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Per gestire l’emergenza serve un Comitato di ministri. L’opinione del gen. Tricarico

La risposta a una emergenza non può che essere una sorta di riflesso condizionato nell’assunto che non ci si può permettere, in condizioni di urgenza, il lusso di progettare con il treno in corsa, i giusti interventi riparatori.
È un concetto banale se vogliamo più che intuitivo, e tuttavia esso fatica a diventare patrimonio dei decisori istituzionali di un paese, quale il nostro, in cui la creatività in ogni situazione nuova diventa spesso un insidioso limite.

Nel concreto, l’emergenza Covid-19, pur avendo evidenziato da parte del governo le risposte sostanzialmente giuste, ha messo in luce un imperfetto allineamento delle dinamiche di risposta con le norme di legge che regolano la gestione delle crisi, e che il governo stesso si era dato, introducendo nella quotidiana gestione operativa un’entropia non necessaria, un inutile dispendio di energie.

Infatti proprio la presidenza del Consiglio, in tempi relativamente recenti (Dpcm 5 maggio 2010 – Organizzazione nazionale per la gestione di crisi) ha rieditato le norme per affrontare le emergenze, salvo poi, come accennato, non applicarle al momento del bisogno, mettendo in piedi per contro una struttura di gestione anomala, solo in parte sovrapponibile a quella prevista dalla legge.

Norme che in estrema sintesi prevedono che ogni situazione emergenziale debba essere gestita da un Comitato di ministri (CoPS, Comitato Politico Strategico, composto da Interni, Esteri, Difesa ed Economia, cui si possono aggiungere altri dicasteri o rappresentanti istituzionali in relazione alla tipicità della crisi) sotto la guida del presidente del Consiglio.

Nella quotidianità poi il CoPS viene assistito da un Comitato Interministeriale di livello gerarchico immediatamente inferiore (NIPS, Nucleo Interministeriale di Situazione e Pianificazione) presieduto da un Sottosegretario di fiducia del Presidente e simmetrico, ma di rango immediatamente più basso, al CoPS. Insomma, presidente e ministri in plancia ed i collaboratori più fidati giorno e notte in sala macchine a governare la nave in pericolo. Naturalmente i due organismi hanno collegamenti gerarchico funzionali con ogni articolazione pubblica o privata ritenuta utile o necessaria.

In sintesi, un’architettura gestionale logica e coerente, e per certo funzionale se non fosse che né durante questa tremenda crisi né in altre occasioni precedenti di più contenute dimensioni sia stata utilizzata. Tantomeno in specifiche esercitazioni, che in casi come questo sono di importanza fondamentale per mettere a punto l’intero sistema.

Quello che infatti è occorso con Covid-19, perlomeno ad un’osservazione esterna, è che il Dipartimento di Protezione civile, (uno degli attori presenti sia nel CoPS sia nel NIPS) abbia preso in mano le redini della situazione, pur trattandosi di un’emergenza sanitaria e non di una catastrofe naturale che giustificasse il suo ruolo centrale. Probabilmente la dimestichezza ad operare in situazioni drammatiche, unita alla professionalità straordinaria degli operatori e ad un’organizzazione robusta e collaudata, ha portato quasi naturalmente a far cadere sulle spalle di Borrelli gran parte della responsabilità gestionale anziché come detto sul Comitato dei Ministri e su un Sottosegretario delegato.

La comunicazione è uno specchio fedele della disarticolazione del sistema di gestione e dei coordinamenti laboriosi tra gli attori istituzionali.

Conferenze stampa plurime ma tutte parziali, in nessuna delle quali i giornalisti hanno trovato risposta ai quesiti di fondo, a quelli cui solo una sintesi tecnico- politica ed un’assunzione di responsabilità avrebbe potuto risultare confacente. Senza parlare poi della conferenza stampa della Regione Lombardia, in cui un iperloquace assessore continua tuttora a “bruciare”, anticipandola di pochi minuti e prevaricandola, la conferenza stampa nazionale, alimentando confusione sui numeri ed imponendo agli italiani un’attenzione preferenziale alle questioni lombarde pur gravi, ma sempre di una sola regione su tante altre in pari sofferenza.

Insomma, la sensazione di un sistema non sufficientemente coordinato permane forte, così come il sopravvenire sulla scena di attori protagonisti non previsti dal copione di legge o usciti dal cilindro della “creatività strada facendo”, pare la cifra confermata. Vedasi appunto la task force Colao della cosiddetta Fase 2, i cui compiti, responsabilità e poteri sono tuttora poco chiari.

Fase 2 che tutti attendiamo con le dita incrociate nell’auspicio però che, al di là di ogni disquisizione sui modelli organizzativi, il governo continui a fare le cose giuste anche se percorrendo strade più tortuose.

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