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Usa2020, l’incubo del contagio su convention ed elezioni

L’incubo del coronavirus si allunga sull’estate politica americana e arriva all’autunno delle elezioni: in un giorno tragicamente record di decessi e contagi, Joe Biden esprime dubbi che la convention del partito democratico possa farsi, come previsto, a Milwaukee a metà luglio, e ipotizza piani d’emergenza per le elezioni di novembre.

“È difficile immaginare” che la convention si svolga come finora previsto, ha detto in un’intervista alla Msnbc il battistrada nella corsa alla nomination democratica, ipotizzandone un posticipo. Invece, l’ex vice di Barack Obama non vede “alcuna ragione per eliminare o ritardare le elezioni”, fissate il 3 novembre; ma ammette che potrebbero essere necessari “seri adattamenti”, ad esempio l’aumento delle possibilità di votare senza andare fisicamente alle urne, per posta, online o anche con il drive-in.

Negli Stati Uniti, è già successo di votare nel mezzo di un’epidemia – e per di più di una guerra -: accadde nel 1918, quando il voto di midterm il 5 novembre, quasi coincidente con la fine in Europa della Prima Guerra Mondiale, si svolse nel pieno della spagnola, l’influenza che uccise, negli Usa, 675 mila persone e che – si stima – infettò un terzo della popolazione mondiale, facendo 50 milioni di vittime.

La spagnola fu la prima, e la più letale, delle pandemie influenzali del XX Secolo: scoppiò nel 1918 e durò fino al 1920. Una delle sue prime vittime newyorchesi fu Frederick Trump, il nonno dell’attuale presidente. Immigrato dalla Germania, imprenditore dai trascorsi avventurosi, Frederick, 49 anni, si sentì improvvisamente male per strada il 29 maggio: febbre altissima, sudorazione copiosa, il giorno dopo era morto. Gli diagnosticarono subito una polmonite, capirono solo dopo che era la spagnola.

Con l’epidemia di coronavirus in corso, a Washington c’è chi ha già tirato fuori i piani d’emergenza studiati allora per aggiornarli: le elezioni presidenziali non sono ancora considerate a rischio, ma l’andamento della pandemia imprevedibile, le curve del contagio sono basate su assunzioni e previsioni tutte da verificare.

Ora, le vittime negli Usa raddoppiano in meno di tre giorni: superano le 5.100 e i contagi sono oltre 215 mila, le guarigioni oltre 8.500, secondo i dati costantemente aggiornati della John Hopkins University. Ieri, ci sono stati 884 decessi in 24 ore: mai così tanti.

Lo Stato di New York è il più colpito, seguito da New Jersey e California, ma focolai preoccupanti ci sono pure in Lousiana e Michigan; il Wyoming è l’unico Stato finora senza decessi. Mike Pence, il vice di Trump, lo “zar anti-virus”, dice che i test effettuati sono 1,1 milioni e che l’Italia è il caso di diffusione dell’epidemia più simile agli Usa.

Mentre il NYT traccia la mappa dei nuovi poveri, l’intelligence accusa la Cina di falsificare i dati. E la California, come altri Stati, libera detenuti non pericolosi, per ridurre i rischi nelle carceri. Un po’ ovunque nell’Unione detenuti eccellenti chiedono di essere rilasciati, causa la paura del contagio.

Infine, minacce per Anthony Fauci, massimo esperto Usa in malattie infettive, spesso in contrasto con Trump nella task force contro il coronavirus della Casa Bianca: la sua sicurezza è stata rafforzata, scrive il Washington Post, anche se la natura delle minacce da lui ricevute non è chiara. Fauci è nel mirino di commentatori di destra e blogger influenti fra i sostenitori di Trump.

(Usa2020)

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