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Phisikk du role – Virtuale come una campagna elettorale

Facciamo che passata sia la tempesta e si comincino a udire voci di vita per le strade desertificate da un paio di stagioni “sane sane”, come si dice dalle parti mie (nel senso di intere, piene, complete: via il gran pezzo dell’inverno e via la primavera 2020). Vanno, dunque, in scadenza dopo l’estate i primi appuntamenti della politica congelata, che, in democrazia, si chiamano col nome di elezioni.

In questo caso regionali, quelle sospese per l’epidemia in Campania, Puglia, Toscana, Liguria, Veneto e Marche. Ma come andrà mai fatta la campagna elettorale dopo il coronavirus? Il tempo lungo della costrizione in casa per la quarantena nazionale, spiegano gli psicologi, lascerà tracce sui nostri comportamenti in grado forse di modificare l’interazione tra persone: l’appello alla paura su cui ha puntato (con giusta ragione) la comunicazione a partire dall’inizio del mese di marzo per tenerci in casa, ha agito nel profondo e non riuscirà ad essere rimosso col mutare dei decreti del presidente del consiglio.

Il primo effetto plausibile potrebbe essere quello del “distanziamento” ulteriore degli elettori dalle urne, facendo crollare la partecipazione al voto dal 57% complessivo registrato in media nelle regionali del 2019 e del gennaio scorso, a valori ancora più bassi. Se, per ipotesi, si dovesse verificare una partecipazione inferiore addirittura a quella che nello scorso gennaio si registrò in Calabria, che fu solo del 44%, si determinerebbe un’evidente asimmetria nella rappresentanza, perché la distribuzione delle assenze dalle urne non è mai uniforme e proporzionale tra formazioni politiche.

Se a votare va molto meno della metà degli aventi diritto potrebbero, dunque, essere chiamate a governare minoranze attive, mortificando la rappresentanza di ipotetiche maggioranze talmente silenziose da non essere ne’ udite ne’ viste. Interessante, peraltro, potrebbe apparire il mutamento necessario delle modalità con cui andrebbe a svolgersi la campagna elettorale.

Attenzione: in massima parte le regioni al voto adottano sistemi elettorali con la preferenza, il che comporta modalità di svolgimento dei “comizi elettorali” alquanto diverse da quelle in uso per la propaganda nei sistemi a liste bloccate. Infatti, mentre per questi ultimi il destino del candidato (spesso sconosciuto al corpo elettorale) è già segnato dalla posizione nella lista e il conseguimento della rappresentanza è affidato essenzialmente al voto d’opinione che raccoglie il leader nazionale (insomma: il candidato non ci mette proprio niente di suo per essere eletto), con il voto di preferenza è tutta un’altra storia. I voti, in questo caso, arrivano alla lista attraverso il candidato, la sua reputazione, la sua notorietà, la sua capacità di raccogliere consenso personale, attraverso il faccia a faccia e il porta a porta.

La domanda è: come si fa, allora, una campagna elettorale di prossimità, che implica il rapporto diretto e personale con l’elettore, se il mantenimento delle distanze, che abbiamo imparato ad accogliere finora addirittura come strumento di garanzia dell’incolumità personale, impone esattamente il contrario? Come si potrà tornare a fare meeting, convegni, comizi, riunioni familiari o condominiali (il pane del voto di preferenza…), se in noi residua il sentiment del “distanziamento”?

Infatti dubito fortemente che si potrà tornare alle usate forme. Allora tutto riconvertito al “remoto”? Sicuramente il web avrà un ruolo più forte che nel passato, anche se la pervasività della rete è spesso legata ad un moltiplicatore che si chiama notorietà di partenza: se sono uno sconosciuto faccio più fatica a diventare il re del like su Facebook, anche se esistono sistemi – non a buon mercato, s’intende – per superare il gap. Per i più attrezzati (e ricchi) potrebbe essere l’ora dell’ologramma, effetto Star Trek, risorsa sicuramente gradita a nonni e nipotini. Forse, paradossalmente, potrebbe tornare in auge la propaganda in uso nell’era pre-digitale, come le affissioni murali, i “santini” nella buca di casa, i gadget kitschissimi da primarie americane. O gli spot televisivi: a ben vedere la costrizione in casa del Covid-19 ha ridato centralità all’elettrodomestico relegato nell’area del vintage e del piccolo mondo antico. La nuova famigliarità con il teleschermo aiuterebbe a far sembrare come nuovi i “corti” autopromozionali dei candidati. Roba da passarci le serate. A ridere di gusto.

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