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La settimana più dura. Il bivio di Trump nella lotta al coronavirus

“Questa sarà probabilmente la settimana più dura, tra questa settimana e la prossima settimana”, dice Donald Trump, che solo la settimana scorsa voleva riaprire l’America per Pasqua. “Ma ci sarebbero stati molti più morti se non avessimo fatto tutto ciò che abbiamo fatto e stiamo facendo”, aggiunge, tacendo il fatto che la sua Amministrazione continua a non avallare le raccomandazioni dei medici – l’ordine di ‘stare a casa’ – e ad avere atteggiamenti in contraddizione con esse – l’indossare le mascherine.

La ‘rimessa in moto’ dei motori dell’economia e della politica, messe entrambe in stallo dall’emergenza coronavirus, non è al momento prevedibile. C’è l’ipotesi di creare un team d’esperti che studi come fare ripartire il Paese.
“Ci saranno molti morti nelle prossime settimane”, continua il presidente nel briefing quotidiano con la task force anti-coronavirus della Casa Bianca: “È una situazione incredibile, non si era mai vista una cosa simile”.“Ogni decisione che stiamo prendendo è per salvare vite umane, questa è l’unica cosa che conta per noi. Vogliamo che perdano la vita meno persone possibile”.

Il bilancio delle vittime negli Stati Uniti ha ormai superato gli 8000 morti, secondo il numeratore della Johns Hopkins University, e i contagiati sono oltre 300 mila. Per fronteggiare l’emergenza nello Stato di New York, il più colpito, e rispondere a una richiesta del sindaco della Grande Mela Bill De Blasio, Trump invia mille militari che contribuiranno a gestire l’emergenza pandemia.

Stimolato poi dall’invito a pregare del suo vice, e zar anti-coronavirus, Mike Pence, profondamente credente, Trump, di cui non si conoscono sentimenti religiosi particolari, dice: “Com’è triste dovere guardare sui propri computer la messa della domenica delle Palme e della domenica di Pasqua … Anch’io potrei guardare la messa sul mio laptop”.

Nonostante l’emergenza, Trump prosegue le purghe post scampato impeachment e silura l’ispettore generale dell’intelligence Michael Atkinson, che informò il Congresso della denuncia della talpa che innescò il ‘Kievgate’. “Non ha più la mia fiducia”, è la laconica motivazione.

 

Usa2020

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