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Rilanciamo l’asse Mediterraneo. La ricetta di Letta contro l’egoismo del Nord

Un’asse del Mediterraneo per riuscire “a smussare le rigidità dei nordici e produrre avanzamenti concreti”: è l’auspicio dell’ex Premier Enrico Letta, ospite insieme al politologo e studioso di Europa Sergio Fabbrini, dei “Dialoghi Italo Francesi” organizzati dalla Luiss Guido Carli in collaborazione con l’Università di Science Po di Parigi e il Forum Ambrosetti

A moderare la Prof.ssa Paola Severino, vicepresidente Luiss, che ha colto l’occasione per ricordare come “questi dialoghi rappresentino un’iniziativa per celebrare il forte e consolidato legame della comunità italo-francese”.

Un legame rinnovato nell’avversità della crisi Covid-19, in cui ruolo centrale spetta all’Europa, che deve sempre avere salde nelle sue mani “il fattore tempo”. Secondo Enrico Letta, oggi Presidente della SciencesPo University di Parigi, nel 2008 “la risposta fu tardiva, mentre oggi invece la BCE e la Commissione sono state veloci. In Europa, gli equilibri sono mutati: l’Inghilterra con Brexit non c’è più, l’Olanda ha preso il suo posto. Ma il ruolo di Amsterdam, quello del “Signor No”, é poco costruttivo. Al Sud l’asse Italia – Francia – Spagna si è ricreato ma in realtà, anche se incrinato, è sempre esistito, ed è un asse che gioca un ruolo fondamentale, come visto all’Eurogruppo”.

É lo stesso asse, ha spiegato Letta, che nel 2010 determinò l’elezione di Mario Draghi alla Bce, con i governi conservatori Berlusconi – Sarkozy – Rajoy, che riuscirono a convincere la Merkel. “Fosse stato eletto Axel Weber alla presidenza della Bce avremmo avuto un’Europa diversa. Quest’alleanza riesce a smussare angoli delle rigidità dei nordici e a produrre avanzamenti concreti. L’Italia si è aggrappata, non si stacchi: abbiamo già visto cosa significa essere isolati. Questo é il mio invito al Governo italiano a rafforzare questa intesa che eviti l’isolamento del nostro Paese che può essere dannoso”.

Ha fatto eco all’ex premier anche Sergio Fabbrini, direttore del Dipartimento di Scienze Politiche, secondo cui “l’Italia non deve rinunciare a svolgere ruolo intellettuale di proposte per contribuire a individuare, con mediazioni oneste e stimoli culturali, un’Europa che metta in discussioni le tematiche più rilevanti: difesa, intelligence, politica estera, controllo delle frontiere, cyber security. Su queste politiche, dobbiamo fare delle proposte. La sovranità può essere “spacchettata”, bisogna decidere su quali politiche non si può essere “sovrani da soli” e su quali invece sì. Dobbiamo ridare maggiore sovranità alle nazioni, questo sforzo dovrebbe essere appannaggio, tra le altre, anche di Italia e Francia.”

Oggi gruppi regionali di Stati sono stati creati nel continente: la lega “Anseatica” ruota intorno all’Olanda, i Paesi dell’Est ruotano intorno a sé stessi e sono andati avanti sulla strada di sistemi autoritari e illiberali. Poi si è creata la “formazione mediterranea”. L’Unione Europea odierna, a detta di Fabbrini, “è troppo vincolata da logiche intergovernative che spingono i governi a seguire interessi nazionali nel breve periodo piuttosto che nel lungo periodo. La logica attuale va messa in discussione: l’Unione deve uscire fuori con logica realmente comunitaria. Ci sono interessi e divisioni diverse: ho notato una convergenza di visioni tra i Paesi protestanti che differiscono da quelle dei Paesi cattolici, che hanno generato una frattura su visioni diverse di Europa”.

È di fronte alle fratture che si ha necessità di connessione tra due parti, ha invece notato la Severino, secondo cui “Università e sistemi di insegnamento possono creare collante per l’Europa, perché hanno capacità di creare nuove professionalità europee, anche tramite le opportunità del digitale. Società crescono quando intelaiature culturali e scientifiche delle Università sono solide”.

Concorde ma scettico Letta:La didattica online? Acuisce disagi e problemi di disuguaglianza sociale, che solo la socialità “in presenza”, senza cui non vi è apprendimento, riesce a colmare. Credo che dobbiamo abituarci all’idea che da settembre avremo un semestre “ibrido” con Università aperte ma un’alternanza tra didattica in presenza e distant learning”.

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