Gli Stati Uniti riprendono il dossier del Venezuela. In mezzo alla gestione della crisi pandemica, il governo di Donald Trump trova il modo di non abbandonare la lotta contro Nicolás Maduro. In un tweet, il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, ha denunciato l’ultima mossa illegale del governo socialista: “Il regime di Maduro continua ad arrestare ingiustamente 334 prigionieri politici in Venezuela. Ci sono il #CITGO6, lo zio di @JGuaido, consiglieri e membri del
@AsambleaVE, operatori sanitari e giornalisti. Questo è inaccettabile”.
E prosegue: “Come afferma il Framework for Transition states, ora è il momento della liberazione immediata di tutti i prigionieri politici del #Venezuela. Chiediamo a Maduro e ai suoi alleati di rilasciarli immediatamente e facilitare la transizione verso un governo di transizione legittimo”. Il governo americano dunque insiste nel piano per la transizione in Venezuela, sempre attraverso lo svolgimento di elezioni libere e trasparenti nel Paese sudamericano.
Nelle condizioni sottolineate da Pompeo c’è che il vertice militare, cioè, il ministro per la Difesa, il viceministro per la Difesa, il Comandante del Comando Strategico Operativo (Cofanb) e altri leader restino all’interno del governo di transizione. Il capo della diplomazia americana chiede anche un ritorno alle urne per il Parlamento, con la partecipazione degli osservatori internazionali, offrendo in cambio il ritiro di tutte le sanzioni degli Stati Uniti e l’Unione europea.
La possibilità di avviare il dialogo con il governo di Trump è sul tavolo di Maduro. Ad affermalo il sottosegretario dell’Ufficio di Affari per l’Emisfero Occidentale del Dipartimento di Stato americano, Michael G.Kozak: “Maduro vuole una negoziazione segreta con il governo degli Stati Uniti, ma noi appoggiamo a Juan Guaidó come presidente ad interim e dell’Assemblea Nazionale”.
Su Twitter Kozak ha citato martedì il piano di transizione democratica, specificando le condizioni indispensabili per i negoziati: “Che Maduro lasci il potere adesso e che un governo di transizione nominato dall’Assemblea Nazionale celebri nuove elezioni”.
Ieri, durante una conferenza stampa, Pompeo ha spiegato che il Venezuela fa parte delle priorità degli Usa per gestire la diffusione del coronavirus. Il segretario di Stato americano ha dichiarato che l’infrastruttura sanitaria venezuelana era già al colosso molto prima della pandemia, a causa della crisi umanitaria, economica e politica del Paese. “L’assistenza (umanitaria, ndr) è sempre stata lì, e sarà disponibile per il popolo venezuelano – ha ribadito Pompeo -. Ma l’aiuto più grande sarebbe riprendere le condizioni perché si ripristini la democrazia”.
Gli Usa hanno inviato 9 milioni di dollari per il popolo venezuelano: “Le agenzie di cui ci fidiamo, come l’Onu e la Croce Rossa, convertiranno quelli soldi e quelle risorse in assistenza che sarà distribuita sul territorio. Il presidente Guaidó è convinto che lo possiamo fare”.
Secondo il quotidiano americano The New York Times, in Venezuela la metà dei medici (circa 30.000) sono andati via dal Paese. Quelli che restano devono confrontarsi con molte barriere prima di raggiungere i pazienti. La mancanza di benzina complica gli spostamenti. Le autorità hanno promesso a medici e personale sanitario un accesso preferenziale per il rifornimento di combustibile, ma la logistica non è stata risolta.
Circa il 35% degli ospedali venezuelani non ha acqua corrente e il 90% non ha un protocollo per la gestione del coronavirus. In uno scenario moderato ci vorrebbero circa 1500 posti letti in terapia intensiva, ma i 46 ospedali pre-disposti dal regime per l’emergenza dispongono soltanto di 206.