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Giù la mascherina. Il mega contratto con la Cina costerà all’Italia oltre 200 milioni

Di Francesco Bechis e Gabriele Carrer

La commessa del governo italiano da 180 milioni di mascherine dall’azienda cinese Byd è costata 209,5 milioni di euro. A rivelare l’importo sono fonti diplomatiche che spiegano la composizione della partita annunciata dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Una prima tranche, di 100 milioni, è già in produzione e ha iniziato le spedizioni: 7 milioni di mascherine sono arrivate in Italia lo scorso martedì, ha spiegato Di Maio mercoledì nel question time alla Camera.

Il primo carico si compone di 50 milioni di mascherine Ffp2, acquistate a un prezzo di 1,50 euro ciascuna, e altri 50 milioni di mascherine chirurgiche (le cosiddette medical masks) a un prezzo di 0,29 euro ciascuna. Il secondo carico, da 80 milioni, è composto unicamente di mascherine Ffp2, allo stesso prezzo delle prime. A firmare il contratto Gaetano Mignone, coordinatore del servizio della Protezione Civile diretta da Angelo Borrelli.

La Byd (acronimo di Build your dreams) è il settimo costruttore automobilistico cinese ed è specializzata nelle auto elettriche. Da tre mesi però ha avviato una radicale riconversione della sua produzione, divenendo il primo produttore al mondo di mascherine contro il coronavirus.

A lavorare per il contratto del governo italiano con la Byd sarebbero stati in particolare l’ambasciatore italiano in Cina Luca Ferrari e il suo predecessore Ettore Sequi, oggi capo di gabinetto della Farnesina, sotto la regia dello stesso ministro degli Esteri.

Nei giorni scorsi il settimanale Panorama aveva segnalato una differenza notevole con i prezzi ante-crisi, rispettivamente di 80-90 centesimi per le mascherine Fpp2 e di soli 10 centesimi per quelle chirurgiche. Secondo fonti qualificate in realtà i prezzi di acquisto sono di mercato, tenendo conto che da quando la crisi è divenuta globale il mercato delle mascherine è letteralmente esploso, con una domanda di gran lunga superiore all’offerta.

La Byd infatti dovrà continuare a ritmi serrati la produzione per rispettare i termini dell’accordo con il governo italiano: dopo il primo carico da 7 milioni, consegnerà ogni settimana 20 milioni di mascherine. Palazzo Chigi vorrebbe chiedere di portarle a 30, per colmare il fabbisogno italiano mensile che, ha dichiarato Di Maio alla Camera, ammonta a 90 milioni di mascherine.

È stata la Farnesina dunque a fornire le cifre finali della più importante commessa di mascherine ad oggi acquistata dal governo, facendo chiarezza su una delle tante aree grigie intorno alla gestione degli aiuti che da più parti del mondo sono arrivati in Italia. Una partita, va riconosciuto, che ha visto il ministero degli Esteri in prima linea per accaparrarsi contratti di fornitura da aziende estere già nel mirino di altri Paesi colpiti dall’emergenza sanitaria.

È più volte mancata, semmai, la chiarezza sulla natura dei contratti. Spesso quelli che in realtà sono acquisti del governo sono stati indicati come “donazioni”. Il caso delle forniture cinesi ha fatto particolare rumore non solo perché sono state le prime a mobilitarsi, con una imponente campagna dei media di Stato cinesi, ma anche perché provenienti da un Paese con una valuta diversa, che non ha facilitato la chiarezza dei conti, a differenza delle forniture donate dagli Stati Uniti. L’ambasciata americana a Roma ha fornito una lista esaustiva degli aiuti arrivati finora in Italia e il presidente Donald Trump si è impegnato a inviare a Roma materiale medico-sanitario per un valore di 100 milioni di dollari.

Il 27 marzo, partecipando alla conferenza stampa del commissario Arcuri, Formiche.net aveva chiesto di avere contezza di quali fossero aiuti internazionali e quali invece acquisti. Il commissario aveva risposto che presto la struttura sarebbe stata in grado di fornire “una visibilità puntuale e reiterata nel tempo delle acquisizioni”. Abbiamo poi inviato una mail alla Protezione civile chiedendo un chiarimento sull’importo economico dei contratti e sulle modalità e le tempistiche della spedizione. Il dipartimento, per parte sua, ha invitato a rivolgersi alla Farnesina. Peccato che sia un dirigente della Protezione Civile, Mignone, ad aver apposto la firma sui contratti.

Vale la pena di ricordare che il ruolo della Farnesina è quello di coordinare le sole spedizioni inerenti ai contratti firmati dalla Protezione civile e dal commissario Arcuri. Non è competenza del dicastero di Di Maio né la distribuzione del materiale sul territorio né la gestione delle donazioni di enti privati. Su quest’ultimo fronte si è verificato più di un problema.

Non è infatti chiaro chi sia preposto al controllo della qualità di queste spedizioni (l’ambasciata italiana in loco non può certo occuparsene da sola), controllo che invece è garantito per i contratti firmati dal governo sia alla partenza che all’arrivo del materiale, grazie anche alla supervisione del Comitato scientifico del governo per l’emergenza.

In questi giorni la Farnesina si è dunque ritrovata a dover rispondere a richieste su spedizioni che non rientrano nella sua competenza, rimandando al dipartimento di Borrelli. È il caso, fra le tante, di una donazione di due milioni di mascherine da Hong Kong e Shanghai da parte del movimento delle Sardine, per cui avrebbero fatto da mediatori alcuni imprenditori di Confindustria.

Questa situazione di confusione, certamente giustificata dalla drammaticità degli eventi che la Protezione civile e la struttura di Arcuri si trovano a gestire ha fatto emergere alcune falle non indifferenti. Si è creato un caso, ad esempio, intorno alla partita di 600mila mascherine chirurgiche provenienti dalla Cina e donate dalla Protezione civile all’Ordine dei Medici. Un comunicato del commissario Arcuri diffuso dal presidente dell’ordine Filippo Anelli, ha raccontato Il Fatto Quotidiano, ha dovuto chiedere di sospendere la diffusione delle mascherine. Le scatole infatti le indicavano come “maschere Ffp2 equivalenti”, mentre invece si trattava di mascherine chirurgiche, e dunque non idonee all’uso dell’operatore sanitario.

C’è da auspicare che nelle prossime settimane, nella speranza che diminuisca la pressione sulle strutture sanitarie, e in particolare sui reparti di terapia intensiva e sub-intensiva, si possa far chiarezza per catalogare tutto il materiale ricevuto e distinguere fra donazioni e acquisti. Intanto, qualche certezza. Come il governo americano quando ha acquistato un carico di tamponi dall’Italia, così anche quello italiano ha pagato il materiale generosamente fornito dalla Cina: 209,5 milioni di euro.

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