interloquire con il mondo e con le organizzazioni sanitarie internazionali e chiedere sostegno per il nostro sistema ospedaliero che è distrutto”. Si è detto poi preoccupato per le misure prese dal regime perché “un’epidemia non si tratta con controllo politico né con silenzio, ma con medicine, medici e infermieri, con ospedali forniti e con un sistema sanitario che funziona”.
“È il momenti di permettere che entrino gli aiuti per il Venezuela – ha concluso Guaidó -, che sono stati coordinati dai nostri alleati del mondo libero. È il momento di garantire uno spazio umanitario reale”.