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25 miliardi di dollari. Così Trump paga il conto alle compagnie aeree (e salva l’industria)

Venticinque miliardi di dollari per sostenere le compagnie aree nazionali. È quanto vale l’accordo raggiunto dal dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti con i vettori a stelle e strisce per garantire la sopravvivenza fino al prossimo settembre. Serviranno a rallentare una crisi che ha già raggiunto i costruttori. Dopo Airbus, anche Boeing ha infatti annunciato una drastica riduzione sulla produzione.

L’ACCORDO

L’accordo “in principio” riguarda dieci delle maggiori compagnie aeree americane e rientra nel pacchetto di aiuti da oltre 2 trilioni di dollari approvato dal Congresso alla fine di marzo per l’economia nazionale. Negoziato dal dipartimento del Tesoro, l’impegno dello Stato federale per i vettori aerei vale al momento oltre 25 miliardi tra liquidità diretta, prestiti e garanzie sui prestiti, con altri negoziati in corso per le compagnie cargo e i contractor del settore. Il principale obiettivo dichiarato dall’amministrazione è garantire alle aziende di pagare i dipendenti per i prossimi sei mesi.

LA SODDISFAZIONE DI TRUMP

“Le nostre compagnie aeree sono ora in buone condizioni e supereranno un periodo molto difficile che non è stato causato da loro”, ha detto Donald Trump in conferenza stampa commentando l’intesa. “L’accordo – ha aggiunto – supporterà i lavoratori del trasporto aereo, preserverà il ruolo vitale che i vettori giocano per la nostra economia e proteggerà i contribuenti”. Due esigenze (il sostegno al settore e il tentativo di non pesare troppo sulle casse pubbliche) in realtà di difficile bilanciamento, affidate nella loro gestione a Steven Mnuchin, segretario al Tesoro.

LO STALLO

Più di due settimane tra il pacchetto di aiuti e il raggiungimento dell’accordo con i vettori dimostrano infatti che i negoziati non sono stati semplici. Le compagnie avrebbero preferito sovvenzioni dirette senza obbligo di restituzione, mentre il dipartimento del Tesoro ha cercato di tenere la linea dura per “compensare i contribuenti”. Il risultato è un mix tra liquidità diretta e prestiti, rispettivamente pari al 70% e al 30% del supporto offerto alle compagnie.

QUOTE E PRESTITI

La quota maggiore, ha spiegato un funzionario del dipartimento del Tesoro al New York Times, non dovrà essere rimborsata poiché, andando a sostenere l’occupazione ed evitando dunque licenziamenti e cassa integrazione, alleggerirà di per sé i contribuenti. Il restante 30%, non andando a sostenere direttamente l’occupazione, dovrà essere restituito in dieci anni. Tra l’altro, per la parte di prestito che eccede i 100 milioni, il Tesoro riceverà fino al 10% in warrant, cioè la possibilità di acquistare (o vendere) quote delle compagnie aeree. Tale possibilità, anticipata già a fine marzo dal Wall Street Journal, dà l’idea del timore di un crollo del settore che circola oltreoceano. Difatti, sebbene l’intervento pubblico a favore delle compagnie sia piuttosto consueto nel nostro Paese, lo stesso non si può dire dell’alleato americano, tradizionalmente restio a iniziative di questo tipo.

GLI IMPEGNI DEI VETTORI

Oltre al warrant, nota oggi il New York Times, le compagnie aeree ammesse al supporto pubblico si impegnano a non tagliare gli stipendi fino a settembre, a fermare il riacquisto di azioni proprie, a sospendere il pagamento del dividendo fino a settembre 2021 e a porre limiti sui pagamenti dei vertici manageriale fino a marzo 2022. Impegni che riguardano i vettori maggiori, quelli che riceveranno un supporto superiore ai 100 milioni di dollari; per le altre (la maggior parte delle 200 richieste pervenute al Tesoro si aggirerebbe intorno ai 10 milioni) non sono richieste compensazioni.

GLI AIUTI PER LE COMPAGNIE

Nel dettaglio, dunque American Airlines ha raggiunto un accord per 5,8 miliardi, di cui 1,7 miliardi in prestiti a basso tasso di interesse. “Ora – ha commentato il ceo Doug Parker – crediamo di avere le risorse necessarie ad aiutarci ad affrontare la crisi”. Delta Airlines riceverà 5,4 miliardi, di cui 1,6 miliardi da restituire. Secondo il ceo Ed Bastian, insieme alla riduzione dei voli e al congedo volontario di 35mila dipendenti, basteranno per riuscire a “operare un minimo”. JetBlue riceverà 936 milioni di dollari, mentre mancano ancora le ufficialità per altre big. Stando alle anticipazioni del Wall Street Journal, la United dovrebbe ricevere 5 miliardi, mentre Soutwest Airlines 3,2.

IN ATTESA DELLA CRISI

Risorse importanti che però non riusciranno a scongiurare la crisi. Ieri, Alexandre de Juniac, numero uno dell’Associazione internazionale del trasporto aereo (la Iata riunisce 290 compagnie aeree) è tornato ad appellarsi ai governi di tutto il mondo. Secondo l’associazione, si rischiano di perdere 25 milioni di posti di lavoro tra aviazione e settori connessi, con ricavi per i vettori che potrebbero scendere in un anno di 252 miliardi di dollari, pari al -44% rispetto al 2019.

L’IMPATTO SUI COSTRUTTORI

A risentirne non sarebbero solo le compagnie aree. Queste ultime rappresentato la prima linea di un comparto ben più esteso, che passa dagli aeroporti e arriva ai costruttori (con ampie catene di fornitura), intrecciando con i settori del turismo e della difesa. Boeing ha annunciato ieri i numeri su ordini e consegne nel primo trimestre dell’anno. Ammontano in tutto a 50 velivoli commerciali a fronte dei 149 dello stesso periodo dello scorso anno. La cancellazione di 150 ordinativi per il 737 Max (già in difficoltà da un anno dopo due gravi incidenti) ha reso il mese di marzo il peggiore dell’ultimo decennio. Notizie che si sommano a quanto annunciato la scorsa settimana del competitor europeo Airbus sul taglio della produzione pari a un terzo.

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