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Atlantix. La possibilità di un’isola felice

Dopo la grande crisi del 2008, si prospetta una seconda grave crisi globale. L’emergenza scatenata dalla pandemia da Sars-CoV-2 ha modificato di colpo molte abitudini e il sistema produttivo e commerciale italiano ha dovuto improvvisamente rivedere il proprio modello di business. La paura dell’ignoto confonde e paralizza, oggi più che mai occorrono persone capaci di coraggio, visionarietà e lucidità. La digitalizzazione sarà fondamentale e i social aiuteranno a riscoprire il valore comunitario. L’esperienza di Alessandro Cadoni, CEO e founder di Atlantix, la città digitale “ideale”.

In principio era Facemash. Quando in una notte di ottobre del 2003 uno sconosciuto Mark Zuckerberg si siede davanti al computer con l’intento di vendicarsi di un appuntamento infelice, forse non sa ancora che mentre sta guardando l’annuario universitario di Harvard per trovare un’idea, sta dando il via a qualcosa che avrebbe cambiato per sempre il nostro modo di relazionarci, non solo online.

Nelle sue prime 4 ore di attività, Facemash richiama ben 450 visitatori e 22.000 click sulle foto. Il sovraccarico di dati manda in crash i server dell’università e l’esperimento di Zuckerberg viene rapidamente chiuso dai vertici di Harvard.

Zuckerberg creò il mi piace in cielo e in terra. Il successo ottenuto fa scattare un’intuizione a questo studente di psicologia con la passione per l’informatica: ovvero creare un sito dove offrire uno strumento agli studenti di Harvard per socializzare. Zuckerberg registra il dominio thefacebook.com nel gennaio del 2004, mutuando Facebook dal nome dell’annuario con nomi e fotografie diffuso in molte università americane.

Oggi Facebook è un palcoscenico sociale virtuale con oltre due miliardi di iscritti. In Italia è esploso nel 2008, tanto che nel mese di agosto si arriva a più di 1 milione e 300 mila visite, con un aumento del 961% rispetto allo stesso mese del 2007.

Gli ultimi anni hanno sollevato non pochi problemi e criticità a questo modello di socializzazione virtuale, soprattutto sul fronte della privacy e della sicurezza dei dati personali. Da Cambridge Analytica in avanti è stato palese quanto i nostri dati fossero in mani poco sicure e quanto il nostro tempo speso sui social fosse tempo prezioso per chi, poi, monetizzava i nostri dati e le nostre interazioni.

Da quel lontano 2004 i social si sono evoluti con una velocità straordinaria, non solo Facebook, e con essi si è evoluto anche il nostro modo di usarli, percepirli e sfruttarli. Ciò che era nato in origine come un “semplice” network di persone che condividevano online interessi comuni, immagini e contenuti, ben presto è diventato un passaggio quasi obbligato per ogni tipo di e interazioni e business, tanto che è quasi riduttivo definirlo solamente un social network. Ormai i social media sono parte integrante della nostra quotidianità e hanno modificato radicalmente il nostro modo di relazionarci. Hanno raggiunto una tale diffusione che quasi tutte le piccole e medie aziende per sopravvivere utilizzano le piattaforme per la vendita diretta di prodotti.

La recente emergenza sanitaria ha ulteriormente spinto in questo imbuto (o, meglio, limbo) digitale tutte le attività che hanno necessità di essere viste e di raggiungere le persone, ovunque esse siano. Oggi la comunicazione, non solo personale ma anche lavorativa, passa necessariamente dai vari social network, quindi è diventato indispensabile per la propria “sopravvivenza” saper usare in modo corretto e professionale questi strumenti.

Purtroppo i social network, nati con lo scopo di connettere le persone, sono diventati le più grandi agenzie di pubblicità online (oltre 75% del mercato è diviso tra due grandi player: Google e Facebook) incrementando vertiginosamente i ricavi senza ridistribuire nulla tra gli utenti che vengono, anzi, disturbati da continui spam pubblicitari. Gli investimenti in comunicazione on-line sono destinati alla costruzione di community. È necessario sapere, però, che questo è solo l’inizio della storia. Una volta costruita la community, se si vuole che i propri aggiornamenti vengano visti da qualcuno, si devono sborsare altri soldi perché, altrimenti, è come comunicare con un muro di gomma. Insomma, se non paghi sei praticamente invisibile!

