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L’attacco dei token. Cosa sono e come possiamo utilizzarli

Di Rosa Giovanna Barresi

La nuova versione di Libra, la stablecoin sponsorizzata da Facebook, ha fatto scuola: una nuova generazione di strumenti monetari si affaccia sul mercato. I token non possono essere considerati moneta, e non sono ancora convenienti dal punto di vista economico, ma potremmo già utilizzarli per la spesa di domani. Cosa stanno facendo le autorità di controllo e le banche centrali per regolare questo nuovo fenomeno?

L’ERA DELLA TOKENIZZAZIONE 

Alla fine degli anni Novanta, si iniziarono a diffondere i primi progetti di dematerializzazione. Nel 1998, con l’entrata in vigore del D.Lgs. 213/98 (disposizioni sull’introduzione dell’euro in Italia) venne introdotta la dematerializzazione dei titoli di stato. Prima di quella data era ancora possibile prenotare Buoni del Tesoro et similia presso una filiale della Banca d’Italia e ricevere i titoli in formato cartaceo.

Invece adesso i certificati cartacei non esistono più e tutto il ciclo di vita dei titoli di stato (emissione, contrattazione, sorteggio, pagamento) viene svolto su di una rappresentazione digitale, cioè su una registrazione all’interno di un elaboratore della Banca d’Italia. Oggi, se vogliamo acquistare titoli del debito pubblico dobbiamo rivolgerci ad un intermediario autorizzato e pagargli poche decine di euro per il servizio di custodia titoli.

Lo sviluppo delle tecnologie blockchain e dei registri contabili distribuiti (DLT, digital ledger technology) hanno eliminato la necessità di una registrazione centralizzata dei dati. Su queste piattaforme, tutti i nodi della rete hanno una copia delle registrazioni: in questo caso si parla di finanza decentralizzata (Decentralized Finance, DeFi) e, più in generale, di tokenizzazione. Un token è la rappresentazione digitale di un oggetto che può essere comperata e venduta in un ambiente decentralizzato senza dover spostare fisicamente l’oggetto stesso.

In linea di principio, qualsiasi oggetto può essere rappresentato mediante token, purché  si abbia fiducia nel depositario e per questo motivo, nel caso di una valuta nazionale, il ruolo di depositario viene attribuito alla banca centrale. A differenza di una stablecoin di prima generazione, la versione tokenized di una valuta nazionale è garantita da un deposito presso la banca centrale che la emette, di pari importo al valore dell’emissione.

Gran parte dell’evoluzione della finanza decentralizzata è stata spesa alla ricerca della moneta perfetta: uno strumento negoziabile sulla blockchain e di bassa volatilità.

I primi asset digitali emessi sulle blockchain non avevano valore fisso e sono tutt’ora soggetti a forti movimenti speculativi. Le stablecoin di prima generazione cercavano di mantenere una parità con una valuta nazionale, attraverso depositi di garanzia presso una banca commerciale o da quote di fondi monetari.

Uno dei primi esempi è stata Jpm Coin, una stablecoin ancorata al dollaro Usa e garantita dalla liquidità del gruppo JPMorgan, depositata presso la banca del gruppo. Attualmente Jpm Coin viene utilizzata per i pagamenti sulla Interbank Information Network (Iin), una rete di pagamenti a cui partecipano più di 300 istituti di credito.

Inizialmente, le banche centrali (che pure avevano valutato iniziative analoghe) avevano considerato queste iniziative con benevolo scetticismo. Poi, quasi un anno fa, Facebook ispirò la formazione di un consorzio per l’emissione di una stablecoin chiamata Libra e tutto cambiò.

Una volta compreso come queste global stablecoin fossero un vero e proprio attacco alla struttura dell’economia mondiale, le banche centrali hanno cercato riparo. In particolare, hanno ricevuto nuovo impulso tutti gli studi per emettere valuta nazionale in forma digitale, le cosiddette Cbdc (Central Bank Digital Currency).

