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Biden in testa come Hillary. Buone e cattive notizie per i Dem (e per Trump)

La buona notizia, per Joe Biden, candidato democratico alla Casa Bianca, è che i sondaggi lo danno in testa in Stati cruciali, come la Florida, il Michigan, la Pennsylvania. La cattiva notizia è che, quattro anni or sono, in quegli stessi Stati, Hillary Clinton era in testa con un vantaggio più netto su Donald Trump e poi, nell’Election Day, non ne vinse neanche uno, perdendo la presidenza.

Numerosi americani non hanno più fiducia nella gestione dell’emergenza coronavirus da parte del magnate presidente, ma la spaccatura dell’elettorato, mai così forte in passato, fa sì che il tasso di approvazione di Trump sia sceso solo di pochi punti. Inoltre, il sistema dei Grandi Elettori gioca a favore dei repubblicani, i sondaggi nazionali hanno scarso significato e quelli statali non sono sempre affidabili.

Ed eccoci all’ipotesi che Trump ottenga di nuovo la presidenza, perdendo di nuovo il voto popolare: se accadesse, sarebbe la terza volta su sei elezioni nel XXI Secolo, sempre a vantaggio di un repubblicano; e Trump diventerebbe il solo presidente eletto due volte senza maggioranza popolare.

Prospettive relativamente lontane, all’inizio di una settimana che, sul fronte coronavirus, vedrà numerosi Stati allentare il lockdown e riprendere attività economiche non essenziali. Per ora, Trump è impegnato nella lotta al contagio e nella guerra ai giornalisti, la cui ostilità – sostiene – lo ha indotto a abbandonare i briefing quotidiani sulla pandemia. Che, ieri, con 1.330 vittime, ha segnato una giornata meno tragica della media dell’ultima settimana. I dati della Johns Hopkins University dicono che il totale dei decessi sfiora i 55 mila e i casi di contagio superano i 965 mila.

Con una raffica di tweet, Trump ha ieri ha difeso il suo operato, accusando i media di raccontare falsità sul suo conto: “Tutti quelli che mi conoscono sanno che sono un instancabile lavoratore, da presto la mattina fino a notte fonda, e che non lascio la Casa Bianca da mesi”, mentre “reporter di serie C, che non sanno niente di me”, scrivono “storie fasulle”: tipo che “la sera me ne starei a mangiare hamburger e a bere Diet Coke”.

Ma siccome al magnate essere preciso risulta difficile, anche le filippiche anti-giornalisti hanno qualche sbavatura: Trump critica il comitato del premio Nobel per il riconoscimento, a suo dire, dato ai media e ai giornalisti che si sono occupati del Russiagate; ma è noto che non c’è un Nobel per il giornalismo — nel 2019 il Pulitzer è stato assegnato a media e cronisti per storie sul magnate, ma non sul Russiagate.

Quisquiglie, rispetto alla tempesta suscitata dai consigli ‘terapeutici’ forniti dal presidente, che hanno effettivamente innescato l’abbandono dei briefing. Anthony Fauci, il virologo più prestigioso dell’Unione, insiste che bisogna almeno raddoppiare i test prima di rimettere in moto il Paese. Parlando al meeting annuale della National Academy of Sciences, l‘infettivologo ha sostenuto che gli attuali circa 1,5-2 milioni di test a settimana non bastano: “Bisogna isolare i contagiati perché non infettino gli altri e riportare la situazione sotto controllo, se vogliamo tornare alla normalità”. Bruciare le tappe delle riaperture, ha detto, “porterà quasi certamente a un rimbalzo dei contagi”.

Festa di compleanno, ieri, alla Casa Bianca: Melania Trump ha compiuto 50 anni – l’ex modella è nata a Nova Mesto, in Slovenia, il 26 aprile 1970 –, insieme al marito e al figlio adolescente Barron, 14 anni. Su Twitter, Donald scrive: “Buon compleanno alla nostra grande first lady”, senza postare foto. I due coniugi hanno stanze separate e si mostrano in pubblico insieme sempre più raramente.

 

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