Senza una partecipazione attiva delle persone tramite i commenti, i “mi piace”, le condivisioni, senza il loro coinvolgimento diretto, senza la forza del passaparola mediatico, non c’è attenzione (o quel briciolo di attenzione di cui siamo ancora capaci, letteralmente bombardati ogni giorno da input di ogni tipo). E senza attenzione non c’è conversione. Non solo, senza una community sottostante non c’è nemmeno la social proof. Le persone si fidano e si affidano al sapere e ai pareri della community. In Amazon questo meccanismo psicologico e sociale di “imitazione” è particolarmente evidente: i prodotti con poche recensioni o con valutazioni negative non vengono quasi mai acquistati, mentre chi riceve molti feedback balza in alto, beneficiando di una sorta di persuasione sociale che genera più vendite.

Sempre più spesso si ha però la soffocante sensazione di rimanere incastrati in meccanismi social che stanno diventando più un fastidio per le persone e una via senza uscita per le piccole aziende, che investono soldi inutilmente. Questo modello sta mostrando, ora più che mai, tutti i suoi limiti.

ATLANTIX. Un social e-commerce che valorizza le community

Italo Calvino scriveva che “D’una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.” Ciclicamente nelle diverse fasi della storia, l’uomo ha cercato di creare la città ideale. Ma cosa rende ideale una città? È questa la domanda da cui è partito Alessandro Cadoni, CEO e founder di Atlantix, una piattaforma innovativa tutta italiana, che verrà ufficialmente lanciata il 1º giugno, in grado di unire la condivisione ad alto tasso emotivo di un social network con le potenzialità di un e-commerce.

“Nell’esperienza di Friendz, di cui sono co-fondatore, avevamo capito quanto fosse importante la valorizzazione della community, che rimane centrale in Atlantix. In questo ultimo anno ho lavorato per sviluppare un progetto che amplificasse ulteriormente il valore e la centralità delle persone. Ci siamo accorti dell’assenza di una piattaforma in grado di aggregare al suo interno la potenza comunicativa di un social network, l’efficacia di un e-commerce gestito da team specializzati e il supporto di una community. Atlantix nasce da questa intuizione”, ci spiega Alessandro Cadoni, “non parliamo della solita piattaforma tecnologica ma di un microcosmo digitale, un luogo per coinvolgere e valorizzare le persone che condividono gli stessi valori.”

Atlantix funziona in maniera differente dai soliti social network ed e-commerce grazie all’esperienza multichannel che riunisce tutto in un unico spazio digitale ma soprattutto all’importanza che la community ha nel buon funzionamento di questa città virtuale.

Come chiarisce più nel dettaglio Alessandro Cadoni, “immaginate la piattaforma di Atlantix come una città digitale formata essenzialmente da tre sezioni: Negozi, Attività, Community. Nei “negozi” troviamo le varie pagine social di Atlantix, che sono una evoluzione rispetto alle pagine social tradizionali perché racchiudono sia i contenuti che le vendite dei prodotti tramite e-commerce. Nella sezione “attività” c’è la news feed degli utenti, dove le persone ricevono i messaggi dalle pagine e vengono a conoscenza delle varie iniziative. Le “attività” sono delle landing page interattive che prevedono un numero massimo di partecipanti, una percentuale di avanzamento, la possibilità di avere crediti come reward per la propria attività e di essere collegate ad azioni interattive da parte della community. Le attività sono un modo per pagine, aziende e community di farsi conoscere in tutta la community o attraverso liste di target specifici, come per esempio i propri follower iscritti.”

[youtube]https://www.youtube.com/watch?v=5BsTxfDV7Po[/youtube]

Atlantix è una città digitale “ideale” i cui cittadini sono i membri della community che cooperano per sviluppare le varie attività, grazie alla vendita di beni e servizi nei vari negozi e pagine business. Atlantix è in grado “realmente” di rispettare e valorizzare le persone e le realtà produttive perché non segue i ritmi vorticosi e le trame complesse dei social network e degli algoritmi che governano la Rete

“La sezione “community” rappresenta il cuore pulsante di Atlantix. È il luogo in cui ci sono le persone, la nostra comunità virtuale. Qui abbiamo la presenza di tutti gli utenti, iscritti singolarmente o in squadre collegate a pagine ed iniziative. All’interno di ogni profilo è presente il proprio conto in crediti che può essere ricaricato, utilizzato per fare spese oppure per inviare crediti ad altri utenti o accumulare bonus derivanti dai vari ruoli e comportamenti all’interno della community. È possibile creare un team invitando membri all’interno della propria squadra o utilizzando il forum interno. I team vengono coordinati attraverso l’assegnazione di ruoli e possono essere collegati alle attività di pagine e iniziative. Insomma, abbiamo pensato veramente a tutto. Compresa la felicità di chi entrerà in Atlantix.”

[*immagine di copertina: Walter Valentini, La città ideale]



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