Skip to main content

No, l’Italia non è intervenuta tardi su Covid19

Il New York Times ha fatto un eccellente reportage sulla situazione Covid19 in Italia, ma non mi trova per nulla in accordo quando afferma che l’Italia (il Governo) ha aspettato troppo per agire. Affermazione basata per altro sull’opinione espressa dal Dr. Burioni. L’OMS, invece, ha più volte detto e ribadito che l’Italia (il governo) si è mossa bene. Comunque, proprio la minuziosa rendicontazione del NYT secondo me conferma quanto ho appena affermato. Vediamo perché (secondo me):
Il 20 febbraio è il giorno in cui viene ricoverato il 38enne di Lodi (in realtà è la sera del 19.2), che poi risulta positivo al Coronavirus. Se non ci fosse stata l’intuizione di testarlo, probabilmente, la cosa sarebbe andata diversamente in Italia come nel resto d’Europa. In quale direzione? Impossibile dirlo. Il mese dopo il 38enne è uscito dall’ospedale, per fortuna e per merito del lavoro dei medici e degli infermieri.
il 38enne è considerato il paziente uno, poiché un “paziente zero”  non è mai stato individuato. Il virus, come è stato più volte detto, da esperte ed esperti, tra cui la nota virologa Ilaria Capua, potenzialmente era in circolazione da molto più tempo. Questo è abbastanza plausibile, anche considerando che il Covid19, una sindrome simil-influenzale, come l’ha definita Capua stessa, nella maggior parte dei casi presenta sintomi lievi. Dunque, comprendere la vera estensione del fenomeno è, ad oggi, molto difficile. Conosciamo, infatti, i casi noti di positività quando vengono cercati, ma il numero è potenzialmente molto, ma molto superiore. Va da sé, per questioni statistiche, che il tasso di letalità – da non confondere, come purtroppo accade sui giornali sovente, con il tasso di mortalità, che è un’altra cosa – è molto più contenuto di quanto emerge dai dati ora disponibili.
Parallelamente, il 21 febbraio 2020, casi di Covid19 sono individuati nel Veneto. All’ospedale di Padova muore un uomo di 78 anni, con patologie pregresse, che era risultato positivo al virus.
Quando il “paziente uno” è individuato, quindi, il 20.02.2020 ed è quindi  appurato che il virus Covid-19 è arrivato in Italia (un’altra data possibile non c’è, tolto il caso della coppia di cinesi ricoverata allo Spallanzani a Roma, ma in isolamento e in buono stato di salute), il governo interviene con un primo decreto, il n.6/2020, che all’art.2. predisponde, di fatto, la quarantena per il comune e l’area interessata con la sospensione di tutte le attività commerciali, sportive, religiose, ricreatice e via dicendo.
Il governo interviene, quindi, 4 giorni dopo la comunicazione accertata dell’infezione da Covid19 a Codogno/Lodi e in Veneto. La domanda, quindi, è: quando sarebbe dovuto intervenire il governo per non essere in ritardo? La risposta è: avrebbe dovuto prevedere l’infezione da Covid-19 e fermarla in anticipo. Ossia avere doti divinatorie e di preveggenza che, credo concorderemo tutte/i, non possono essere considerate nella discussione.
Aggiungiamo un’altra nota importante: il Covid19 necessità (può), lo afferma lo stesso Burioni nell’articolo del NYT, di circa 2 settimane per manifestarsi. Potenzialmente, quindi, torniamo al punto di partenza, il paziente uno potrebbe essere il paziente 1000 o 100.000. Non lo sappiamo.
Nella regione più industrializzata d’Italia, una delle più ricche d’Europa, caratterizzata da intenso traffico aereo, ferroviario, con interscambi internazionali giornalieri, nessun governo poteva, a prescindere dal colore politico, prevedere alcunché. O intervenire in anticipo. Affermare il contrario è palesamente falso.
Ma proseguiamo: si manifestano situazioni gravi di intolleranza contro la comunità cinese italiana e si registrano casi di violenza fisica contro persone asiatiche (non necessariamente cinesi). Quindi, per contrastare questi fenomeni vengono realizzate iniziative a sostegno della comunità cinese e di solidarietà. Come dicevo: il virus circolava già, da almno 2 settimane prima del 20.2 poiché è il tempo di incubazione che è stato definito. Quindi, nessuno, in nessun luogo in Italia, poteva pensare che andare al cinema, al bar, in pizzeria o al supermercato potesse significare l’incontro con potenziali infetti/positivi, anche se, magari, asintomatici.
