Quando Villca Fernández, leader del movimento studentesco in Venezuela, è stato caricato su un aereo e gli agenti del Sebin, Servizio bolivariano di intelligenza nazionale, cioè la forza di sicurezza al servizio di Nicolás Maduro, gli hanno tolto le manette, l’ex prigioniero politico non si è sentito libero. Anzi, ha capito che la privazione della sua libertà sarebbe continuata finché il regime venezuelano sarebbe rimasto al potere. E infatti a dicembre Maduro ha chiesto al governo peruviano la sua estradizione.
Fernández, prigioniero di coscienza secondo Amnesty International, ha 39 anni. Due anni e cinque mesi li ha vissuti nel carcere dell’Helicoide, roccaforte dei servizi segreti di Maduro a Caracas, senza aver mai avuto un processo. L’unica colpa che sconta è essersi opposto alla deriva totalitarista del governo socialista del Venezuela.
In una conversazione telefonica con Formiche.net dal Perù, dove vive in esilio dal 2018, Fernández ha spiegato che i prigionieri politici in Venezuela hanno un’accusa politica e un’accusa giuridica. Il motivo giuridico per cui è stato portato in carcere è stato un tweet pubblicato nel 2016, in cui rispondeva alle accuse di Diosdado Cabello, uomo forte del regime, oggi accusato di narcotraffico dagli Stati Uniti.
“Hai i giorni contati al potere e hai molti conti in sospeso con la giustizia… Non ho paura di te”, aveva scritto. Dodici ore dopo è stato arrestato nella città di Mérida e portato a Caracas. “Mi hanno accusato di diffusione di falsa informazione e istigazione all’odio con il tweet – racconta a Formiche.net – ma non sono mai stato processato, come accade con il 95% dei casi dei prigionieri politici venezuelani. Non c’è mai un processo, una sentenza. Presentano un’accusa per distruggerti moralmente, in pubblico, nel mio caso sono stato accusato politicamente di terrorismo e tradimento della patria”.
Ma l’incubo è cominciato molto prima di essere stato sequestrato dal Sebin e aver subito gli orrori del carcere e la tortura. “La persecuzione è cominciata il 4 maggio del 2014, quando è stato presentato il primo ordine di cattura. Paradossalmente, l’uomo che ha dato ufficialmente inizio alla persecuzione, è l’allora ministro della Giustizia, Rodríguez Torres, che oggi è un altro prigioniero politico della narco-dittatura perché si è allontanato dalla linea di pensiero del regime”.
Fernández è stato per anni leader degli studenti nell’Università delle Ande a Mérida. Oggi, dice, il movimento degli studenti è indebolito proprio per lo stato di censura e persecuzioni che vive il Venezuela: “Molti dei leader degli studenti sono diventati leader politici, altri sono finiti in carcere e molti sono stati costretti all’esilio. Nelle università è stata violata l’autonomia e molte sono chiuse tecnicamente per mancanza di risorse […] Le famiglie venezuelane devono scegliere se mandare i figli a studiare o comprare il cibo […] La diserzione è incredibile. Ma c’è una fiamma di resistenza, di libertà e di lotta che rimarrà accesa, anche se si è affievolita negli ultimi anni”.
Fernández è studente di Scienze politiche (anche se non ha potuto presentare la tesi di laurea perché espulso dal Paese). È d’accordo sul piano di transizione democratica e di negoziazione proposto dagli Stati Uniti per la crisi in Venezuela: “Credo e continuerò a credere nella politica. Ma la realtà è che in Venezuela non c’è un conflitto politico. C’è un settore del Paese che fa politica, che crede nella democrazia, e un altro che rappresenta il crimine organizzato transnazionale. Questo settore ha sequestrato il potere ed è mantenuto dal narcotraffico, da gruppi estremisti e terroristi”.
“Condivido la proposta degli Usa, deve esserci un processo politico ed elettorale – ha aggiunto – Ma questo governo non è politico, è criminale, e i criminali vanno trattati per quello che sono. Bisogna fare cadere la narco-tirannia, e solo dopo dare inizio a un processo elettorale trasparente e democratico. Con Maduro al potere è impossibile, tutti i processi saranno inquinati. L’unica negoziazione possibile è la resa del regime”.
Il Venezuela, spiega Fernández, patisce questa situazione perché gran parte del mondo si è girato dall’altra parte, complice di Chávez, per il petrolio e gli interessi economici, “non importava cosa iniziavamo a vivere. Oggi il mondo sta reagendo e deve continuare a farlo. Prima o poi dovrà fare un passo importante per aiutarci a riprendere la libertà del nostro Paese”.
Per Fernández i giochi politici hanno contribuito a tenere in vita “il sistema criminale in Venezuela per più di 20 anni, grazie agli accordi stretti a notte fonda tra politici cui importano più i propri interessi rispetto alla libertà, la democrazia, i cittadini”. Da quando era con il movimento degli studenti ha capito che la strada da percorrere era la resistenza: “Perché la resistenza non cerca di prendere il potere ma la libertà, che non ha prezzo. Senza la libertà non c’è modo di crescere, di svilupparci”.
In carcere Fernández ha lasciato molti amici e persone innocenti. Ci sono il deputato Renzo Pietro, che dopo quattro anni in carcere è stato di nuovo arrestato; i fratelli Guevara, che hanno trascorso 16 anni dietro alle sbarre senza nessuna colpa, il capitano Caguaripano, che da 3 anni è sotto tortura nel terribile carcere “La Tumba”: “Il mio messaggio per loro è di non perdere la speranza. Il passo che hanno fatto contro il regime non è stato invano, il seme che hanno piantato è lì, ha messo radici, e prima o poi fiorirà”.
Ha spiegato che per loro ha creato “Resistenza senza frontiere”: “Un’organizzazione per i diritti umani che nasce per denunciare la persecuzione contro i venezuelani, per sostenere il loro esodo, per denunciare la tortura contro prigionieri politici, civili e militari”.
Dopo tutto quello che ha vissuto, a Fernández non servono molte parole per descrivere cosa sia la libertà: “La libertà è vita. Senza libertà non c’è vita, è semplice. Non si vive quando non si è liberi. Dopo due anni in fuga, dopo due anni e mezzo in carcere e oggi in esilio, senza poter vedere i miei figli e la mia famiglia, posso dire che la libertà è vita, senza libertà non c’è vita […] Non sarò libero finché tutti i venezuelani saranno liberi”.