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Italia next ovvero un decalogo per il dopo Coronavirus. Intervento di Chiappetta

Di Andrea Chiappetta

Partiamo da una domanda: come sarà il nostro Paese dopo questa pandemia? Domanda lecita. Risposta che rimanda a scenari apocalittici: perdita di valore, recessione, disoccupazione, solo per citarne alcuni.

Ma è davvero così? Il nostro cervello è progettato per focalizzarsi maggiormente sulle notizie negative a discapito di quelli positive: l’amigdala, che gestisce le nostre emozioni, influenza in modo particolare il sentimento della paura ed è costantemente recettivo rispetto alla pioggia di informazioni negative che ci arrivano da ogni parte e attraverso ogni tipologia di media.

A riguardo, Filippo Brunelleschi insegnava che “ciò che vediamo dipende da come guardiamo”; e da come ci viene veicolata l’informazione, aggiungeremmo, soprattutto ai nostri giorni.

La miopia strategica che ha caratterizzato le politiche degli ultimi decenni non ha consentito tuttavia all’Italia (anche all’Europa, che dovrà necessariamente cambiare pelle – o uniti o divisi) di divenire una potenza mondiale di spicco e di ricoprire il ruolo di elezione a lei per natura congeniale. Come spesso accade laddove non si pensa a sfruttare le proprie potenzialità c’è qualcun altro che si arroga il diritto di farlo: è quanto sta avvenendo in diversi casi in cui investitori, magari ostili, investono su alcuni dei principali asset del paese.

Le sfide post corona virus, saranno fondamentali e non possiamo sbagliare.

Su quali fronti dobbiamo puntare:

1) Procedere alla totale digitalizzazione di qualsiasi area del Paese, realizzando reti ad alto potenziale e distribuite, soprattutto in ottica di evitare, in caso di stress di utilizzo delle infrastrutture effetti domino. Non possiamo più immaginare una zona del Paese che non sia coperta da infrastrutture e servizi essenziali che rispondano a livelli minimi adeguati di erogazione del servizio e soprattutto di sicurezza, specialmente cibernetica.

2) Sostenere la trasformazione digitale delle aziende e della PA, abbiamo constatato che dobbiamo avere strumenti e modalità operative agili e modulari.

3) Liberare gli investimenti bloccati e sburocratizzazione degli interventi necessari, dalla infrastrutture, all’energia e quindi all’ambiente. Proviamo a immaginare una malagrotta su scala nazionale in un momento di crisi come questo unito alla pandemia che ha colpito il pianeta.

4) Mettere in sicurezza le aziende strategiche e dare forza al contenuto previsto dalla Golden Power, le nostre risorse nazionali – devono rimanere di proprietà italiana.

5) Piano di sostegno alle PMI – ossatura del Paese che non può lasciarle sole e soprattutto non può “lasciare sulle spalle delle imprese” questo evento disastroso.

6) Riduzione delle tasse, che dovrà essere legato non alla riduzione dei servizi (chiusura ospedali per esempio), ma frutto dei risparmi legati alla transizione a nuove tecnologie efficienti.

7) Garantire la tutela della salute, eliminare il significativo disinvestimento nella sanità pubblica, che si manifesta con carenze soprattutto sulla dotazione di personale. Pianificare intervento di strumenti quali ad esempio la PPP.

8) Sostenere le imprese nell’accesso al credito con garanzie pubbliche.

9) Ecosistema Italia – per sostenere la crescita risulta fondamentale dare priorità all’acquisto di beni e servizi prodotti in Italia da Aziende Italiane – vero piano Compra italiano italiano sulla base dell’esperienza americana buy american varato durante la grande crisi, che prevedeva di acquistare beni prodotti in America ogni volta che il prezzo fosse medesimo o entro il 6% di ogni alternativa estera.

10) Avviare processo di formazione in linea alle esigenze del mondo del lavoro e quindi adeguamento alle nuove professioni, piano di riconversione delle competenze in via di esaurimento verso nuove qualifiche professionali.

11) Valorizzare il merito.

Alle sfide da cogliere, abbiamo però anche molto di buono da perseguire, soprattutto di piani già in corso che non possono essere rallentati, come il comparto energetico: la rinuncia alle centrali atomiche ha comportato, come sappiamo, un regìme di cronico debito energetico del Paese, che si è dovuto affidare storicamente alle sorgenti fossili, inquinanti e poco efficienti, anche se stiamo cambiando rotta. Enel è un esempio incredibile (il 2019 è stato anche l’anno dei record nella capitalizzazione di Borsa che ha superato gli 80 miliardi), che opera nel mondo e genera futuro, anche tramite Enel X, che ha scelto di puntare sull’open innovation e idee “disruptive” dando sostegno e sostanza alle idee.

La tematica energetica ci riconduce all’ambito più generale delle infrastrutture critiche: sistema elettrico ed energetico, reti di comunicazione, infrastrutture di trasporto di persone e merci (aereo, navale, ferroviario e stradale), sistema sanitario, circuiti economico‐finanziari, organizzazioni ed enti amministrativi e statali. Qui si giocano sicurezza e potenziale di crescita dell’intera nazione, la partita è di rilevanza assoluta, e si gioca a tutto campo.

Arbiter indiscusso della partita è la cyber-security: in un mondo sempre più interconnesso e smart, i punti ed i vettori di minaccia si moltiplicano, e le superfici di attacco esposte delle infrastrutture critiche ne sono particolarmente vulnerabili.