Purtroppo, il percorso per l’emissione di questi strumenti è irto di problemi che vanno dalla macroeconomia (rischio sistemico durante una crisi economica) alla protezione dei diritti personali (anonimità vs. antiriciclaggio e lotta al terrorismo). Alcuni regimi ad economia centralizzata, come la Repubblica Popolare Cinese, stanno già sperimentando una CBDC, ma sembra poco probabile che un’economia occidentale riesca ad emetterne una in tempi brevi. Questo è vero soprattutto per le cosiddette CBDC retail, ovvero monete elettroniche utilizzabili dalle famiglie per pagare le spese di ogni giorno. Maggiore successo hanno avuto le sperimentazioni delle settling Cbdc, che sono riservate ad applicazioni specialistiche come i pagamenti interbancari.

La tendenza delle economie più evolute ad un uso sempre minore del contante ed il fattore psicologico del Covid-19, che ha reso preferibili i pagamenti contactless, hanno creato nuove aspettative tra i consumatori. La nuova generazione di stablecoin come token di valuta nazionale è la risposta dell’industria finanziaria all’esigenza di strumenti monetari disponibili da subito e maggiormente affidabili rispetto alle stablecoin tradizionali. Con qualche comprensibile difficoltà, le banche centrali stanno collaborando con i Fornitori di Servizi di Pagamento (Payment Service Provider, PSP) all’apertura ed alla gestione dei conti correnti di garanzia delle tokenized stablecoin. Ad esempio, ai sensi dell’art. 17 del suo Statuto, la Banca Centrale Europea e le banche nazionali dell Eurozona possono aprire conti correnti per istituzioni creditizie, enti pubblici ed altri soggetti, accettando in garanzia titoli azionari (anche in forma dematerializzata).

ALLE RADICI DEI TITOLI DI CREDITO: MONETA E SECURITY 

La moneta è un’invenzione utile sia per chi la emette che per chi la utilizza. Purtroppo, pochi sanno come si emette moneta e da che cosa sia garantita.

In un mondo senza incertezze, è facile assumere che le stablecoin siano una forma di moneta, ma lo sono veramente?

Nelle legislazioni attuali molti concetti non sono definiti, ed è stato necessario integrarle con criteri interpretativi per stabilire l’applicabilità di molte disposizioni.

Un esempio classico è il cosiddetto “criterio di Howey” (Howey test) utilizzato nella giurisprudenza U.S.A. per verificare se una transazione sia o meno un contratto di investimento (security) ai sensi del Securities Act del 1933 (15 U.S.C. § 77b).

Secondo la Suprema Corte nel caso Securities and Exchange Commission v. W. J. Howey Co., 328 U.S. 293 (1946), siamo in presenza di una security quando il valore della transazione per un soggetto dipenda esclusivamente dalle attività di altri partecipanti.

Traducendo letteralmente la formula, un prodotto finanziario è una security quando “chi investe il suo denaro in un’impresa comune abbia ragione di attendersi dei profitti solo in grazia delle attività del promotore o di terze parti”.

In applicazione del principio di tutela del risparmio, il ciclo di vita delle security nelle economie evolute è controllato da normative specifiche, che dovrebbero impedire l’accesso da parte di investitori sprovveduti e garantire la correttezza dei mercati.

Per questo motivo, chi emette stablecoin cerca di garantirsi che il suo prodotto non venga classificato security a causa degli ostacoli che si creerebbero alla sua libera circolazione.

Ai sensi del “criterio di Howey” una stablecoin garantita da quote di un fondo monetario è una security, in quanto tali quote potrebbero produrre redditi (o passivi) per l’emittente, senza che questi svolga alcuna attività. Per evitare che Libra fosse dichiarata security, il nuovo whitepaper di Libra consente l’impiego di fondi monetari nella costituzione della riserva di garanzia, ma stabilisce che gli eventuali utili vadano sul conto delle spese di gestione.

IL PRINCIPIO DI FINALITÀ DEI PAGAMENTI IN MONETA 

Il principio di finalità dei pagamenti in moneta fornisce un criterio univoco per decidere se un prodotto finanziario sia moneta nel senso legale del termine.

L’esigenza di garantire che un pagamento in moneta sia (per quanto possibile) definitivo ed inoppugnabile, è presente sia a livello di Diritto Commerciale che di Diritto Amministrativo.

Applicando questo principio si deduce che, in base alla legge italiana, nessuna stablecoin possa essere considerata moneta.

