Travolto, o almeno scosso, dal putiferio suscitato dall’idea di combattere l’epidemia di coronavirus con iniezioni di disinfettante, Donald Trump potrebbe cercare di rinviare le elezioni presidenziali del 3 novembre, temendo di perderle nella scia della tragedia dei contagi e del crollo dell’economia e dell’occupazione. Intanto, medita di ridurre le presenze nel briefing quotidiano sull’epidemia, che all’inizio gli sono valse visibilità e popolarità, ma che adesso gli stanno costando terreno.
Il fermento sui ‘consigli per la salute’ presidenziali segna una giornata in cui il numero dei decessi negli Usa supera i 50 mila (sale oltre 51 mila) e quello dei contagi va oltre i 900 mila, stando ai dati della Johns Hopkins University. Con 1.258 decessi venerdì, il saldo giornaliero è però il più basso delle ultime tre settimane. Giovedì, al contrario, s’era registrato uno dei bilanci giornalieri più pesanti, con almeno 3.170 morti in 24 ore.
Il numero di contagi particolarmente alto, un terzo di quelli mondiali, è spiegato dal vice–presidente Mike Pence col gran numero di test effettuati: “Sono oltre cinque milioni” i cittadini ‘testati’. Pence dice: “il peggio è passato e l’epidemia sarà in gran parte alle nostre spalle entro il Memorial Day“, il 25 maggio.
L’ipotesi del rinvio delle elezioni è stata fatta dal candidato democratico Joe Biden: il presidente “proverà ad escogitare un modo per rimandare il voto”, ha detto l’ex vice-presidente, a una raccolta fondi virtuale, “farà tutto il possibile per rendere difficile alle persone votare, perché è l’unico modo che ha per pensare di vincere”.
La media dei principali sondaggi fatta da RealClearPolitics dà Biden davanti a Trump di sei punti: Biden è in testa in tutti i rilevamenti tranne che in quello della Fox, che parla di un testa a testa. Ma, sempre per la Fox, Biden è avanti in Florida, uno degli Stati da sempre cruciali nelle presidenziali, con 46% dei consensi contro il 43%.
I candidati devono ora fare entrambi i conti con l’aumento degli indecisi, che nell’attuale contesto politico statunitense fortemente polarizzato erano pochi, e con un calo di interesse per il voto: gli “estremamente interessati” alle elezioni presidenziali sono scesi in poco tempo dal 55% al 48% degli intervistati.
Rallentano pure le registrazioni per il voto, anche per le limitazioni ai movimenti delle persone e per l’impossibilità di portare avanti campagne porta a porta e di tenere comizi. Il problema tocca soprattutto i giovani (quelli tra 18 e 23 anni quest’anno rappresentano il 10% degli aventi diritto, molto di più del 2016), che potrebbero alla fine disertare in massa le urne proprio per le difficoltà d’iscriversi nei registri di voto – una procedura vincolante -, con molti Stati importanti, come Texas e New Hampshire, che non hanno piattaforme ‘ad hoc’ online.
Nonostante con i suoi briefing quotidiani sul coronavirus sia l’unico che sta effettivamente facendo campagna elettorale, Trump vede sfumare sempre più la sua popolarità, che s’era avvicinata al 50% all’inizio dell’epidemia ed è scivolata ad aprile al 46%, con il 51,5% degli americani che disapprova il suo operato, sempre secondo la media dei sondaggi di RealClearPolitics.
Ieri, sul coronavirus, Trump ha fatto un briefing lampo: per la prima volta, il punto stampa non s’è trasformato in un appuntamento fiume. Trump e Pence hanno lasciato la sala stampa senza prendere domande, subito dopo una panoramica sugli sviluppi della pandemia. Con loro, non c’era nessuno dei super-esperti della task force, il virologo Anthony Fauci e l’immunologa Deborah Birx.
Secondo il sito Axios, Trump avrebbe intenzione di diradare la presenza ai briefing. Il suo staff lo avrebbe convinto che le apparizioni quotidiane rischiano di trasformarsi in una sovra–esposizione e di divenire un boomerang elettorale, specie se le sue affermazioni mettono in difficoltà le autorità sanitarie federali e gli stessi super esperti ingaggiati dalla Casa Bianca. E la situazione peggiora se emerge – come riferiscono media Usa – che dietro l’idea di combattere il coronavirus con iniezioni di disinfettante potrebbe esserci un noto predicatore e ciarlatano della Florida che propaganda e produce una “cura miracolosa” a base di candeggina. Mark Grenon, conosciuto come l’arcivescovo della chiesa ‘Genesis II’, avrebbe scritto una lettera al presidente statunitense alcuni giorni fa.