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Così possiamo combattere il virus dallo Spazio. Parla l’eurodeputato Salini (FI)

Il Covid-19 si combatte anche dallo Spazio, sfruttando i satelliti per monitorare i contagi e identificare eventuali rischi sui flussi migratori. Parola di Massimiliano Salini, eurodeputato di Forza Italia, vicepresidente a Strasburgo dell’Intergruppo “Sky and Space”, relatore del Programma spaziale dell’Unione europea e ora artefice di una proposta per due progetti-pilota con cui mettere avanzate tecnologie spaziali in campo contro il virus.

Il primo ha l’obiettivo di sfruttare il sistema di navigazione satellitare Galileo per tracciare i pazienti positivi e contenere le epidemie. Il secondo punta a incrociare le mappe di Copernicus con dati terrestri (droni dotati di sensori per rivelare la temperatura corporea) così da monitorare i flussi migratori in aree vulnerabili. Si aggiungono ai contributi già offerti dallo Spazio in questa emergenza. La scorsa settimana, il servizio di “rapid mapping” di Copernicus, attivatosi su richiesta della Protezione civile italiana, ha pubblicato le prime immagini di Torino. Elaborate da un team guidato dall’italiana eGeos (Telespazio e Asi), servono a identificare le strutture temporanee e le aree vulnerabili di possibile riapertura, così da supportare le valutazioni sul passaggio alla fase due.

Come nasce la nuova iniziativa nell’Europarlamento?

I sistemi satellitari europei sono tra i migliori e più accurati del mondo. Per massimizzare il loro contributo alla gestione dell’emergenza abbiamo pensato a due ipotesi di lavoro, trasformatesi in due progetti-pilota depositati in commissione Industria, ricerca ed energia (Itra) del Parlamento europeo per un’approvazione in prima battuta per poi confluire sul budget generale dell’Unione europea.

Di cosa tratta il primo progetto?

Denominato “Pandemic Eu-wide management”, fa riferimento al sistema di navigazione satellitare Galileo ed è rivolto alla platea dei cittadini europei che decidono di scaricare un’applicazione per tracciare i propri movimenti. Al momento circolano tante applicazioni con lo scopo di monitorare gli spostamenti dei positivi. Con questo progetto-pilota, si tratta di valutare la possibilità non di averne una sola (cosa che sarebbe impossibile vista la libertà e l’intraprendenza nel campo su tutto il territorio dell’Ue), quanto di creare un modello unico che renda interoperabili le applicazioni che hanno la stessa finalità.

Come funzionerebbe?

L’applicazione farebbe uso dei sistemi di navigazione satellitare che fanno affidamento alla costellazione Galileo, dunque con un’efficacia e una perfomance attese elevatissime. I cittadini scaricherebbero l’applicazione consentendo agli altri di regolarsi rispetto ai loro movimenti. Il positivo tracciato metterebbe l’autorità pubblica nelle condizioni di eventualmente intervenire qualora lo spostamento non fosse coerente con le disposizioni, nonché l’intera comunità ad andare in un luogo o in un altro.

E la privacy?

Questo è il punto centrale. Il sistema prevede che l’applicazione venga scaricata e che i dati siano poi messi a disposizione, tutti in forma anonima e utilizzati esclusivamente per il presidio sanitario a cui l’applicazione è destinata, escludendo ogni fine che sia differente. È un elemento rigoroso e stringente della proposta.

Ma l’applicazione verrebbe scaricata volontariamente?

Per il cittadino che non registri problemi sanitari, si tratterebbe certamente di decidere liberamente se scaricarla o meno. Si tratta però di capire se lo stesso livello di libertà debba essere riconosciuto a chi, fatto il test, risulti positivo. A mio modo di vedere, il cittadino positivo deve scaricare l’applicazione. Qui, senza dubbio, si aprirà una discussione forte.

Perché?

Perché in Europa abbiamo un enorme, legittimo e sacrale rispetto della privacy. Tuttavia, ci troviamo di fronte a uno snodo importante, e cioè il suo bilanciamento con la sicurezza collettiva. Credo che, in questo caso, una piccola rinuncia della sovranità personale rappresenterebbe in realtà un guadagno per sé e per tutti. Siamo in uno spazio in cui la sovranità personale coincide con quella comunitaria. Mettere a disposizione in forma anonima e mai riconducibile alla persona le informazioni relative ai propri spostamenti va a beneficio di tutti. Chiaramente, la prospettiva dovrà essere disciplinata.

Veniamo al secondo progetto: “Migration surveillance with drones and space services”.

Ha una natura diversa. Si rivolge ai cittadini non-europei che intendano raggiungere l’Europa, dunque i migranti. Non potendo far scaricare un’applicazione, si ricorrerebbe alla costellazione Copernicus per l’osservazione della Terra, i cui dati verrebbero incrociati con l’utilizzo di droni per monitorare la temperatura corporea. Ciò consentirebbe di segnalare alle autorità competenti la necessità o meno di intervenire con determinate cautele su un determinato flusso. Sarebbe interessante poi applicare la medesima tecnologia anche ai luoghi di partenza, e dunque sulle coste africane. Qui però il tema è più complesso, da valutare in accordo con i Paesi di provenienza. Credo comunque che sarebbe uno strumento utile nel medio-lungo termine.

Parliamo proprio di tempi e di finanziamenti.

Per il primo progetto abbiamo chiesto un finanziamento di 1,5 milioni di euro. Per il secondo, 2,5 milioni. Entrambi entrerebbero come emendamento al budget annuale 2021 dell’Unione europea al capitolo Space. La richiesta è stata condivisa con le agenzie europee che si occupano di attività spaziali. Si tratta di stime costruite intorno al valore del progetto-pilota, teso a sostenere la prima fase di studio. Quando dimostrerà la sua efficacia, allora il finanziamento andrà rivisto, con un’implementazione a livello industriale che sarà infinitamente superiore. Per ora siamo allo studio.

A proposito di budget, i negoziati sul bilancio dell’Unione 2021-2027 sono ancora in corso, già apparsi molto complessi. C’è il rischio che le risorse per il Programma spaziali siano inferiori a quelle attese?

Il punto è stato ribaltato dall’emergenza coronavirus. Il bilancio dell’Ue verrà totalmente rivisto alla luce del Covid-19. Con una certezza: il budget complessivo non sarà ridotto, ma anzi aumentato (se non raddoppiato) rispetto alle premesse. Le esigenze si sono moltiplicate a dismisura, e l’aumento delle risorse dell’Ue è una reazione inevitabile a fronte della recessione attesa. Chiunque poteva immaginare una riduzione dovrà rivedere le proprie ipotesi di lavoro.

Anche sullo Spazio?

Certo. Non a caso abbiamo introdotto in questo momento due progetti-pilota connessi allo Spazio. L’obiettivo è verticale, sugli obiettivi specifici, e orizzontale, sulla valutazione generale della strategicità del settore per il futuro dell’Unione europea, soprattutto a fronte di questa emergenza.

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