Ad esempio, la nuova legge fallimentare italiana (art. 67 – D.L. 35/2005 convertito con modifiche da L. 80/2005) tiene conto del principio di finalità nello stabilire alcune eccezioni all’azione di revocatoria,

Brevemente, la revocatoria fallimentare consente (in applicazione del principio della par condicio creditorum) la ricostituzione del patrimonio del fallito, in modo da garantire la corretta ripartizione degli asset tra tutti i creditori.

Questo avviene rendendo inefficaci gli atti che siano stati portati a termine immediatamente prima della dichiarazione di fallimento, e soprattutto quelli effettuati con soggetti che fossero al corrente dello stato di insolvenza.

Una prima disposizione al comma 3, lett. a), sottrae all’azione revocatoria “i pagamenti di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa nei termini d’uso”.

Chiaramente, si intende tutelare la finalità dei pagamenti effettuati nello svolgimento nella normale attività di impresa, in modo da garantire la disponibilità dei fornitori alla prosecuzione del rapporto.

Il successivo comma 4 dello stesso articolo stabilisce che le procedure di revocatoria “non si applicano all’istituto di emissione, … ”. In particolare, questo tutela la finalità del processo di emissione di moneta in quanto attività creditizia dell’istituto di emissione verso le banche e gli altri intermediari finanziari.

INCERTEZZA DEI PAGAMENTI CON STABLECOIN

Appare chiaro come, ai sensi della legge fallimentare italiana, un pagamento effettuato con stablecoin (sia in forma tradizionale che in forma tokenized) non presenti carattere di finalità.

Il comma 3, lett. a) non sembra applicabile in quanto le stablecoin non possono ancora essere considerate strumento “nei termini d’uso”.

Quindi se riceviamo stablecoin in pagamento da qualcuno dovremmo preoccuparci perchè, in caso di un suo successivo fallimento, quanto abbiamo incassato potrebbe essere successivamente colpito da un’azione revocatoria.

Inoltre, il comma 4 non protegge l’emissione di stablecoin dall’azione revocatoria: nel caso di fallimento dell’emittente, chi si trovasse in possesso di stablecoin sarebbe soggetto alla par condicio creditorum.

La riserva di garanzia costituita presso la banca centrale dovrà rientrare nella massa fallimentare ed è probabile che i detentori di stablecoin finiranno col ricevere meno del loro valore nominale. Nonostante queste problematicità, le stablecoin sono diventate anche una forma di investimento alternativo.

In nazioni con inflazione a due cifre, le stablecoin associate al dollaro o all’euro rappresentano un bene-rifugio a basso costo.

SCENARI PER IL FUTURO 

È troppo presto per dire dove ci porterà l’evoluzione dei digital asset. La tendenza ad introdurre considerazioni economiche all’interno delle soluzioni tecniche si sta rivelando un approccio vincente.

Introducendo delle considerazioni economiche, diventano gestibili alcuni problemi che erano di difficile soluzione su un piano esclusivamente tecnico.

Un primo esempio è il proof-of-stake, ovvero la gestione di una blockchain mediante la costituzione di garanzie monetarie, che viene ora riconosciuta come una delle migliori politiche di governance.

Si stanno diffondendo le prime soluzioni di blockchain-as-a-service, che consentono di noleggiare un nodo blockchain delegando al gestore del servizio tutti i problemi tecnici.

Purtroppo, a fronte del progresso tecnico-economico, l’inquadramento giuridico delle attività di finanza decentralizzata risulta ancora problematico.

Da un lato, alcune nazioni europee sono in forte ritardo nell’emissione delle leggi e dei regolamenti di attuazione per le tecnologie già disponibili.

Dall’altro, l’interpretazione giuridica può risolvere alcuni problemi di applicabilità, ma non tutti. Una sperimentazione ragionata aiuterebbe il legislatore nelle sue scelte e valutazioni di opportunità.

All’interno della finanza decentralizzata sta prendendo corpo la richiesta di una moratoria triennale (sandbox), allo scopo di sviluppare soluzioni di sicuro interesse, ma poco compatibili con le legislazioni ed i regolamenti attuali.

Auguriamoci che il legislatore Europeo, in linea con la sua tradizione di tutela del progresso tecnico-economico, consenta lo sviluppo di un forte settore europeo di finanza decentralizzata.

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