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FARE PRESTO – Pro e contro definitivi di MES e helicopter money

 “Mai nessuno prende il potere con l’intenzione di abbandonarlo”

George Orwell

“Prendi l’aspetto del fiore innocente, ma sii il serpente sotto di esso”

William Shakespeare

La riflessione che segue è lunga per cui vi prego di darmi fiducia e di avere la pazienza di leggerla fino in fondo.  Perché dobbiamo esserne consapevoli: in un sistema economico bloccato da un infarto globale, i nostri Decreto Marzo, Decreto Liquidità e futuro Decreto Aprile sono solo misure tampone per sanità e occupazione. Apprezzabile lo sforzo sulla liquidità con 400 miliardi di garanzie offerte dallo Stato, ma il problema è che le banche sono quasi in lockdown con smart working e turnazioni nelle filiali, prestiti senza garanzie solo fino a 25k (ma con almeno 100k di ricavi nel 2019, altrimenti nella proporzione del 25%) e firme digitali non diffuse che alimenteranno agende a settimane di distanza per iniziare gli affidamenti.

Quanto tempo ci vorrà per far arrivare la liquidità alle imprese con le procedure previste? Se va bene 60 giorni. Come tenere i nostri malati senza ossigeno per 2 mesi. E poi sarà comunque debito per un sistema che continua ad avere costi ma che non ha più ricavi. Con una domanda successiva: a che tasso vengono concessi questi prestiti? Anche perché partite iva e imprese sugli interessi passivi pagano anche l’IRAP.

Qualcuno dirà ci sono anche le misure dell’Europa. Vero perché, dopo una prima conferenza stampa infelice, la BCE sta facendo quello che deve fare una banca centrale con il nuovo QE di 1120 miliardi di € complessivi. Anche se, a parità di abitanti (337 milioni per l’Eurozona, 333 per gli USA), la FED ha già stanziato 4.300 miliardi di $, praticamente più del 350% rispetto alla BCE. E anche qui la domanda sarebbe: ma quelli della FED, che fino a 40 giorni fa tenevano i tassi a più 1,50% contro i tassi negativi della BCE, sono diventati tutti folli “cash dispenser”, oppure hanno profonda consapevolezza dell’infarto dell’economia americana e globale e stanno facendo il massaggio cardiaco al paziente?

Anche se, diciamolo chiaramente, la quantità risorse dei QE è significativa ma non determinante. Conta invece farle arrivare prima possibile a chi ha bisogno di liquidità. Per questo è urgentissima una sospensione dei requisiti di valutazione del merito di credito al fine di garantire flussi di credito adeguati a PMI e professionisti. Anche perché, con tutte le garanzie concesse, eventuali default sarebbero comunque a carico di tutti noi cittadini e non delle banche. E dunque, se solidarietà deve essere, bisogna andare più in fretta possibile per salvare imprese, partite iva e posti di lavoro.

Ma qui arriva la domanda delle domande: dove è la solidarietà interna alla UE? Una prima risposta l’avrebbe data l’ultima riunione dell’Eurogruppo che ha condiviso 3 strumenti. Il SURE, il fondo fino a 100 miliardi di euro annunciato dalla Commissione per il sostegno al reddito dei disoccupati. Il programma di garanzie alle imprese alimentato dalla BEI pari 200 miliardi. E il famoso MES, ovvero il suo adattamento a questa fase pandemica.

Quali le valutazioni? In primo luogo, dobbiamo ricordare che SURE, BEI e MES sono comunque debito che andrà rimborsato e che peserà nei giudizi delle agenzie di rating del nostro futuro. Ma, di questo parleremo dopo. In secondo luogo, SURE e BEI sono meccanismi ad adesione volontaria che valgono 300 miliardi per tutta la UE, una somma che, divisa pro-quota per tutti i Paese UE, sono un “gradito” pannicello caldo. Tanto sempre nostro debito sarà. Forse un po’ meno caro, ma alla fine non diverso.

Sarebbe allora bella la soluzione degli Eurobond a carico di un bilancio UE con capacità fiscali dirette ma, come diciamo da tempo, una concertazione a 27 su questo tema è impossibile perché, al di là della condivisione di rischi e spread, vorrebbe dire un primo approccio di vera unione fiscale. Ovvero un orizzonte progressivo di riallineamento in cui non esistano più Paesi “furbetti del quartierino”, fiscalmente parlando. Una UE vera.

Cosa fare presto allora? La vera alternativa sarebbe un super QE (helicopter money) con soldi accreditati direttamente sui conti dei cittadini. Un accredito di 1500€ per 2 mesi, marzo e aprile, con un’apposita causale per ogni singolo codice fiscale/IBAN dei Paesi dell’Eurozona. Moneta “a tempo” da spendere entro il 31 marzo 2021, e quindi non patrimonializzabile. O la spendi tutta, oppure il 1 aprile 2021 la parte rimanente evapora. Qualcuno potrebbe obiettare: ma così diamo i soldi anche ai ricchi. Certo, ma questa helicopter money sarebbe solo l’equivalente di una misura emergenziale e temporanea di sanità pubblica e di rilancio enorme della domanda dedicata ad un tempo limitato. E poi facciamoci una domanda: chiediamo l’ISEE a chi si presenta in questo momento senza respiro al pronto soccorso?

