Come insegnante madre nonna non intendo tacere la preoccupazione per la lunghissima sospensione delle attività didattiche in presenza, e sconcerto per il fatto che la scuola non sia stata ancora assunta dal Governo come priorità nazionale. Certo la Ministro Azzolina aspetta i consigli del comitato di cui si è dotata che arriveranno al 31 luglio, ma è già troppo tardi, anche perché anche il Presidente del Consiglio nell’ultima conferenza stampa non ha declinato la questione.
E’ urgentissimo che si concretizzi una piattaforma perché a settembre tutti gli alunni e studenti possano ritornare nelle loro scuole, anche se non a pieno ritmo. Almeno da 0 a 18 anni bisogna creare le condizioni per il rientro, in un tempo ancora di convivenza con il virus che è evidente sarà vispo e vive con noi. Sia l’Ocse che HundrEd hanno predisposto materiali, elaborazioni, esempi di pratiche utili in questa fase di emergenza da corona virus. In particolare HundrEd ha pubblicato un Rapporto che è una miniera di utili indicazioni, Spotlight: Quality education for all during Covid-19 crisis.
Abbiamo riflessioni importanti da considerare come quella del sociologo Dubet per il quale la prova del confinamento a cui siamo sottoposti dall’emergenza del corona virus ben rivela, la trasformazione della tipologia delle disuguaglianze. Finché vivevamo in una società industriale e di classe, le disuguaglianze diventavano un’esperienza collettiva. All’io si contrapponeva il “noi”, “noi” i lavoratori, “noi” i “borghesi”, “noi” i contadini. Il confronto era fra gruppi. Negli ultimi trent’anni, questo regime si è annullato e sono gli individui più che i gruppi che vivono le disuguaglianze: io sono disuguale “in quanto” donna, di periferia, scarsamente istruito, divorziato, lontano dal mio lavoro, o “in quanto” giovane, vecchio, con o senza connessione digitale.
Il Covid-19 è cieco e democratico, colpisce tutti e costringe tutti a proteggersi proteggendo gli altri. L’universalità del rischio e l’imperativo della solidarietà ci costringeranno, allora, a mettere in discussione la giustizia delle disuguaglianze. È giusto che un sanitario, un camionista, un cassiere o un addetto alle consegne siano condannati a bassi salari e insicurezza quando ora sappiamo che il loro lavoro è così vitale? D’altra parte, è giusto che guadagni altissimi siano totalmente disconnessi dall’utilità sociale del lavoro svolto? Dubet si e ci pone una domanda: se il fattore principale dell’uscita dalla pandemia è quello della solidarietà e della fiducia democratica, non si vede come la scuola non possa non essere messa in discussione. I rapporti con l’apprendimento, l’orario di lavoro, le valutazioni scolastiche non usciranno indenni da questa crisi. Tuttavia, si può essere ottimisti quando si vede quanto gli insegnanti, spesso percepiti come cauti e ripiegati sulle loro tradizioni pedagogiche, si mobilitano, inventano, si relazionano con i loro studenti, non contano il tempo che impiegano. Forse la pandemia trasformerà la scuola e l’università più di quanto i ministri siano stati in grado di fare. Intanto però resta il fatto che figli e familiari disabili si confermano, per il Governo, un “problema” di chi li ha.
I contenuti del nuovo Dpcm presentato in conferenza stampa dal premier Conte sono irricevibili perché nell’emergenza sono emerse le vere intenzioni dei nostri governanti. La famiglia si è dimostrata sempre la prima e principale forma di welfare in questo tragico momento ancora di più. Eppure, non è nemmeno stata nominata. Non lo sono stati i bambini, né i disabili, che soffrono più di altri questa circostanza. Stanno facendo enormi passi indietro per il lavoro e tra poco il gap tra le donne lavoratrici con o senza figli diverrà incolmabile e torneremo agli anni Cinquanta e vale anche per i papà: le norme e i bonus sono del tutto insufficienti a coprire questi mesi di chiusura delle scuole anche perché tante promesse e niente fatti. Il problema è più grave per chi ha figli o familiari disabili: sulle spalle dei caregivers è lasciato tutto il peso dell’assistenza e questa situazione avrà gravi ripercussioni sulla salute non solo delle persone con disabilità, ma anche di chi li assiste. Anche perché politicamente stanno massacrando il Fondo in sonno previsto dalla finanziaria del 2017 che era già stato destinato ai caregiver senza accordarsi per il suo utilizzo. Il Terzo Settore è lasciato solo a colmare queste carenze e non è neppure stato nominato: la sussidiarietà funziona a senso unico: le istituzioni si rivolgono alle associazioni solo per chiedere.
Noi abbiamo scritto una lettera a Mattarella indicando anche la disponibilità a soluzioni e come TutteperItalia da sempre contribuiamo a studiare e indirizzare le istituzioni per i nostri studenti e bambini ,e se è vero che vanno tutelati i posti di lavoro, bisogna partire dalle famiglie: non sono una categoria: sono lo Stato, sono il welfare, la cura, la scuola, la sanità,il lavoro sono il futuro di tutti noi. Non possiamo fare loro beneficenza. Occorre un piano di sostegno serio, perché senza le famiglie non c’è speranza per nessuno.