Riporto qui alcune considerazioni molto sintetiche sulla proposta di ecobonus al 110% di cui si sta parlando. Dare priorità a interventi che favoriscano la sostenibilità ambientale e sociale è fondamentale, ma per farlo occorrono misure che siano sostenibili anche economicamente, altrimenti creeremo l’ennesima bolla a favore di pochi speculatori, incapace di produrre i risultati auspicati. La speranza è che il Governo sappia produrre una politica sostenibile in tutti i sensi.
Purtroppo non abbiamo a disposizione un cheat code per le risorse infinite come in alcuni videogiochi, nemmeno se potessimo contare su fondi messi a disposizione dall’Europa (che poi saremmo sempre noi), altrimenti l’idea dell’ecobonus drogato farebbe tutti contenti: banche, imprese, cittadini e società. Che cosa volere di più di una misura che consente ai cittadini di riqualificare le proprie villette senza spendere un euro (direttamente, perché poi il debito pubblico si chiama così perché rientra dalla finestra, anche col triplo vetro), alle imprese di intervenire certi di poter cedere quanto speso alle banche, e a queste ultime di garantirsi comunque un tornaconto grazie allo sforamento del 100% delle spese sostenute.
Ma non siamo in un videogioco (anche perché altrimenti basterebbe usare la cheat risorse infinite e zero impatti sull’ecosistema e vivremmo tutti felici e contenti). Così come sembra essere concepito il potenziamento dell’ecobonus, per un Paese indebitato come il nostro e ricco di persone pronte a sfruttare ogni occasione di guadagno senza pensare alle conseguenze sociali dei propri atti, rischia di farci male. La misura rischia infatti di rivelarsi insostenibile già nel breve-medio periodo e di lasciare alle spalle una bolla speculativa e altro debito pubblico. E, a prescindere dai vincoli decisi a livello comunitario e delle simpatie e antipatie per altri governi, un sistema indebitato, sia esso un Paese, un’impresa o una famiglia, è un sistema debole e fragile.
Per rimanere nell’ambito energetico, l’effetto sarà lo stesso della serie dei conti energia fotovoltaici, a prescindere dal fatto che in quel caso si trattava di oneri in tariffa e non di debito pubblico. Ricordate? Costo della componente A3 degli oneri di sistema salita in pochi anni a 13,8 miliardi annui in bolletta (di cui 6,7 miliardi di euro legati ai conti energia), con conseguente decisione di introdurre una legge spalma incentivi, che non solo toglieva quelli esistenti, ma riduceva quelli già concessi ai titolari degli impianti realizzati. Il risultato fu un blocco del fotovoltaico che è perdurato per qualche anno, con ripercussioni pesanti per la filiera nazionale.
Rafforzare temporaneamente le percentuali dell’ecobonus (e del sisma bonus) – mantenendo però la quota di investimento del cliente e consentendo a tutti di accedere alla cessione del credito/sconto in fattura – basterebbe per favorire lo sviluppo del settore e sarebbe più sostenibile economicamente. Ciò consentirebbe inoltre all’industria delle ristrutturazioni edilizie di crescere in modo sano e con orizzonti di medio lungo periodo, fornendo i tempi adeguati affinché questo avvenga.
Per il green new deal abbiamo bisogno di mettere in piedi un nuovo modo di fare business, di progettare prodotti e servizi, di ripensare a come viviamo e lavoriamo. Abbiamo bisogno anche di politiche nuove, pensate per favorire salti in avanti, più che piccoli passi, utili ma insufficienti per gli obiettivi da affrontare.
Non si potrebbero ad esempio destinare risorse alla digitalizzazione di case e imprese, per favorire lo smart working post crisi anche nel manifatturiero, spingendo le imprese a ripensare processi, prodotti e servizi in ottica di sostenibilità, remanufacturing e filiera corta?
E, soprattutto, se vogliamo fare ripartire il Paese dobbiamo decidere una volta per tutte di rimettere mano sull’assurdo sistema di leggi e regolamenti che rende difficile quando non impedisce agli uomini e alle imprese di buona volontà e buoni propositi di compiere qualunque intrapresa. Cominciamo a semplificare. Tutto. Riprendiamo in mano le leggi esistenti prima di pensare a quelle nuove, che altrimenti saranno sempre inefficaci, per quanto intelligenti in nuce. Togliamo responsabilità per danno erariale che servono più a fermare che a tutelare. Diamo risorse alla magistratura per accorciare i tempi dei processi. Facciamo sì che i contributi previsti per la crisi arrivino subito e non dopo un mese e mezzo. Liberiamo le energie degli Italiani.
Lo so che sono parole facili a dirsi e difficili da tradurre in pratica, ma se non ci proviamo nemmeno in momenti come questi quando dovremmo farlo? E se ci provassimo, sono convinto che otterremmo dei risultati a beneficio di tutti.