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Mes, Bce e integrazione. Ultima chiamata per l’Ue secondo Laura Garavini (IV)

Di Laura Garavini

La crisi coronavirus segnerà la fine dell’Europa? Sbagliato. Proprio questa crisi può e deve essere l’occasione per l’Europa di fare un gran salto in avanti. Nella discussione attuale sugli Eurobond non va dimenticata una cosa: innanzitutto una politica multilaterale e condivisa rappresenta l’unica possibilità che abbiamo per affrontare crisi sistemiche e multidimensionali come questa; in secondo luogo, bisogna allargare la prospettiva oltre l’economia: va fatta una riflessione sul ruolo che vogliamo assegnare all’Unione europea nel prossimo scenario geopolitico.

L’attuale pandemia da coronavirus è destinata a determinare una contrazione economica senza precedenti. Tra l’altro in un periodo in cui l’Europa si trova già da tempo a far fronte ad una fase prolungata di bassa crescita, se non di stagnazione. Al momento l’arretramento del prodotto interno lordo, cioè del livello di ricchezza della zona euro, viene stimato tra il -2% ed il -10%. Valori che fanno tremare, al solo pensiero.

Le conseguenze future, là dove non arrivasse una risposta efficace, oltre che in termini economici e finanziari, anche sociali e politici, sarebbero gravissime. E c’è da temere che, se la crisi dovesse diventare fattore di accelerazione delle differenze tra i diversi Paesi membri, diventerebbe molto difficile tenere insieme il progetto europeo. Ecco che la gestione della crisi oltre ad affrontare questioni di carattere meramente economico deve ambire contemporaneamente ad una maggiore integrazione europea.

Ad oggi la reazione delle istituzioni economiche e finanziarie dell’Unione europea, dopo i primi tentennamenti, sta arrivando ad approntare strumenti importanti per fare fronte all’emergenza planetaria che stiamo vivendo.

La Banca centrale europea ha deciso di utilizzare un bazooka da 750 miliardi di euro di titoli pubblici e privati da acquistare entro la fine dell’anno, emulando il whatever it takes di Draghi. Sono poi saltati i vincoli di bilancio: la Commissione europea ha garantito che le spese sostenute per far fronte alla diffusione dell’epidemia verranno escluse dal calcolo del bilancio strutturale. La stessa Commissione ha dichiarato di voler prevedere un fondo contro la disoccupazione, con risorse fino a 100 miliardi di euro, per sostenere le iniziative dei Paesi colpiti dal coronavirus.

In sintesi, il quadro degli strumenti approntati contro la crisi economica e finanziaria, sta acquistando peso e consistenza.

Resta ancora aperta la questione dei bond, che, in attesa del prossimo Eurogruppo, non sembrano trovare il consenso di alcuni paesi del nord Europa come Germania ed Olanda. Bisogna però ammettere che, trattandosi di strumenti non ancora previsti dai regolamenti UE, richiederebbero tempi lunghi di implementazione. Dunque sarebbero poco idonei a far fronte all‘emergenza.

D’altra parte invece, la pluralità degli strumenti finanziari già oggi a disposizione dell‘Unione Europea, è tale, da offrirci diverse soluzioni alternative per la previsione di uno strumento di debito comune. Si potrebbe ad esempio prendere in considerazione l‘ipotesi di potenziare il ruolo della Banca Europea per gli Investimenti. Oppure si potrebbe ricorrere al Bilancio dell’Unione Europea, potenziandolo. Poi c’è l’accesso ai fondi del Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) eliminandone o attenuandone le condizionalità attualmente previste. Una soluzione praticabile. Purtroppo è contraddittoria la linea del Presidente del Consiglio Conte. Nella sua conferenza stampa del primo aprile ha detto che il Mes “può essere uno strumento tra gli altri…che ci offre la possibilità di mettere in piedi una strategia europea”. Un giorno dopo, nella sua lettera alla von der Leyen dice invece che “strumenti come il Mes appaiono totalmente inadeguati rispetto agli scopi da perseguire”. Ma gli aiuti tramite il Mes sarebbero velocemente realizzabili. Per questo ritengo che avrebbe senso tenerli in considerazione nel ventaglio di soluzioni di cui l’Italia e l’Europa adesso hanno bisogno.

L’Unione europea è sempre stata parte integrante delle grandi organizzazioni e istituzioni multilaterali che per decenni hanno retto il sistema dell’economia e delle relazioni internazionali, basandosi sul diritto internazionale. Al fianco di istituzioni come le Nazioni Unite, l’organizzazione mondiale del commercio Wto, il Fondo Monetario Internazionale. Istituzioni che, sia pure con limiti ed errori, hanno permesso di rafforzare gli strumenti per la gestione multilaterale delle crisi e dell’economia.

Da tempo e per diversi fattori, l’equilibrio basato sulle organizzazioni e sulle alleanze multilaterali tradizionali è sempre più fragile ed in crisi. Lasciando spazio ad un multipolarismo conflittuale e non cooperativo. Questo comporta difficoltà. Nella governance mondiale, ma soprattutto all’interno della stessa Unione europea, già assediata da nazionalismi, protezionismi e politiche unilaterali.

Ecco perché ritengo che l’Unione europea debba approfittare di questa crisi così drammatica per dotarsi di strumenti adeguati, che consentano un rilancio dell’integrazione europea. Altrimenti l’Europa rischia di essere condannata all’irrilevanza.


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