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Serve una agenzia di intelligence finanziaria. Roberto D’Alessandro spiega perché

Di Roberto D'Alessandro

Le strade sono deserte, le attività chiuse, le giornate trascorrono in un tempo sospeso. Come “sospese” si moltiplicano alcune iniziative: una volta c’era il caffè nei bar ma oggi anche la spesa è “sospesa”, i panieri vuoti restano sospesi ad un balcone, in attesa che qualcuno vi lasci qualcosa o ne prelevi il contenuto.

La situazione in Italia si presenta, ad oggi, così. Ma non sarà sempre cosi, anzi, tra poco, il mondo riprenderà a correre, a una velocità che le cicatrici di questo passaggio epocale segneranno, in accelerazione o in rallentamento.

Tuttavia, non tutti si sono fermati: la crisi sanitaria che stiamo vivendo ha aperto la strada ad una forte crisi economica, preannunciata da momenti di tensione finanziaria senza precedenti nella storia del nostro Paese. In poche giornate la Borsa italiana, ha bruciato il 17,20 per cento nelle tre settimane precedenti il divieto di short selling, manovra speculativa che determina un forte ribasso del mercato, registrando massive vendite allo scoperto di titoli di aziende pubbliche (share shopping) operanti in settori strategici del nostro tessuto economico ed industriale.

Nel medesimo contesto, riguardato da un angolo visuale più ampio, si sono registrati in questo periodo intense campagne di cyber offence, rivolte ai danni di strutture critiche (si pensi all’attacco cibernetico alla rete informatica dell’ospedale Spallanzani del 31 marzo) che, in momenti di elevata vulnerabilità del Paese, espongono tutte le strutture sensibili a tensioni dagli esiti non immediatamente prevedibili.

È di qualche giorno fa l’annuncio di un rafforzamento dello strumento del Golden Power, il potere di “veto” riconosciuto allo Stato per operazioni su assets strategici del patrimonio nazionale perché, ha annunciato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, “da esso dipende anche la sicurezza nazionale”. Quella sicurezza sul cui fronte, probabilmente, è il caso di costruire ulteriori argini, soprattutto in termini di analisi, di prevenzione e di intervento.

Allo stato attuale, il patrimonio informativo viene gestito da diversi enti ed istituzioni che, con competenze diversificate e, talvolta, duplicate, concorrono allo studio dei fenomeni in un’ottica più spesso macroeconomica e di strategia ma che rischiano di mancare la palla sul piano tattico.

Un’agenzia di intelligence finanziaria dedicata, snella, posta – come le attuali – alle dipendenze dirette del presidente del Consiglio consentirebbe di realizzare con tempi più ridotti e con un minor dispendio di energie, anche economiche, l’obiettivo dichiaratamente perseguito, anche attraverso la gestione del flusso di comunicazioni – che ci si accinge ad incrementare – “per l’acquisizione di quote azionarie delle piccole e medie imprese ritenute strategiche”, realizzando, con le metodiche tipiche delle strutture di intelligence, una piattaforma informativa integrata “sul campo” e di immediato sfruttamento.

Dopo la stagione della guerra al terrorismo, si avviò l’istituzione dei servizi per la sicurezza democratica cui dobbiamo, fin ad oggi, tanti – quanto silenziosi – interventi: è forse arrivato il momento, al tempo di una nuova guerra, dai contorni più impalpabili e dai volti invisibili, di ripensare alla tutela a tutto campo del nostro incommensurabile quanto fragile patrimonio. Un grande della storia ci ricordava che “l’inconveniente delle persone e delle nazioni è la pigrizia nel cercare soluzioni e vie di uscita. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è una routine, una lenta agonia. Senza crisi non c’è merito”. Ebbene, questo Paese si merita una soluzione.

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