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Il rischio della libertà

Non sono rari i casi in cui la cura uccide il malato. Non sempre, lo sappiamo, la libertà possibile è libertà che ci libera; il prezzo di tale possibilità, talvolta, è la negazione della libertà stessa.

Ci muoviamo, in questo tempo di fasi confuse nel post (?) coronavirus, tra la necessità di essere liberi e l’impossibilità di esserlo. C’è il rischio, in un certo massimalismo delle scelte, che la libertà che vivremo nella luce dopo il tunnel sia un qualcosa che non vivremo mai.

Siamo impreparati all’improbabile. In piena democrazia, infatti, utilizziamo strumenti tipici di altri regimi. Chi scrive pensa che il “prima di tutto la salute” sia una base di partenza necessaria ma, allo stesso tempo, sente il bisogno di dire che le massificazioni di cui si sente parlare ci pongono dei dubbi sui rischi che esse comportano.

È chiaro che, in questa fase, la scienza deve esprimere parole chiare. Attenzione, però, a che la scienza, in un quadro di prevalenza dei “competenti” sui decisori politici, cancelli l’autonomia del “politico”.  Il limite è incerto. Lo vediamo ogni giorno: la potenza della scienza si scontra con la debolezza della politica. Ci vuole, alcuni lo dicono realisticamente, un “dialogo” alto e profondo.

Con uno sguardo nell’oltre, saremo prigionieri di app che controlleranno i nostri movimenti ? E cosa rappresentano gli esperimenti di massa di cui si parla ? E, ancora, il distanziamento sociale farà parte appieno delle nostre vite ?

Qui si vuole chiamare tutti a un ragionamento, porre il tema – senza esasperarlo – di quale società ci troveremo a vivere. Saremo chiamati a ripensare le nostre abitudini, e questo è un dato acquisito: lo faremo, da cittadini responsabili. Ma, attenzione, per non pentircene dopo, a esaltare la perdita di socialità, l’abbandono delle relazioni. Ci diremo liberi senza fare l’esperienza della libertà ?

Seguire i consigli della scienza non significa credere in maniera dogmatica. Il rischio della volontà di onnipotenza è dietro l’angolo. Piuttosto, si lavori a ripensare il paradigma politico, a calarlo nell’era dell’improbabile. Perché, che ci piaccia o no, questo è il nostro tempo.

(Professore incaricato di Istituzioni negli Stati e tra gli Stati e di History of International Politics, Link Campus University)

 

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