Si pensi a cosa potrebbe accadere a causa di una compromissione cibernetica dei servizi essenziali, o dei sistemi di controllo radar degli aeroporti; o ancora, alle conseguenze dell’intrusione e controllo dei sistemi di sicurezza delle centrali elettriche, o a seguito di un black-out maggiore, della manomissione della sequenza di ripartenza della filiera energetica. Restare “al passo” dello stato dell’arte in tema di cyber-security non è quindi un’opzione, ma una necessità – anche qui, i dati attuali per il Belpaese non sono propriamente incoraggianti, mostrando una capacità complessiva di portata mediocre: secondo un recente studio di Comparitech su 60 Paesi, l’Italia si collocherebbe alla 36ma posizione, tra l’Argentina (migliore di noi) e la Malesia.

L’argomento della sicurezza informatica è uno degli argomenti che, governi ed imprese stanno sempre più considerando una priorità per il benessere di una nazione e la tutela dei cittadini, della libertà e delle imprese.

Questo basso livello di preparazione sul piano della cybersicurezza del sistema paese si riflette inesorabilmente in una bassa consapevolezza nei cittadini-utenti; tutti noi utilizziamo quotidianamente dispositivi smart che ci consentono di avere tutto a portata di mano ma ciò che trascuriamo è che parallelamente anche noi siamo alla portata di tutti, e non tutti hanno intenzioni benevole, basti pensare ai numerosi malware che sono stati diffusi durante questa pandemia. A fronte di un’esposizione al mondo estremamente amplificata, tramite multicanalità e interconnessione di reti globali, corrisponde specularmente l’accessibilità ad una mole sconfinata di contenuti, che prima non potevamo nemmeno immaginare; ma “da un grande potere derivano grandi responsabilità”, in particolare le informazioni e dei contenuti in maniera appropriata, difendendoci da disinformazione e  fake-news che manipolano la nostra conoscenza.

Orwell ci insegna nei suoi scritti come in politica, in guerra e negli affari “le bugie sembrino sincere e l’omicidio rispettabile”. Ma nostro compito è quello di guardare sempre in maniera critica alle informazioni che ci arrivano, ed a tutto ciò che ci circonda.

Su di noi grava la grande responsabilità di decodificare la realtà di oggi, coglierne le opportunità e lavorare seriamente per impostare una strategia di crescita sostenibile, economica, sociale ed etica; le scelte che prendiamo e che dovranno essere prese nell’immediato futuro, detteranno le condizioni di vita di quella che sarà l’Italia di domani, quella che non vediamo e che necessariamente dobbiamo tutelare.

Il noto genio italiano Leonardo Da Vinci scriveva: “La prospettiva è guida e porta, e senza questa nulla si fa bene”. Si dovrà lavorare inesorabilmente sulla prospettiva, immaginando come vorremmo fosse  il nostro Paese tra 20 e 30 anni; si dovrà lavorare sul concetto di Democrazia pragmatica e diretta, per la stabilità del Sistema Paese, dei cittadini, imprese, mercati, ed investitori, ricordando sempre che le persone sono la vera ricchezza dell’uomo.

Decodificare il presente significa esserne attenti osservatori, non abbandonandosi al pensiero “mainstream”, ma ponendo sempre al centro la Persona e le sue esigenze, anche a salvaguardia dei principi sociali.

In questo contesto, ci dobbiamo sgravare dalla zavorra rappresentata dall’eccesso di burocrazia che si auto-alimenta nelle pieghe delle le strutture statali, consentendo un serio rilascio degli investimenti nel nostro Paese.

L’innovazione non può essere osservata da lontano come qualcosa di poco comprensibile e poco attinente  alla sfera quotidiana di ciascuno di noi, al contrario i cambiamenti dirompenti che essa porta in sé devono essere vissuti da tutti e realizzati al meglio da chi ha le competenze per farlo. Va da sé che ciò è possibile solo ampliando la collaborazione tra incubatori, start up, università e imprese, con il preciso intento di puntare a sfruttare le tecnologie esistenti ed emergenti per  supportare le molteplici e quotidiane sfide di comunicazione e di business, sfide che si appoggiano sulle stesse pratiche tradizionali ma che si adattano sempre di più a canali diversi e a cicli di vita più rapidi.

Le facilitazioni e le potenzialità che la tecnologia costantemente ci offre nel quotidiano ci consentono di volgere lo sguardo altrove, di utilizzare il nostro tempo in attività a maggiore complessità o maggiormente attrattive – si pensi ad esempio ad un’attività così frequente e familiare come lo spostarsi: che sia in macchina o a piedi, facciamo sempre più affidamento ai navigatori, che, nella loro incarnazione software, sono pervasivamente diffusi – su ogni smartphone, tablet o schermo del veicolo. Al punto che il nostro senso dell’orientamento e la nostra conoscenza del territorio risultano sempre più appannati.

È arrivato il momento di guardare oltre: questo è quello che dobbiamo fare se vogliamo impegnarci per dare una visione di quello che il nostro Paese debba essere nei prossimi 30 anni.

La riflessione che è necessario fare, per definire la strategia di quando torneremo alla normalità, non solo deve tracciare gli elementi principali da affrontare nell’immediato futuro, ma deve parimenti ricentrarli puntualmente sulle nuove prospettive economiche, tecnologiche e sociali. Questo processo lo chiamo Italia Next.

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