Il coronavirus continua a colpire duramente anche l’Iran. Negli ultimi giorni sono morte 117 (per un bilancio totale di 2757 persone dall’inizio dell’emergenza). Numeri confermati dal portavoce del Ministero della Sanità iraniano, Kianush Jahanpur, che ha presentato in tv un report sul numero di contagiati: 41.495.
Il rappresentante del governo iraniano ha ribadito l’appello di restare a casa per contenere un’ulteriore diffusione del virus. Inoltre, è stato istituto il Comitato Nazionale per la Lotta al Coronavirus, un ente guidato dal presidente Hassan Rouhani che ha come obiettivo fare fronte alla crisi sanitaria.
Il primo focolaio in Iran si è registrato nella città di Qom, per poi diffondersi in tutto il Paese, colpendo particolarmente la capitale Teheran e le province di Qom, Gilan, Isfahan, Markazi, Semnan e Alborz. Tuttavia, per altri istituzioni – come per esempio l’ufficio regionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – i numeri sono ben altri.
Secondo un’analisi del Centro Studi Internazionali (CeSI) intitolato “L’Iran alla prova della pandemia” a firma di Gianmarco Scortecci, “questa discrepanza potrebbe essere causata dalla volontà del governo di ridimensionare la portata dell’emergenza che il Paese sta attraversando, sia per ridurre il panico della popolazione sia per non doversi trovare ad implementare misure drastiche, come il lockdown di tutte le attività, che potrebbero acutizzare le ricadute economiche dell’epidemia”. Ad oggi il governo iraniano si è rifiutato di imporre la quarantena a persone e attività commerciali ed economiche.
L’emergenza coronavirus rischia di peggiorare un’economia già molto debole, come effetto delle sanzioni americane imposte all’Iran dopo il dietrofront sull’accordo nucleare. “I dati Onu avevano registrato una contrazione del Pil al 2% nel 2018 e una superiore al 7% nel 2019 – si legge sul report CeSi – i dati della Banca Mondiale avevano riportato addirittura un -8,7%). Le stesse Nazioni Unite prevedevano anche un nuovo calo del 2,7% per il 2020, stima che è destinata ad essere rivista al rialzo dopo il diffondersi dell’epidemia”.
In più, è previsto un aumento dell’inflazione del 32%. Il governo spera di rispondere con un pacchetto di aiuti di circa 5 miliardi di dollari che saranno chiesti al Fondo Monetario Internazionale: “La richiesta di aiuto mette in evidenza le difficoltà del governo nel gestire i possibili effetti dell’emergenza sanitaria sul sistema Paese. L’impossibilità di accedere ai circuiti finanziari internazionali, per effetto delle sanzioni, ha complicato la fornitura di aiuti da parte di interlocutori esterni”.
La situazione complessiva sta aumentando il profondo scontento nei confronti della politica interna. Non solo sono scoppiate nuove proteste dopo l’ammissione di responsabilità dell’abbattimento dell’aereo dell’Ukrainian Airlines, ma durante le elezioni parlamentari l’affluenza è arrivata ai minimi storici. “In questo contesto – spiega l’analisi -, l’inedita crisi sanitaria potrebbe acuire questo risentimento e trasformare la disaffezione politica in un più netto fattore di criticità per la stabilità politica interna”.
In Iran, dunque, l’emergenza sanitaria rischia di trasformarsi in una crisi di sicurezza. Ed è per questo che Khamenei ha scelto di coinvolgere i militari nelle azioni del Comitato Nazionale per la lotta al Coronavirus, affidando al capo di stato Maggiore della Difesa, generale Mohammad Bagueri, il coordinamento delle Forze Armate. In questo senso saranno mobilitati agenti delle forze militari, specialmente del corpo dei Pasdaran, più 100.000 Basij, la milizia paramilitare per l’ordine sociale. Il CeSI sostiene che il ruolo dei Pasdaran in questa crisi risponde “alla volontà della Guida Suprema non solo di incrementare la risposta delle autorità all’emergenza, ma soprattutto di affidare alle Guardie della Rivoluzione un compito tanto delicato quanto gestire in prima battuta la reazione della popolazione all’il sistema stesso della Repubblica Islamica, emergenza”. Il successo di questo compito potrebbe avere risvolti importanti nelle dinamiche interne in Iran.
“Per lo schieramento dei pragmatisti e riformisti di Rouhani – prosegue il report – la dubbia risposta all’emergenza potrebbe rappresentare lo svanire di un’ultima spiaggia nel tentativo di recuperare almeno parte del capitale politico perduto dalla coalizione che, con le ultime parlamentari, era scesa dal 41,7% al 6,9% dei consensi. Per l’eterogeneo fronte conservatore, l’epidemia potrebbe, invece, essere lo scenario chiave per delineare una più chiara gerarchia burocratica interna”.
Nuovi equilibri che saranno decisivi per l’appuntamento elettorale dell’anno prossimo, le elezioni presidenziali del 2020: “Il peso economico e sanitario della crisi sembra destinato a lasciare un segno che potrebbe avere ancora strascichi nel corso dei prossimi dodici mesi e che potrebbe trasformare, o fare evolvere, le rivendicazioni politiche e sociali avanzate dalla popolazione”. Con nuovi candidati e una nuova agenda politica.