Fatevi i conti: 3000€ per 337 milioni di abitanti sarebbero circa 1000 miliardi di €. Praticamente meno del programma BCE di quest’anno. Conseguenze? Iniezione di fiducia, consumi, effetti benefici sulle imprese e più inflazione. Senza deficit e senza debito. Stampare moneta direttamente per le persone. Idea “disruptive” a cui ha detto ok sul Financial Times anche il Governatore della Banca di Francia. D’altra parte, il Governo non sta già facendo “helicopter money” a debito con i 600€ per gli autonomi, con i 100€ per chi lavora in sede, con il RDC e con il futuro reddito di emergenza? Non sarebbe meglio se lo facesse direttamente la BCE che può gestirlo, almeno fino al target di inflazione prefissato (2%) o, momentaneamente, anche sopra?

Certo, qualcuno ventila un momento successivo di alta inflazione che intaccherebbe i salari reali delle categorie più deboli. Ipotesi possibile in un mondo non pandemico e, soprattutto, dove i mercati finanziari dovessero prezzare monetizzazioni ripetute del debito. Ma, se fosse un “unicum” in questo infarto iper-deflazionistico in cui la domanda di beni e servizi è inesistente e tale rimarrà probabilmente fino al vaccino, forse un po’ di inflazione farebbe bene anche ai debiti pubblici. E comunque sarebbe meglio rimanere vivi con l’inflazione che morti senza.

E poi veniamo al famoso MES. Vale la pena di usarlo e di infilarsi in questa strettoia per soli 36 miliardi? Ad oggi, la risposta dovrebbe essere no per 2 motivi principali, al di là di altri dettagli. IL primo è che un MES senza Troika non potrà esistere senza cambiare l’articolo 136 del Trattato di Lisbona che lo lega a “rigorose condizionalità”. Certo l’accordo dell’Eurogruppo presuppone che l’utilizzo delle risorse per finanziare i costi sanitari sarà libero ma, dopo l’emergenza, – dice chiaramente e “letteralmente” il documento finale – “lo Stato membro dovrà rafforzare i suoi fondamentali economici e finanziari, in coerenza con il quadro di coordinamento e di sorveglianza economica e di finanza pubblica dell’Ue”. Forse sarò troppo sintetico ma, in altre parole, significa Troika.

Il secondo motivo riguarda un problema di non immediata percezione ma molto più grave e devastante, il vero motivo per cui ad oggi il MES non deve essere usato. La vera “non condizionalità” da negoziare dovrebbe essere quella per cui i crediti MES, anche quelli della linea sanitaria, non siano privilegiati nel rimborso (come sancito nel trattato intergovernativo di istituzione del MES stesso alla stessa stregua dei prestiti del FMI) rispetto al nostro “normale” debito pubblico”. Altrimenti, il nostro debito diventerà “di secondo livello”, junior, subordinato. E, appena finirà l’emergenza, le agenzie di rating lo declasseranno da BBB- (attuale valutazione) a “non investment grade”, ovvero junk.

Ma cosa significa se il nostro “debito normale” diventa junk? Qualcuno potrebbe dire: gli italiani che detengono circa il 65% di quel debito continueranno a comprarlo anche in ottica solidale per cui “no problem”. Purtroppo non sarà così perché il nostro debito è detenuto solo per il 3% in forma diretta dai cittadini. La parte preponderante è invece nel portafogli degli italiani attraverso strumenti come i fondi, sicav, etf (e altro) che non possono per regolamento investire in obbligazioni senza rating (junk). In sintesi: sarà difficile rifinanziare una parte del debito esistente (circa 1400 miliardi di €) senza un haircut, uno “sconto”, un taglio tra il 25 e il 30%. Come dire: se a un italiano che ha un BTP da 100mila € gli ridanno solo 75mila €. Potrà fare poco la BCE che può eccezionalmente comprare debito junk solo con il programma pandemico e solo fino al 31 dicembre 2020. E, in ogni caso, non per cifre simili. Altro che lo 0,006 di Amato.

Senza dimenticare, infine, che le ormai diffuse invocazioni di patrimoniali, tasse di solidarietà o ipotetici aumenti IVA sembrano preannunciare “manovre senza prigionieri” per settembre. Solo per memoria, vorrei ricordare che questo Paese ha 60 milioni di abitanti e 41 milioni di potenziali contribuenti ma quelli che versano almeno 1 € di Irpef sono poco più di 30 milioni. Questo significa che quasi il 50% degli italiani non ha reddito imponibile e quindi non paga nulla di Irpef. Ne rimangono altri 30 milioni che pagano tutte le tasse di questo Paese e, tra questi, il 12,8% paga il 58% di tutta l’Irpef italiana.

Questo significa che qualsiasi aumento della tassazione (per di più calcolata sui redditi 2019 che saranno inesistenti per molti nel 2020) andrà a colpire sempre i “soliti noti”. L’alternativa sarebbe quella del già ricordato prelievo forzoso sui conti bancari di Amato del 1992. Come dire che, invece di dare liquidità/ossigeno a imprese e cittadini che non riescono a respirare, gli leveremmo anche la liquidità, ovvero il poco ossigeno ancora esistente.

Alla fame e senza ossigeno. Speriamo non facciano questo i medici del nostro futuro e delle nostre finanze.


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