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La virata di Bolsonaro sul coronavirus. Sfide e timori del Brasile

Il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro, sorprende ancora. Ieri ha dichiarato che la pandemia di coronavirus rappresenta la più grande sfida per questa generazione, nonostante all’inizio della crisi avesse criticato chi esagerava con le misure contenitive sostenendo che il virus era “una piccola influenza”.

Bolsonaro ha detto che l’emergenza sanitaria non deve danneggiare l’economia del Brasile, ma bisogna tenere conto del rischio di diffusione del virus: “Il Brasile è progredito molto negli ultimi 15 mesi, ma ora stiamo affrontando la più grande sfida della nostra generazione […] Abbiamo una missione, salvare vite umane senza dimenticare il lavoro. Da un lato dobbiamo stare attenti, prendere precauzioni con tutti, specialmente con gli anziani e coloro che soffrono di malattie croniche. Dall’altra parte, dobbiamo combattere la disoccupazione che sta crescendo rapidamente, specialmente tra i più poveri”. Per lui “l’effetto collaterale delle misure adottate per combattere il coronavirus non può essere peggiore della malattia stessa”.

Intanto, la situazione Covid-19 in Brasile peggiora ancora. Il Ministero della Salute ha confermato la morte di 201 pazienti positivi, di cui la metà nella città di San Paolo. Il totale di casi è 5.812. Alle autorità sanitaria preoccupa la diffusione veloce del virus: i primi mille casi infatti si sono sviluppati in 25 giorni mentre i giorni successivi il numero è salito a 2000 contagi. La curva accelera, insieme al timore che il coronavirus arrivi nelle zone più disagiate e con mancanza di assistenza sanitaria, acqua e servizi igienici.

Si è già registrato il primo caso tra le 300 tribù indigene del Brasile: una diciannovenne di un villaggio della foresta pluviale amazzonica che ha viaggiato lungo il fiume in diversi villaggi ed è rientrata a casa con febbre, mal di gola e dolori al petto.

I brasiliani sono preoccupati e molto arrabbiati per la gestione dell’emergenza da parte del governo. In un report dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi) intitolato “Brasile: Bolsonaro cambia idea”, si legge che “nelle grandi città le parole del presidente sono state accolte da concerti di pentole sui balconi, le cosiddette ‘caceroladas’ inscenate dai cittadini che ne chiedono le dimissioni”. Bolsonaro è entrato in polemica anche con i ministri del governo, in particolare con il titolare del dicastero della Salute, Luiz Henrique Mendetta, che aveva consigliato la distanza di sicurezza per contenere il contagio. Secondo i dati del sito O Globo, circa il 60% dei brasiliani non ha ascoltato le parole di Bolsonaro che minimizzavano il virus e sono rimasti a casa.

“Man mano che il virus si propagava nel mondo, con il suo drammatico bilancio di morte, il più grande Paese dell’America Latina ha messo in atto una campagna di disobbedienza civile senza precedenti, sostenuta dai leader religiosi, media e amministratori locali – racconta l’Ispi -. Al momento, solo tre stati su 26, Rondônia, Roraima e Mato Grosso, in cui risiedono circa 5 milioni di brasiliani su un totale di oltre 200 milioni, hanno seguito le indicazioni del presidente evitando le misure di lockdown”.

Anche in Brasile il coronavirus ha scatenato uno scontro tra il governo centrale e le autorità municipali e statali. L’Ispi sottolinea come “João Doria, il governatore dello stato più popoloso ed economicamente importante del Brasile, San Paolo, ha mantenuto una rigorosa quarantena e sfidato apertamente Bolsonaro, dicendo ai suoi 44 milioni di cittadini di non seguire le sue indicazioni. Il governatore dello stato di Rio de Janeiro, ed ex alleato del presidente, Wilson Witzel, si è spinto oltre, ipotizzando per il capo di Stato un’incriminazione alla Corte penale internazionale dell’Aia”.

Ma la perdita di consenso popolare di Bolsonaro si deve non solo all’epidemia Covid-19, che già a febbraio era ai minimi. “Il suo governo non è riuscito a risollevare l’economia dallo stallo – spiega il focus Ispi – e il 2020 avrebbe dovuto essere l’anno di una ripresa della crescita al 2% dopo la crisi del 2015-2016, la peggiore degli ultimi 50 anni. Il tasso di disoccupazione è quasi dell’11% e si stima che circa 40 milioni di persone lavorino nell’economia informale”.

Antonella Mori, head del programma America Latina dell’Ispi, ricorda il prossimo appuntamento elettorale in Brasile, le elezioni municipali: “Un vero e proprio referendum che, nel caso di una crisi economica con gravi implicazioni sociali, porterebbe alla sconfitta della destra. Tra i motivi che hanno spinto il presidente Bolsonaro a minimizzare i rischi della pandemia c’è sicuramente quello di evitare una sicura recessione in un anno elettorale”. L’ago della bilancia saranno, secondo l’analista, “le riforme, in particolare quella tributaria e del lavoro per cui, il 2020 sarà sicuramente un anno perso”.

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