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Il trasporto aereo crolla. Ecco come aziende e Stati corrono ai ripari

Centodieci miliardi di euro. A tanto potrebbero ammontare le perdite nel 2020 per l’aviazione civile del Vecchio continente, tra compagnie aree, aeroporti e fornitori di servizi. La nuova (drammatica) stima arriva da Eurocontrol – l’organizzazione europea per la sicurezza della navigazione aerea – e si va a sommare agli appelli di tanti vettori e associazioni di categoria. Chi raccoglie l’appello è il governo francese, che ha messo ben 7 miliardi di euro a disposizione di AirFrance-Klm per far fronte alla crisi. Nel frattempo, la crisi si è però già allargata ai costruttori. Se i vertici di Boeing preannuncia ai soci la crisi, quelli di Airbus preparano i dipendenti a misure drastiche.

DUE POSSIBILI SCENARI

Sono in particolare due gli scenari possibili per l’Europa secondo Eurocontrol, entrambi duramente negativi. Il primo considera l’introduzione di procedure comuni tra gli Stati europei per vettori e aeroporti al fine di affrontare la pandemia. Il secondo tiene invece conto di come sarebbe la ripresa senza un coordinato approccio normativo. Nel primo caso, la riduzione di voli nel 2020 rispetto all’anno precedente sarebbe del 45%, pari a 5 milioni. Nel secondo, si attesterebbe a -57%, circa 6,2 milioni di voli. L’avvertimento di Eurocontrol è chiaro: “Se le compagnie devono rispettare un pacchetto di regolamenti alla partenza e uno differente quando il volo arriva in un altro Stato, ciò sarà particolarmente oneroso per il settore”.

LE MISURE

Ad aprile, la riduzione su base annual rispetto allo stesso mese del 2019 è dell’89%. Nel caso non si introducano norme condivise, secondo Eurocontrol tale percentuale resterà fissa anche per i prossimi mesi, tornando ad abbassarsi solo a luglio (-85% rispetto al 2019) per chiudere l’anno a un -30%. Se, invece, gli Stati concordassero norme comuni relative a sicurezza, sanificazione e distanziamenti per voli e aeroporti, già a maggio si potrebbe raggiungere il -85%, così da arrivare a dicembre a un -20% che, per quanto confortevole rispetto all’altro scenario, resta piuttosto drammatico. “La differenza tra i due scenari è significati e mostra che lo sviluppo di un approccio comune è vitale per minimizzare l’impatto e il costo della pandemia”, spiegano di esperti.

LA RIPARTENZA

L’analisi di Eurocontrol si basa sui dati relativi ai voli, sulle stime elaborate dalle altre organizzazioni internazionali (Iata, Icao, Fmi) e sugli input delle compagnie aree, pur ammettendo di non poter prevedere quanto e come resteranno in vigore le misure di lockdown nei vari Paesi. Il riferimento principale è dunque all’esperienza cinese, avanti nella ripartenza di qualche settimana rispetto al Vecchio continente. In tal senso, spiegano gli esperti di Eurocontrol, “assumiamo che il traffico intra-europeo ripartirà prima”, mentre solo dopo si attende una ripresa dei numeri relativi ai voli intercontinentali. In ogni caso, la perdita totale per il settore europeo è stimata in circa 110 miliardi di euro. Per ora di certezze ce ne sono poche, se non quella dell’apertura di una crisi ben più profonda di quella che seguì l’11 settembre o la crisi finanziaria del 2008-2009.

L’APPELLO DELLE COMPAGNIE

È per questo la Iata (che riunisce 290 compagnie aeree) pubblica ormai con scadenza settimanale appelli ai governi di tutto il mondo per misure di sostegno fattivo all’aviazione civile. Si chiedono supporto finanziario diretto, garanzie ai prestiti e sgravi fiscali come quello già introdotto da Eurocontrol (ha differito il pagamento di 1,1 miliardi di euro dovuti dai vettori per i servizi di gestione del traffico). A rischio, spiega la Iata, ci sono 25 milioni di posti di lavoro in tutto il mondo, 5,6 dei quali in Europa, mentre i ricavi annuali dei vettori rischiano di scendere di 252 miliardi di dollari, -44% rispetto al 2019. La strada suggerita è quella scelta dagli Stati Uniti. Ormai due settimane fa, l’amministrazione Trump ha trovato l’accordo con le maggiori compagnie nazionali per un sostegno 25 miliardi tra liquidità diretta e prestiti ( anche con possibilità di acquisire quote delle aziende).

