I Pasdaran hanno il loro primo satellite in orbita, o almeno così dicono. Le Guardie rivoluzionarie iraniane hanno annunciato oggi il successo del lancio di un payload di cui si conosce soltanto il nome: Noor. Arriva dopo una serie di fallimenti per il programma spaziale di Teheran e riaccende le polemiche sulla connessione con le capacità missilistiche di un Paese duramente colpito dal Covid-19.
IL LANCIO
Noor, che significa “luce”, avrebbe raggiunto un’orbita di 425 chilometri grazie al vettore a due stadi Ghased (“messaggero”) lanciato dall’Iran centrale, probabilmente dallo spazioporto “Imam Khomeini” situato nella provincia di Semnan, a circa 300 chilometri da Teheran. L’annuncio è arrivato dalla tv di Stato iraniana, senza ulteriori dettagli né sul satellite, né sul lanciatore (se non che sarebbe alimentato da un mix di propellente solido e liquido), tra l’altro entrambi prima sconosciuti alla cronaca. “Oggi, gli eserciti più potenti del mondo non hanno piani di difesa completi senza capacità spaziali; acquisire una superiorità strategica che ci porti nello Spazio ed espanda i domini delle nostre capacità è strategico”, ha detto il capo dei Pasdaran Hossein Salami, colui che ha preso il posto di Qassem Soleimani, lo storico leader eliminato a gennaio dagli Stati Uniti.
IL SIGNIFICATO SIMBOLICO
Come per i precedenti lanci spaziali, anche la partenza di Noor è carica di significati simbolici. Il lancio è avvenuto nel giorno del 41esimo anniversario delle Guardie rivoluzionarie, fondate dall’Ayatollah Khomeini pochi mesi dopo la rivoluzione del 1979. Generalmente, l’Iran programma i suoi lanci tra gennaio e febbraio, proprio per inserirli nei festeggiamenti per la nascita della Repubblica islamica. Per Noor, primo satellite militare iraniano, si è scelto il giorno dei Pasdaran, proprio a sottolineare l’acquisizione di una capacità differente.
I RECENTI FALLIMENTI
Il debutto dell’Iran nello Spazio risale dal 2009 con il programma Safir (“ambasciatore”). Quattro anni dopo Teheran inviò in orbita due scimmie, mentre già nel 2010 l’allora presidente Mahmud Ahmadinejad annunciava che il primo astronauta iraniano avrebbe raggiunto lo Spazio su un veicolo iraniano entro il 2019, evento che resta ancora molto improbabile. A far perdere potenza al programma sono stati numerosi fallimenti, anche in tempi recentissimi. A gennaio dello scorso anno è fallito il lancio del satellite per telerilevamento Payam (“messaggio”). Il mese successivo ha fatto la stessa fine il collega Doosti (“amicizia”), mentre solo due mesi fa è stata la volta del satellite per telecomunicazioni Zafar (“vittoria”). Tutti hanno provato a superare l’orbita con il vettore Simorg, che in farsi significa “fenice”. Vanno poi aggiunti l’esplosione di un vettore nell’agosto 2019 nella base spaziale Imam Khomeini (quella che Donald Trump mostrò twittando un’immagine secretata) e l’incendio nel febbraio precedente.
IL TEMA MISSILISTICO
Per Noor sembrerebbe essere andato tutto liscio, forse complice il ricorso a un vettore differente mai sentito prima. È proprio questo però che accende l’attenzione (e la preoccupazione) dell’Occidente, Stati Uniti in testa, considerando che i lanciatori spaziali possono essere vettori piuttosto simili a missili balistici. Nonostante le condanne americane (puntuali per ogni lancio), l’Iran si muove con una certa disinvoltura nel suo programma missilistico (spaziale e balistico). Anche il Jcpoa riguardava il programma nucleare e le percentuali di arricchimento dell’uranio, non i missili.
I MARGINI PER TEHERAN
Ai vettori è infatti dedicata la risoluzione 2231 del 2015 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, la quale però “invita” (e non “obbliga” come la precedente 1929 del 2010) l’Iran a sospendere ogni attività sui missili balistici. Ciò lascia ampi spazi alle ambizioni balistiche di Teheran, soprattutto a quelle che il governo definisce “non concepite per trasportare armi nucleari”, proprio come il programma spaziale. È per questo che gli Stati Uniti hanno scelto di ricorrere a sanzioni e deterrenza per fermare le velleità della Repubblica islamica. Proprio oggi è arrivato l’ordine di Trump alla Marina Usa (annunciato dal presidente via Twitter) di “affondare e distruggere” le navi militari iraniane che “attaccano” quelle Usa. L’invito è arrivato dopo l’ennesimo aumento della tensione nelle acque dello Stretto di Hormuz, lì dove l’assertività iraniana è cresciuta maggiormente nell’ultimo anno.