Il NYT attacca l’iniziativa del Sindaco Sala di Milano che, in contrasto con le procedure che il governo stava emandando, lancia l’appello “Milano non si ferma”. Concedendo sul territorio a bar e ristoranti l’apertura anche serale. Più o meno ovunque in quelle aree, a livello locale, quindi, ognuno va un po’ per la propria strada, nonostante il governo centrale avesse con enorme rapidità – e affermare il contrario è scorretto politicamente e falso – emanato un decreto che imponeva determinate limitazioni alle aree considerate focolaio.
Aggiungiamo un’altra osservazione: si potrebbe dire che il governo centrale doveva essere ulteriormente rigido. Cosa poteva fare? Inviare l’esercito e bloccare ogni entrata/uscita da Lodi-Codono, Vò, e magari, Milano? Poteva farlo? No. Perché viviamo in una democrazia. Non in un paese autoritario: ci sono passaggi, formalità, norme assodate da rispettare. Cosa sarebbe accaduto con una mossa simile? Impensabile. Badate bene, questa presunta lentezza è la stessa critica avanzata alla Germania, che, come sapete, è una Repubblica Federale, quindi ha ulteriori passaggi istituzionali da fare e non ha la stessa”agilità” che ha il nostro governo centrale.
Insomma, qualsiasi prospettiva sarebbe dunque errata e considerata ritardataria rispetto all’esigenza. Ma le democrazia funzionano – per fortuna – così. E intervenire limitando le libertà individuali non è cosa da prendere alla leggera. Queste sono scelte che lasciano il segno. Perché l’epidemia passerà, senza dubbio, le curve di infezione e decessi sono già state contenute. Lo afferma anche nel reportage il NYT. Aggiungendo che il blocco nazionale sta portando i suoi frutti. Lentamente, ma sta funzionando.
Includiamo, quindi, un ulteriore elemento d’analisi: il blocco nazionale avviene dopo la decisione di bloccare parzialmente il nord-Italia. Il Governo interviene, non senza contrasti con le regioni, in 18 giorni per isolare 16 milioni di persone. Non si sarebbe reso necessario, forse, ma non si può sapere, il blocco nazionale se non fosse accaduto qualche cosa di assurdo: la stampa, che non ha svolto un lavoro eccellente in questo periodo, fa trapelare informazioni circa i successivi decreti del governo e la gente, preda del panico e dell’ansia, decide di lasciare Milano in massa con treni per tornare nel centro e nel sud Italia. Errore fatale. Una manifestazione d’irresponsabilità e di totale assenza di senso civico. Anche in questo caso: cosa si aspettano i critici del “ritardo”? Ci sono elementi in più da considerare nella discussione: responsabilità diffuse che devono essere indicate in modo chiaro. Comodo e semplice (e sbagliato) accusare l’Italia d’essere intervenuta tardi.
Così un’intera nazione, democratica, 60 milioni di cittadine e cittadini, vengono obbligati con gli interventi del Governo alla quarantena forzata e per impedire comportamenti individuali irresponsabili subentrano progressivamente controlli sempre più stringenti, multe per chi trasgredisce e segnalazioni. E la gente rispetta le regole. La gente, in gran parte lo fa e sta a casa. E la curva delle infezioni cambia.
In conclusione, trovo superficiale e scorretto sotto il profilo politico e giornalistico, accusare l’Italia (chi? Gli italiani, le regioni, i comuni, le imprese?) di essere in ritardo e dunque di pagare lo scotto di errori che, si lascia intendere, potevano essere razionalmente e certamente evitati. No, non è così: le tempistiche con cui l’infezione è stata certificata e l’intervento del governo sono state rapide. Quindi, come ha affermato l’OMS, un applauso all’Italia per essere intervenuta, con i mezzi che aveva e nel rispetto dei principi della democrazia, per contenere l’infezione.
L’infezione, come hanno detto esperte ed esperti, non può essere bloccata (per decreto? siamo seri), ma ciò che queste misure comportanto è il contenimento e soprattutto il rallentamento dell’infezione. Così, i casi critici (persone anziane e/o con patologie pregresse anche gravi) possano essere trattati e curati correttamente. Sul virus sapevamo poco, ora sappiamo “un po’ di più”.
A una pandemia non potevano essere preparati né i governi né le regioni né i singoli cittadini. In questi casi subentra anche l’irrazionalità. Le scelte prese dal governo sono state giuste e penso che in tempi più rapidi non potessero proprio essere prese. Ci saranno gravi conseguenze economiche e per questo ora serve l’Europa politica. La battaglia che stanno portando avanti per i Coronabonds apre un capitolo nuovo nella politica europea: davanti a questa emergenza si definirà il futuro del continente, sotto ogni profilo, economico, politico e sociale.


×

Iscriviti alla newsletter