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Domande e risposte

Ci interessa ciò che scrive Miatto, riprendendo Morin, riguardo alla capacità di formare, presso l’uomo, tanto una conoscenza empirica, logica e razionale, quanto una conoscenza simbolica, mitologica e magica (1).

È da qui, in questa nostra capacità, che emerge la dialogica domande/risposte e che si comprende quanto, misteriosamente, le risposte su di noi e sulla realtà non possano mai essere considerate definitive ma richiedano altre domande, che generano altre risposte, e così via. Lucebuio, le nostre risposte razionali non dissolvono, né risolvono, le domande di senso (che non sono solo nostre). Così si comprende che le risposte del governare vanno continuamente calate nelle domande di visione.

Circolo virtuoso, la dialogica domande/risposte ci mostra quando la presunta sufficienza della ragione sia continuamente problematizzata, anzitutto in noi, dall’emergere di altre domande che nascono nella parte simbolica, mitologica, magica di noi. E’ questa dialogica misteriosa, la nostra meravigliosa incertezza, che ci istituisce. Occorre (…) essere realisti nel senso pieno del termine, comprendendo l’incertezza del reale e sapendo che il reale comprende un possibile che non è ancora visibile, sottolinea Miatto (2). In sostanza, il fatto che quel possibile non sia ancora visibile non significa che non sia reale.

Per istituirci, occorre che, in ciascuno di noi, maturi un dialogo dialogale nell’incerto-di-realtà. Ascoltiamo Panikkar: Nessuna religione, ideologia, cultura o tradizione può ragionevolmente pretendere di esaurire la gamma universale dell’esperienza umana. Così il pluralismo, che va distinto dalla mera coesistenza di una pluralità di concezioni del mondo, è una necessità del nostro tempo. Pluralismo non significa una super-ideologia o un super-sistema; implica però, questo sì, una certa fiducia quasi mitica che altre prospettive possano esse pure essere plausibili (3).

Il nostro percorso di riflessione pone al centro l’educazione che, come già richiamato, qui si preferisce intendere come educ-azione, tensione nell’azione. Nota Miatto: (…) educazione in quanto percorso evolutivo di costruzione di identità personale, ancorato al divenire e alla possibilità di esistere in maniera totale, sviluppando l’intima profondità dell’uomo, rappresenta la scommessa su cui giocare il destino umano dentro a una Terra-Patria e a un’umanità in continua evoluzione (4).

Torna la tri-unità uomo/terra/cosmo (globale, partendo nel profondo). Torna, in essa, la nostra responsabilità globale, nella totalità. Possiamo scoprire il limite delle nostre risposte nella loro relatività rispetto a un tutto che non smette di superarci, alla quota di realtà che inevitabilmente ci sfugge. La realtà (ci) domanda, sempre un passo oltre rispetto a ciò che possiamo rispondere. Questo nostro limite, anziché viverlo come un sentirci inferiori rispetto alla realtà (da qui il volerla occupare, colonizzare, dominare), va vissuto come l’emergere di nuove possibilità nelle nostre potenzialità. Se fossimo del tutto capaci di rispondere al tutto, che senso avrebbe vivere ?

Va recuperato il nostro senso religioso. Se mai possiamo dirci compiuti, dice Panikkar, la religione viene (…) definita dalla funzione che intende svolgere: unire (religare) il punto x, la condizione umana attualmente esistente, al punto y, considerato come stato o meta finale della persona, dell’umanità o del cosmo. È evidente che ciò che crediamo di y condizionerà l’esperienza di x, e viceversa (5).

Ecco la sfida all’educ-azione e alla form-azione. Scrive Miatto che essa appare perseguibile percorrendo le vie della formazione al pensiero complesso, all’etica della re-liance, alla transdisciplinarietà tra i saperi, alla negoziazione tra le pratiche dell’agire, anche professionale, allo sviluppo delle interconnessioni tra le conoscenze e alla rivisitazione, infine, del rapporto tra i saperi generali e l’eccesso di specializzazione fondata su una idea riduttiva di scienza. È una sfida che tocca l’avere e l’essere dell’uomo, la sua conoscenza, il suo sapere, nonché le sue dimensioni fondative di carattere bioantropologico, socioculturale e noologico (6).

Si aggiungano due elementi fondamentali: dell’umiltà necessaria (se portiamo il tutto dentro di noi, ne restiamo comunque una parte) e della valorizzazione, in chiave progettuale, della creatività (fiamma nell’oltre-di-noi che non va mai spenta). Un ulteriore elemento, che rappresenta la frontiera di una educ-azione e di una form-azione nella persona, è l’auto-form-azione. Il “successo” degli educatori e dei formatori sta nel suscitare il bisogno di mantenere accesa la fiamma di (ri)nascere conoscenti nell’oltre-di-noi, religioso (del religare).

NOTE

(1) Si veda Enrico Miatto, Sulle tracce di un pensiero ri-formatore, in Giorgio Chiosso (ed.) Sperare nell’uomo. Giussani, Morin, MacIntyre e la questione educativa, SEI, Torino 2009, p. 163

(2) Enrico Miatto, op. cit., p. 166

(3) Si veda Raimon Panikkar, Vita e parola. La mia opera, Jaca Book, Milano 2010, p. 28

(4) Enrico Miatto, op. cit., p. 164

(5) Raimon Panikkar, op. cit., p. 27

(6) Cfr. Enrico Miatto, op. cit., pp. 164  e 165

(Professore incaricato di Istituzioni negli Stati e tra gli Stati e di History of International Politics, Link Campus University)

 

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