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App Immuni, perché i dati personali sono materia di sicurezza nazionale. Parla Fiorini (Fi)

Di Benedetta Fiorini

L’attenzione del Copasir sull’applicazione “Immuni”, scelta dal governo come strumento per monitorare il contagio da coronavirus, ha acceso, giustamente, i riflettori sul problema della sicurezza nazionale correlata ai nostri dati personali e alle tecnologie attraverso cui vengono veicolati.

Un tema su cui la Commissione Europea si è espressa con una raccomandazione specifica l’8 aprile scorso in seguito alla scelta di 12 Paesi di adottare soluzioni tecnologiche per il tracciamento dei dati (il famigerato contact tracking). La decisione di dedicare una sessione di “approfondimento” del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica sul progetto dell’App che sposta la discussione al Parlamento, di fatto, anche se con la modalità che gli è propria, è un campanello d’allarme, da non sottovalutare, sulla necessità di alzare il livello di attenzione in merito alla sicurezza dei dati personali.

A fine gennaio, quando non si immaginava che quei primi segnali di contagio avrebbero portato ad una pandemia, avevo messo in guardia dai rischi provenienti dal controllo dell’infrastruttura 5G da parte di operatori cinesi e sul pericolo dello strapotere della Cina nelle Tlc e le conseguenze che esso comporterebbe qualora Pechino venisse in possesso dei nostri dati sensibili compresi quelli sanitari, quindi anche su questo tema bisogna mantenere alto il livello di attenzione.

Nonostante il nostro Paese avesse ricevuto tanti segnali, forse non abbiamo saputo cogliere quale sarebbe stato il terreno su cui si sarebbe giocata una nuova guerra globale: quello dei dati personali! Ora ci siamo dentro, per non dire che ne siamo stati travolti, e bisogna correre rapidamente ai ripari, recuperando anche il tempo perso.

La normativa europea sulla Gdpr e la reazione delle big four, ma anche altri segnali, dovevano indurci ad intervenire. Siamo ancora in tempo oppure è troppo tardi? A metà marzo, come riportato dall’agenzia Bloomberg, dall’amministratore delegato di Telecom Italia abbiamo saputo che nei primi giorni di lockdown c’era stato un incremento superiore al 70% del consumo di banda dovuto all’aumento delle connessioni da casa per lo smart working, la didattica a distanza ma anche i videogiochi online, tra cui, ad esempio Fortnite, un game molto diffuso tra gli adolescenti e i giovani. Chi controlla che queste enormi quantità di dati siano sicure? Chi controlla che i comportamenti dei nostri figli non siano in mani sbagliate? C’è bisogno di intervenire subito e bisogna dare mandato pieno ai nostri servizi di intelligence di fare una ricognizione rapida del problema. Basta seguire con più attenzione alcune conversazioni che avvengono sui social network per capire che il problema è ampiamente sottodimensionato e che ci stiamo esponendo ad un rischio enorme.

Bisogna stare molto attenti anche alla “provenienza” di donazioni di strumenti tecnologici ad aziende o scuole e alla concessione ad uso gratuito di software e app per personal computer, smartphone o tablet dietro cui potrebbero celarsi strategie per l’acquisizione di dati sensibili, anche sanitari.

La pandemia da Covid-19 ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica la questione sulla sicurezza nazionale che fino ad oggi era appannaggio di pochi. Il dibattito sul golden power è riuscito ad alzare il livello di guardia sull’importanza di tutelare le imprese strategiche e le eccellenze italiane portando anche all’allargamento e al rafforzamento dello scudo dei nostri capitali. Ma la vera battaglia sulla sicurezza nazionale in questo periodo e nei prossimi anni si giocherà sempre di più sull’accesso alle informazioni strategiche, i dati sanitari, quelli economici, le abitudini, i comportamenti di ognuno di noi: il vero capitale del XXI secolo.

L’aumento vertiginoso dell’utilizzo di device collegati a Internet come smartphone, personal computer, tablet, smart tv ma anche i nuovi assistenti digitali, sempre più diffusi nelle nostre case, dovuti alla digitalizzazione di gran parte delle nostre attività quotidiane, dal lavoro alla scuola, alla sanità ma anche alle relazioni interpersonali, consentono l’accesso a enormi quantità di dati sensibili e il loro tracciamento.

Non vorremmo che dietro questa emergenza si celasse qualche secondo fine. C’è in ballo, se ancora qualcuno non l’avesse capito, una questione di sicurezza nazionale ben più delicata di quella delle attenzioni di investitori stranieri che dobbiamo affrontare con la massima urgenza e attenzione per la tutela del nostro Paese, dei suoi cittadini e delle sue aziende.

 

 

 

 

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