Cosi Morin: Che cos’è la nostra ragione ? E’ universale ? Razionale ? Non può trasformarsi nel suo contrario senza rendersene conto ? Non cominciamo forse a capire che la nostra credenza nell’universalità della ragione mascherava una mutilante razionalizzazione occidento-centrica ? Non cominciamo a scoprire di aver ignorato, disprezzato, distrutto tesori di conoscenza in nome della lotta contro l’ignoranza ? Non dobbiamo riconoscere che la nostra Era dei Lumi è in Notte e Nebbia ? Non dobbiamo rimettere in questione tutto ciò che ci sembrava evidenza e riconsiderare tutto ciò su cui si fondavano le nostre verità ? Abbiamo un bisogno vitale di situare, riflettere, reinterrogare la nostra conoscenza, cioè di conoscere le condizioni, le possibilità e i limiti della sua capacità di giungere a quella verità cui mira. Come sempre, la domanda preliminare sorge storicamente in ultimo, ed è nell’ora ultima del pensiero occidentale che la risposta – la verità – si trasforma infine in domanda (1).
A forza di voler estirpare quella che secondo noi è la barbarie, abbiamo creduto di inondare il mondo di civiltà. La ragione è diventata razionalizzazione. Non che, naturalmente, non esista il male; esso, però, è equamente distribuito tra chi attenta all’umanità in nome di una auto-proclamata superiorità (il male per il male, il male banale) e il male dell’assolutizzazione, anche di un bene che si trasforma nel suo contrario.
Così la ragione, prezioso tesoro che ci appartiene, può smarrire, come ha smarrito, il suo limite. Fino al punto, sostiene Morin, di diventare mutilante. L’inondazione del mondo da parte della ragione razionalizzatrice ha imposto una Conoscenza di Verità, con la “missione” di sconfiggere per sempre l’ignoranza. Non c’era alcun dubbio possibile, potremmo dire, di fronte alla Verità. E non c’era scampo, ad esempio, per chi era rimasto indietro nello sviluppo, come non sembra esserci scampo, oggi, per chi non è digitalizzato. Sono i “fuori dalla storia”, gli estranei a un movimento perenne che passa per mutilare i contesti cercando di omologarli senza conoscerli e, dunque, senza interrogarsi. Si tratta di un movimento auto-proclamatosi creatore di futuro e che, per quanto ovvio, aveva bisogno di dire che la storia era finita.
Nulla contro il pensiero occidentale. Qui siamo però, come nota Morin, nel pieno della sua de-generazione. Tornano le domande. E sarebbe meglio ascoltare le domande che ci vengono dall’umanità negata, da tutte quelle donne e quegli uomini che sono gli “scartati” della storia. Domande che si trovano nella realtà delle periferie esistenziali, luoghi che – per troppo tempo – abbiamo considerato alla stregua di effetti collaterali di uno sviluppo inarrestabile, impossibile da fermare. Senza capire, tra l’altro, che l’allargamento di quelle sacche di scarto avrebbe condannato alla precarietà la parte di mondo sviluppato che quello scarto aveva provocato e continua a provocare. Gli scartati, si diceva, sono tali perché non credono nello sviluppo (idea da (ri)pensare), perché ne rifiutano le magnifiche sorti e progressive.
Crediamo nell’urgenza di un lavoro di de-dogmatizzazione della ragione razionalizzatrice, operazione necessaria al fine di (ri)costituire i limiti alla ragione stessa. Ne viene che l’assolutamente evidente, secondo ragione, va problematizzato attraverso una profonda ricerca di senso in tutti gli ambiti. È la ragione razionalizzatrice che istituisce o è il mistero che la fa essere ragionevole ? Ci interessa il rapporto tra ragione e mistero, ciò che fa della ragione non una forma di Verità ma parte di ogni percorso (tensione) verso di essa, irraggiungibile con gli strumenti della ragione stessa. Una ragione limitata e, per questo, libera e che ci libera.
La verità è nel percorso verso la verità in ogni realtà, nel domandarci, a ogni nuovo passo, i sensi e i significati della nostra esistenza.
Ancora domande. Ascoltiamo Morin: La nozione di conoscenza ci sembra Una ed evidente. Ma, non appena la si interroga, ecco che esplode, si diversifica, si moltiplica in innumerevoli nozioni, ognuna delle quali pone un nuovo interrogativo (2).
NOTE
(1) Si veda Edgar Morin. Il metodo. La conoscenza della conoscenza. Raffaello Cortina Editore, Milano 2007, p. 6
(2) Edgar Morin, op. cit., p. 6
(Professore di Istituzioni negli Stati e tra gli Stati e di History of International Politics, Link Campus University)