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Conte, Merkel e la partita dell’unità europea. L’analisi di Forte

Di Aldo Forte

Per dare la misura delle attuali divisioni tra i governi comincio con una riflessione fattami da un funzionario europeo di lungo corso: il vertice di giovedì si è concluso con una semplice dichiarazione del presidente Michel anziché con la dichiarazione congiunta sottoscritta da tutti i Paesi Membri. L’ultima volta che è accaduto è stato cinque anni fa, quando il Consiglio elesse come suo presidente il polacco Tusk in risposta alle posizioni antieuropeiste del presidente Kaczynski, il quale, non potendo chiaramente accettare un presidente del Consiglio europeo polacco contro il governo della sua Polonia votò contro. Da allora, anche nei momenti più difficili come durante la crisi per i rifugiati si è sempre trovato un accordo.

D’altronde che il vertice fosse uno dei più complessi della storia dell’Unione è stato testimoniato da uno dei primi interventi, quello della Lagarde che ha annunciato un calo del PIL nell’Eurozona a seconda dei vari scenari tra il 9 ed il 15% (FMI prevedeva due settimane fa il 7,5% e nel 2009 fu del 4,5%) ed ha accusato velatamente i Governi per i ritardi che si registrano e l’inconsistenza delle risposte sin qui date al di fuori del suo quantitative easing.

Il gelo è calato nella sala virtuale. L’unico risultato concreto del vertice è stato l’approvazione delle misure già concordate nell’Eurogruppo del 9 aprile (SURE, Fondo BEI e nuovo MES).

Per il resto è servito solo a prendere tempo dando l’incarico a von der Leyen di proporre un nuovo Quadro Finanziario Pluriennale all’interno del quale si incardini il Recovery Fund. A tal riguardo si è registrato anche un siparietto tra la vdL e Merkel che si è fatta ripetere la scadenza e poi con tono ironico si è raccomandata con la Presidente della Commissione: “Mi raccomando non ti dimenticare di parlare con noi”. Giusto per ribadire le gerarchie.

La discussione si è incentrata sulla quarta gamba del pacchetto di misure messe in campo dall’Unione: il Recovery Fund, ma al momento con scarso successo visto che restano ancora da chiarire: la dimensione, le modalità di finanziamento, l’utilizzo, il periodo e la misura in cui incorporare un trasferimento fiscale.

Al momento la sola certezza è che trarrà la sua fondatezza giuridica dall’art 122 del TFUE, questa scelta imposta dai tedeschi non rende semplice la previsione di grandi trasferimenti macroeconomici, infatti uno degli scontri più accesi è stato proprio sull’equilibrio tra grants e loans. Anche su questo è stato dato mandato alla Commissione di elaborare una proposta che dovrebbe prevedere l’entrata in vigore almeno dei prestiti entro la fine di giugno, come soluzione ponte fino a quando non saranno disponibili anche i contributi a fondo perduto da gennaio con l’entrata in vigore del nuovo MFF.

I tedeschi non vogliono che questa trattativa ricada nel loro semestre che inizia il prossimo luglio ed è per questo che si è dato mandato alla Commissione di presentare una nuova proposta entro il 29 aprile cosi che possa essere approvata dal Consiglio nel mese di giugno, questa volta però sarà indispensabile la presenza fisica dei capi di stato e di governo.

La proposta sarà radicalmente diversa da quella bocciata in febbraio, si parla di 2-2.5 trilioni e sarà composta non solo dai trasferimenti degli Stati membri, che per questo dovranno ulteriormente indebitarsi, ma anche attraverso degli strumenti finanziari che la Commissione tra l’altro, emette già da anni con finalità specifiche. Infatti, grazie alle garanzie legali date dagli Stati, la Commissione potrà raccogliere fondi anche sul capital market (ma non chiamiamoli Coronabond).

Rispondere in questo modo alla crisi mettendo al centro il bilancio dell’Unione oltre a rappresentare un elemento di forte discontinuità rispetto all’approccio avuto con la crisi del 2009, assegna un ruolo di primo piano alla Commissione ed al Parlamento che, da questo momento in poi dovranno imprimere una risposta comunitaria, rispetto all’approccio competitivo privilegiato fino ad ora con la deroga agli aiuti di stato e dalla sospensione del Patto di Stabilita.

Per questo si sta già lavorando ad un notevole incremento del Fondo di Coesione ed alla costruzione un nuovo strumento, il BICC che mira ad agevolare la convergenza tra le economie della zona euro e finanzierà pacchetti di riforme strutturali ed investimenti pubblici.

Politicamente il Vertice ha sancito questa nuova Alleanza del Sud che, nonostante le difficoltà, sta reggendo ed ottenendo qualche piccolo passo in avanti rispetto agli obiettivi inizialmente posti così come il premier Conte, nonostante le divisioni della sua maggioranza e la spada di Damocle rappresentata da alcune posizioni ideologiche del M5S, si è ritagliato oggettivamente un suo ruolo nel panorama europeo grazie anche al prezioso lavoro degli ambasciatori Benassi e Massari.

Ma l’effetto politico più evidente prodotto dall’emergenza del coronavirus è senza dubbio la ritrovata leadership di Angela Merkel: ha guidato sin qui senza indugi il suo paese attraverso la crisi limitando il numero di morti, riducendo al minimo i disagi per la popolazione e soprattutto gli effetti negativi sull’economia.

Quando Kramp Karrenbauer suo successore designato, due mesi fa fu costretta alle dimissioni dalla segreteria della Cdu dopo l’accordo in Turingia con la destra di Alternative fur Deutschland, in molti iniziarono il conto alla rovescia per una fine anticipata del suo ultimo mandato, oggi invece la Cancelliera è più forte che mai con gli ultimi sondaggi che le danno una popolarità oltre l’80%.

A Bruxelles la sua sfida è più complessa ma comunque è sempre lei il punto di sintesi tra le varie posizioni in campo: ha indicato l’uscita attraverso la “solidarietà” permessa dall’art. 122 del Trattato, ma si opposta in maniera decisa agli eurobond. E’sempre lei a dettare i tempi chiamando in causa ora la Commissione, ora il Consiglio ora l’Eurogruppo aspettando il momento in cui il picco dell’emergenza sanitaria e con esso il carico di emotività che si porta dietro e maturi il momento per la sua soluzione.

Si racconta che alla vigilia dell’attacco dell’Invencible Armada di Filippo II, l’alchimista di corte incalzato da Elisabetta I le rispose che non era in grado di predire l’esito dell’imminente battaglia ma l’unica cosa di cui era certo era quando infuria la tempesta ogni uomo agisce seguendo quella che è la sua natura, alcuni restano muti, altri fuggono, altri si nascondono, altri ancora spiegano le loro ali come aquile e si librano in volo. Ed Angela potrebbe aver iniziato il suo verso il suo V mandato.

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