LE MISURE DI PARIGI

Su questa strada si è inserita anche la Francia. È arrivata oggi notizia di 9 miliardi di euro che i governi di Parigi e l’Aia stanno mettendo a disposizione del vettore franco-olandese Air France-Klm. Con l’esecutivo olandese sarebbero ancora in corso trattative per circa 2 miliardi, mentre 7 miliardi sono già stati previsti dai transalpini. Si tratta di per lo più di prestiti garantiti al 90% dallo Stato, sottoscritti dalla compagnia aerea con sei istituti di gradito. Lo stesso gruppo ha spiegato che il sostegno pubblico resta subordinato “all’approvazione della Commissione europea”, evidenziando comunque che servirà per “adattarsi a un settore che sarà gravemente compromesso dalla crisi globale”. I 7 miliardi francesi sono già stati oggetto di alcune critiche oltralpe. Scara, che raggruppa alcune compagnie aree minori, ha chiesto la stessa attenzione per i vettori più piccoli, presentando una proposta per un fondo da 1 miliardo.

LA RICHIESTA DI ASSAEROPORTI

Misure a cui guarda anche il comparto italiano. Un appello al governo è arrivato la scorsa settimana da Assaeroporti. Solo a marzo, gli scali della Penisola hanno perso più di 11,5 milioni di passeggeri, con una flessione pressoché del 100%. Rispetto alle previsioni pre-Covd-19 (si parlava di 200 milioni di passeggeri) il 2020 potrebbe chiudersi con una perdita di 120 milioni in meno. Tutto questo si traduce in una contrazione del fatturano attesa di 1,6 miliardi di euro, con entrate che faticano a coprire i costi e l’abbattimento degli investimenti precedentemente previsti. È così che è scattata la cassa integrazione per 10mila lavoratori, pari al 95% dei dipendenti del settore aeroportuale. Per questo, l’associazione ha chiesto al governo interventi di carattere economico ma anche chiarezza sulle misure per la ripartenza. Qui l’appello si intreccia a quello di Eurocontrol: serve coordinamento a livello europeo e internazionale.

LA LETTERA DI AIRBUS…

Ma dagli aeroporti ai costruttori di aeromobili il passo è davvero breve. I due colossi globali, l’americana Boeing e il gruppo franco-tedesco Airbus, sono entrambi alle prese con una crisi annunciata. Due settimane fa, mentre Boeing annunciata il drastico calo di ordini e consegne nel primo trimestre dell’anno, il competitor Airbus spiegava il taglio della produzione pari a un terzo. Oggi, la stampa d’oltralpe ha riportato alcuni estratti della lettera che il ceo del gruppo franco-tedesco Guillaume Faury avrebbe inviato qualche giorno fa ai dipendenti: “Se non si interviene ora, il futuro della società potrebbe essere in dubbio”. Il riferimento è anche al governo di Parigi, a cui (stando a indiscrezioni di stampa) Airbus si sarebbe rivolta per avere un supporto diretto.

…E I TIMORI DI BOEING

Le dichiarazioni di Faury fanno il paio con quelle dell’omologo di Boeing David Calhoun, rivolte oggi ai soci dell’azienda: “La crisi sanitaria è diversa da qualsiasi altra cosa che abbiamo mai vissuto”. Di più: “Ci vorranno anni prima che si ritorni ai livelli pre-pandemici”, e quando la situazione si stabilizzerà “il mercato commerciale sarà più piccolo e le esigenze dei nostri clienti saranno diverse”. Sul tavolo del management ci sarebbero tagli alla produzione e licenziamenti, misure per molti inevitabili a fronte della riduzione degli ordini, tra l’altro già a dura prova per la vicenda relativa al 737 Max, a terra da oltre un anno dopo i due gravi incidenti con 346 vittime.

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