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Un club delle democrazie per il 5G. L’idea di Londra (che sfida Pechino)

Un club di dieci democrazie — i Paesi del G7 più Australia, Corea del Sud e India — per affrontare la sfida del 5G cinese. È il piano a cui sta lavorando il Regno Unito, come rivelato dal Times. Per affrontare le nuove preoccupazioni attorno al colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei dopo le sanzioni decise dall’amministrazione statunitense che entreranno in vigore a settembre, Londra sta pensando di mettere mettere in piedi un’alleanza che possa rappresentare il terreno fertile per la crescita di fornitori alternative di 5G e altre tecnologie per evitare di dover affidarsi alla Cina e alle sue aziende. 

Londra, che come raccontato da Formiche.net sta per ripensando la sua apertura di alcuni mesi fa concessa a Huawei dopo le pressioni e le sanzioni statunitensi, ne sta parlando con Washington, racconta il quotidiano della City. Che cita una fonte governativa: “Abbiamo bisogno di nuovi concorrenti sul mercato. Questo è stato il motivo per cui alla fine abbiamo dovuto andare d’accordo con Huawei in quel momento”. L’opzione già accreditata vede il club investire direttamente nelle società con sede nelle dieci democrazie. Nokia ed Ericsson, nota il Times, sono gli unici fornitori europei di infrastrutture 5G ma non ancora in grado di offrire apparecchiature in tempi rapidi e a costi bassi come può fare invece Huawei (che anche per il Regno Unito è un fornitore “ad alto rischio”). 

Delle dieci democrazie che sarebbero coinvolte, quattro (Stati Uniti, Regno Unito, Australia e Canada) fanno parte dell’alleanza d’intelligence Five Eyes (rimane fuori — com’è accaduto anche nel caso della dichiarazione congiunta su Hong Kong — la Nuova Zelanda guidata dalla laburista Jacinda Ardern). Francia, Giappone e Corea del Sud si sono avvicinate prepotentemente al partenariato a inizio di quest’anno. L’Italia conserva buoni legami con quell’orbita a cui si sta affacciando sempre più anche l’India. Più ballerina è la posizione della Germania, che tende con la cancelliera Angela Merkel a evitare di chiudere il dialogo con la Cina.

Ma non va trascurato un elemento. È di queste ore la decisione degli Stati Uniti di aderire alla commissione internazionale istituita dal G7 per definire le linee guida etiche di sviluppo dell’intelligenza artificiale. L’amministrazione del presidente Donald Trump aveva inizialmente bocciato l’adesione degli Stati Uniti all’iniziativa, ma ha rivalutato il progetto come strumento teso a impedire che sia la Cina a dettare gli indirizzi di sviluppo di tale tecnologia. Il responsabile per la tecnologia della Casa Bianca, Michael Kratsios, ieri ha spiegato che è importate stabilire “principi democratici condivisi” nello sviluppo dell’intelligenza artificiale, per impedire a Pechino di “distorcere” tale tecnologia a danno delle libertà civili. “Le compagnie tecnologiche cinese stanno tentando di definire gli standard internazionali per il riconoscimento facciale e la sorveglianza presso le Nazioni Unite”, ha avvertito Kratsios.


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