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Le Forze armate ci difendono dal virus (e vanno sostenute). La sen. Garavini ci spiega come

La capacità operativa delle nostre Forze armate, evidente anche in questa crisi da Covid-19, “non può essere data per scontata”. Essa richiede “un’adeguata programmazione e adeguate risorse”, pensando sin da subito a come rilanciare il settore quando l’emergenza sarà finita, tra una legge che assicuri stabilità finanziaria e un rinnovato protagonismo nella nascente Difesa europea. Parola di Laura Garavini, presidente della commissione Difesa di palazzo Madama e vice presidente del gruppo Italia Viva. Formiche.net l’ha raggiunta per commentare il contributo della Difesa nella lotta alla pandemia, ma anche per capire come sostenere un settore strategico in vista dell’annunciata crisi economica.

Presidente, in prima linea in questa emergenza ci sono anche le Forze armate. Come valuta tale contributo?

L’intervento delle Forze armate, e in particolare dell’Esercito, in questa crisi, ha dimostrato, una volta di più, la capacità di risposta della nostra Difesa a tutela della nostra sicurezza. A sostegno dello sforzo comune contro l’epidemia è stato impiegato l’intero dispositivo di Strade sicure. Inoltre, donne e uomini della sanità militare a supporto delle strutture ospedaliere, nonché medici, infermieri e tecnici di laboratori militari. Sono stati anche convertiti diversi stabilimenti militari alla produzione di dispositivi medici.

Che segnale è?

Il tipo di intervento effettuato – in coordinamento con il dipartimento della Protezione civile, i ministeri degli Esteri e della Salute e con le altre forze di Polizia – attesta, una volta di più, alcune caratteristiche del nostro strumento militare. Da un lato, la capacità operativa e di mobilitazione in assoluta autonomia di assetti sia civili che militari, in tempi rapidissimi, anche in risposta a esigenze di sicurezza del tutto impreviste. Inoltre, la capacità di cooperare e di integrarsi con le altre risorse del territorio, siano esse forze di polizia, operatori sanitari, tecnici di laboratorio e medici o infermieri. E poi dimostra il fatto di quanto la nostra Difesa sia in grado, anche in condizioni critiche, di poter svolgere un ruolo centrale a difesa della sicurezza collettiva. Questo ci deve indurre ad alcune riflessioni.

Quali?

La capacità operativa delle nostre Forze armate non può essere data per scontata. Richiede un’adeguata programmazione e adeguate risorse. Innanzitutto, è necessaria una riflessione sul ruolo che vogliamo assegnare alle nostre Forze armate. Negli ultimi anni l’operazione Strade sicure è stata impiegata in compiti molto diversificati e spesso inusuali per le Forze armate stesse. Se ne è previsto il dispiegamento in più occasioni: dal Giubileo, all’Expo 2015, dai cantieri della Salerno-Reggio Calabria, alla terra dei fuochi, fino all’ipotesi di sistemare le buche di Roma, con la tendenza ad assegnare sempre maggiori compiti e sempre più diversificati. Correndo un rischio: che si arrivi a considerare le Forze armate come una sorta di passepartout per ogni evenienza. Al contempo si tende spesso a tralasciare una riflessione approfondita su quello che dovrebbe essere il nostro modello di difesa. Il che presupporrebbe una logica conseguenza: interrogarsi su quali misure sarebbero necessarie per il migliore adeguamento del nostro sistema di difesa e sicurezza e del nostro strumento militare.

A proposito di misure, lei ha recentemente sostenuto la necessità di rivedere la riduzione degli organici delle Forze armate prevista dalla legge 244 del 2012. Perché?

La legge 244/2012 ha inteso rivedere l’assetto strutturale e amministrativo della nostra difesa, riducendone anche gli organici, con l’obiettivo di realizzare uno strumento militare più snello, ma maggiormente efficiente. In particolare, il ridimensionamento delle Forze armate a 150mila unità avrebbe dovuto consentire di avvicinarsi alla ripartizione di bilancio considerata ottimale, cioè il 50% della spesa per il personale, il 25% della spesa del comparto difesa per il mantenimento delle strutture ed il restante 25% per gli investimenti. A distanza di sei anni dai decreti discendenti di quella legge, credo di poter constatare che la legge non ha raggiunto gli obiettivi che perseguiva. Anzi. A fronte delle serie difficoltà riscontrate dai vertici delle Forze armate per la riduzione degli organici, la spesa per il personale è addirittura aumentata, arrivando nell’ultima legge di bilancio al 74% (anziché il 50%).

