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Europa frammentata, se a guadagnarci è la Cina. Il commento di Paganini

Dividere l’insieme dei Paesi occidentali. Frammentare la Ue, evitando che i Paesi del’Unione europea possano mai convergere e agire come Stato Federale con una precisa politica economica, fiscale, estera, e di difesa. Viene riprodotta la strategia usata dall’antica Roma per controllare i territori conquistati, evitando che si coalizzassero e organizzassero rivolte contro l’Impero. Il medesimo approccio è stato impiegato nel tempo da vari regni e dittature con il medesimo obiettivo di bloccare qualsiasi alleanza.

È esattamente quello che sta facendo la Cina, in Europa e nel mondo. L’Europa incerta e incoerente, quindi debole ha fatto comodo alla Russia, agli Usa, e ai regni del Medioriente. Hanno sempre visto nel progetto Ue il più pericoloso potenziale della storia: la più grande democrazia liberale con la più forte economia di sempre.

La Cina vorrebbe egemonizzare il mondo espandendo la strategia romana, ben raffigurata nella Colonna Traiana, a livello globale. Ha trovato l’occasione per farlo. Non è una guerra militare, commerciale, o cibernetica, è un virus, il Covid-19. La Cina sta sfruttando le conseguenze della diffusione del Covid-19 per che obbligare all’isolamento tutti i Paesi del mondo e impedisce loro qualsiasi forma di collaborazione. La Cina sfrutta la situazione per cercare di assoggettare al suo dominio geo-politico ed economico.

Ci sono evidenze per cui ha volutamente nascosto informazioni fondamentali che avrebbero certamente aiutato a comprendere la gravità della situazione, non ha chiuso i confini per tempo, ha manipolato organizzazioni internazionali come l’OMS, per mantenere il controllo dell’informazione. E continua anche oggi.

I fatti dimostrano che Pechino non ha ingegnerizzato il Covid-19. Confermano che non lo ha diffuso volutamente per il pianeta. Però dimostrano che, in modo funzionale, se ne sta servendo come arma micidiale per quella che è la Quarta Guerra Mondiale. Se le guerre rispondono alla necessità di assicurarsi risorse attraverso il controllo del territorio, questa è una guerra globale.

Non vede l’impiego di armi tradizionali o cibernetiche come sospettavamo, ma si serve di un essere vivente molto antico, un virus, per cercare di affermare la dipendenza di molte regioni a se. Lo fa in modo poco dispendioso. Attraverso la propaganda (che ha finalità più interne che esterne) e un ingenuo e quasi infantile soft power che però, trova terreno molto fertile nella desolata inconsistenza della leadership europea.

Non si tratta di una invasione fisica di conquista di nuovi territori per espandere il dominio cinese. A Pechino interessa controllare le risorse per garantirsi accesso e quindi, mantenere il proprio funzionamento.

È un intento egemonico subdolo riconducibile in natura al sistema sociale delle formiche. Chiunque è sacrificabile purché serva alla funzione primaria di mantenere il sistema in vita. La società cinese è funzionale. È ingegnerizzata per raggiungere gli obiettivi che il corpo centrale, non importa che siano il Partito comunista cinese o i mandarini, si prefigge per mantenere l’intera organizzazione sociale.

Il presidente Usa Trump potrà non piacere politicamente, ma è stato l’unico che ha compreso la strategia cinese. E per difendere gli interessi Usa ha reagito sul piano politico con gli strumenti a disposizione, cominciando da quelli politici e commerciali. È così riuscito, costruendo condizioni economiche favorevoli agli Usa, ad indebolire Pechino. Lo ha fatto per altro, servendosi dei valori fondamentali dell’occidente che sono quelli che promuovono la libertà individuale nel contesto della convivenza, e quindi sotto il governo della legge.

Con le spalle al muro, Pechino ha visto indebolirsi la propria leadership in pochissimi mesi perdendo soprattutto di credibilità. In molti, seppur bisognosi di risorse economiche fresche, hanno cominciato a voltargli le spalle. Anche in Europa. Ma poi è arrivato il virus e Pechino si sta riprendendo rapidamente quanto perduto. Contando su una leadership che in molti paesi, Europa su tutti, ha un debole per le offerte di assistenza e le promesse di grandezza.

Venendo meno, in generale, nei comportamenti il saldo riconoscimento ai principi occidentali della società aperta, la leadership europea, ed in particolare quella italiana, si fanno abbagliare da chiunque venga a proporgli una facile via per il successo politico e personale.

Non dobbiamo richiamarci a principi deboli come quello della nazione o dell’europeismo fine a se stesso. Dobbiamo invece, collaborare nelle diversità per affermare il principio fondamentale della libertà individuale e della convivenza attraverso il governo della legge che si fonda sul metodo sperimentale.

Questo ci differenzia di molto dalla cultura cinese in cui l’individuo resta funzionale ad una ragione superiore. Questa cultura appartiene alla diversità che ci battiamo per promuovere e tutelare. Ma appunto una diversità, alla quale non vogliamo assoggettare la nostra libertà.


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