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5G, ecco cosa si muove oltre la Muraglia cinese

C’è futuro per le connessioni oltre la Muraglia cinese? A giudicare dalle ultime mosse in Occidente, sì.

Ericsson sostituirà la cinese Huawei nelle reti core di BT, il più grande operatore telefonico britannico ed ex monopolista di Stato, deciso ad allineare l’unità mobile alle politiche interne che consigliano l’esclusione di fornitori cinesi per le parti core. Il gruppo svedese – scelto in questi giorni anche dall’ente statale finlandese Erillisverkot per prodotti e soluzioni core 5G – ha battuto la concorrenza di Cisco e Nokia, come spiega il sito specializzato LightReading. Huawei continuerà comunque ad avere un ruolo nel mobile core di BT fino al 2022.

IL DIBATTITO BRITANNICO SU HUAWEI 

Il progetto prevede l’implementazione di una core network cloud native in versione dual mode (sia 4G sia 5G) e la scelta anti Huawei è in linea con le ultime tensioni politiche sul ruolo delle aziende cinesi nell’infrastruttura britannica. Basti pensare, come sottolineato da Formiche due giorni fa, a due segnali. Il primo è la nomina a capo dell’MI5, l’agenzia dei servizi per l’interno, di Ken McCallum, considerato un hardliner nei confronti della Cina. Il secondo: l’MI6, l’agenzia dei Servizi per l’Estero, ha avvertito Downing Street della “grave” manipolazione dei dati sui cittadini cinesi morti a gennaio e febbraio.

IL CAVO MUMBAI-GENOVA

Da Mumbai a Genova passando per Israele è, invece, il percorso della nuova fibra ottica di Google, Blue-Raman, così chiamata in onore del premio Nobel Venkata Raman. Il ramo Raman partirà dal porto di Mumbai, attraverserà l’Oceano Indiano e proseguirà in Oman, poi probabilmente in Arabia Saudita per arrivare nel porto giordano di Aqaba. Il ramo Blue partirà invece dal porto di Genova, attraverserà il Mediterraneo, Israele e finirà per collegarsi con il ramo Raman ad Aqaba. Un progetto di Google, Sparkle (di Telecom Italia) e Omantel da 400 milioni di dollari che dovrebbe raggiungere Israele nel 2022, scrive Haaretz.

Ci sono due ragioni geopolitiche dietro questo cavo sottomarino: collegare India e Est asiatico e bypassare l’Egitto, la cui instabilità politica rappresenta un punto debole per le connessioni mondiali visto che un terzo del mondo dipende da questo Paese per l’accesso a Internet. Perché spezzare il cavo in Blue e Raman? La ragione, anche qui, è geopolitica: evitare che lo stesso cavo colleghi Israele e Arabia Saudita, da tempi ormai sempre meno distanti ma un passo simile sarebbe davvero troppo dicono in entrambi i Paesi.

L’IMPORTANZA DEI CAVI

Ma perché sono così importanti i cavi sottomarini? Perché la quasi totalità delle comunicazioni passa per le connessioni fisiche sottomarine.  “Si tratta di un contesto”, spiegava Alessandro Aresu, direttore scientifico della Scuola di Politiche, al Sole 24 Ore pochi mesi fa, “in cui, da una parte, l’incremento della presenza nei submarine cable è complementare all’espansione via mare di Pechino; e che, dall’altra, dà inevitabilmente luogo allo scontro commerciale”.

“I cavi, di Google e degli altri attori possono esistere perché c’è qualcuno che li costruisce”, scriveva lo stesso Aresu su Limes. “Le principali società che svolgono questi compiti sono Alcatel Submarine Networks della francese Alcatel-Lucent (sotto proprietà finlandese di Nokia), Te SubCom (venduta nel 2018 dalla svizzera Te Connectivity al fondo americano Cerberus Capital Management, luogo di porte girevoli presieduto dall’ex segretario al Tesoro John Snow), la giapponese Nec Corporation, nonché Huawei Marine, joint venture nata nel 2008 da Huawei e la britannica Global Marine Systems”, spiegava Aresu concludendo l’articolo con un profetico “lo scontro tra Stati Uniti e Cina all’ombra dei cavi su cui cresce il corallo caratterizzerà i prossimi mesi e i prossimi anni”.

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