Quindi?

Quindi, in attesa di una riflessione su compiti e funzioni delle nostre Forze armate, e soprattutto sul livello di ambizione del nostro modello di difesa, ritengo che vada innanzitutto salvaguardata la capacità operativa del nostro strumento militare, ad esempio, provvedendo, come primo obiettivo, a prorogare il termine fissato dalla 244 per la riduzione degli organici.

Non ritiene che sia prioritario innanzitutto aumentare gli investimenti per non rischiare di distorcere ulteriormente il bilancio (tra personale, esercizio e investimento)?

Le risorse stanziate in bilancio per la programmazione pluriennale degli investimenti per la difesa vanno nella direzione giusta, considerando anche i fondi Mise. Ritengo che si debba puntare ad una strategica qualità della spesa. Anche qui, la nostra programmazione in materia di investimenti, dovrebbe tenere conto di vari fattori, fra cui, in particolare, una migliore valorizzazione del nostro Paese all’interno dei vari scenari internazionali. Serve, ad esempio, essere protagonisti nell‘utilizzo dei diversi programmi legati alla difesa comune europea, ed in particolare al Fondo europeo della Difesa (Edf) che, in attesa dell’approvazione del bilancio Ue, intende finanziare con fondi comuni l’innovazione tecnologica e la cooperazione nel settore della Difesa europea.

Nelle sue linee programmatiche, il ministro Guerini ha evidenziato l’esigenza (ribadita la scorsa settimana dal sottosegretario Tofalo alla Camera) di uno strumento pluriennale per garantire stabilità ai finanziamenti per il comparto. C’è margine per lavorare in questa direzione?

Non c’è dubbio che una legge pluriennale per gli investimenti della Difesa, di solito indicata nella durata sessennale, consentirebbe di dare maggiore stabilità e certezza alla programmazione in materia di difesa e quindi sia alle nostre Forze armate, sia alle realtà industriali coinvolte, mantenendo saldo il controllo del Parlamento. È una proposta sensata, di cui ci sarebbe bisogno e che era già contenuta nel Libro bianco della scorsa legislatura e nel conseguente disegno di legge, poi non arrivato a definizione.

E ora?

Ora occorrerebbe costruire il consenso su tale strumento, anche se le ripercussioni economiche e finanziarie della crisi di oggi non faciliteranno il compito. Per l’immediato, ritengo opportuno creare un fondo dedicato ai progetti da implementare in sede del Fondo europeo della Difesa, e quindi potenzialmente oggetto di cooperazione comune, al fine di evitare che l’intermittenza degli stanziamenti comprometta priorità da tempo acquisite.

Le risorse attese per l’Edf potrebbero però subire riduzioni nel corso dei complessi negoziati sul prossimo quadro finanziario dell’Ue. È un rischio?

I negoziati sull’approvazione del Bilancio europeo per il 2021 sono in una fase di stallo. E, anche qui, l’insorgere della crisi epidemica ha sovvertito le priorità. Credo che, nonostante tutto, sia essenziale garantire le risorse previste per l’Edf senza prevedere decurtazioni. Il Fondo rappresenta uno dei presupposti per realizzare un’effettiva difesa comune, fattore che ritengo decisivo per il futuro dell’Unione europea.

Anche il comparto dell’aerospazio e difesa teme la crisi post-Covid-19. Quali misure possono essere messe in campo per il settore?

Vedo un pericolo: che una volta passata l‘emergenza da coronavirus – cosa che mi auguro possa avvenire il più presto possibile – nella percezione collettiva le spese per la difesa vengano giudicate superflue o non necessarie. Condizionando in questo senso anche parte della politica. Sarebbe un errore gravissimo, che non ci possiamo permettere. Se è giusto che da settimane a questa parte l‘epidemia da Covid-19 monopolizzi l‘attenzione dei media, della politica e della cittadinanza, è anche vero che il decisore pubblico deve essere in grado di guardare oltre l’immediatezza, tenendo sempre presente i vari fronti di instabilità e la necessità di garantire capacità di gestione e contenimento delle crisi.

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